6.3.22

COLONIA ITALIA: EMERGENZA NUCLEARE EUROPEA!

 


 


di Gianni Lannes

Ecco, l'unica vera, autentica e concreta emergenza del belpaese, non solo per le eventuali conseguenze della guerra in Ucraina che ha cinto d'assedio le centrali nucleari. L'Italia e' l'avamposto bellico strategico degli Stati uniti d'America nel Mediterraneo. Infatti da noi, lo zio Sam ha impiantato un arsenale nucleare (bombe atomiche B61-12) disseminate tra il Nord (Aviano, Ghedi), il Centro (ordigni nucleari di varia potenza a Camp Darby nel territorio di Livorno) e il Mezzogiorno d'Italia (Sigonella), insomma dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, in palese violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) e della Costituzione repubblicana, rendendoci un obiettivo militare sensibile, grazie al consenso dei politicanti nostrani. 


 

Le contromisure tricolori? Concretamente inesistenti, a voler considerare l'obsoleto ed inconsistente “Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche” risalente al primo marzo dell'anno 2010, nonche' alla normativa di riferimento (decreto legislativo 230/1995), datata 17 marzo 1995 e relativa all'attuazione delle direttive Euratom 89/618, 90/641, 96/29 e 2006/117. Insomma roba vecchia, che peraltro non tiene conto del fattore cruciale, ovvero del nucleare bellico targato Washington piazzato nello Stivale, isole incluse. Non occorre un deliberato attacco, ma basta un incidente per provocare un catastrofe, azzerando in un attimo gli ignari e docili italiani.

Quello conservato dalla cosiddetta Protezione Civile, e' un documento di 172 pagine, comprese 19 tabelle e 9 allegati, redatto da un gruppo di esperti, istituito a suo tempo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e sotto il coordinamento della Protezione civile. L'obiettivo, si legge, è di stabilire «le misure necessarie per fronteggiare le conseguenze degli incidenti che avvengano in impianti nucleari di potenza ubicati al di fuori del territorio nazionale». In pratica spiega cosa bisogna fare in casi come quello che si è sfiorato l'altra notte, quando la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhya è andata in fiamme, rischiando la fuoriuscita di radiazioni nucleari. L'idea di prevedere un piano di emergenza nacque nel 1986, subito dopo l'incidente di Chernobyl. Nel 1996 ci fu la prima stesura. Si prevedono vari scenari, i protocolli da seguire, come devono muoversi le varie istituzioni (Stato, Regioni, Comuni, Protezione civile, Ispra, Iaea, Prefetture), il coordinamento che deve attivarsi, lo scambio di informazioni tra autorità e con la popolazione. Nel 2010 c'e' stata l'ultima revisione.

Ecco cosa recita quel testo sorpassato. Dopo aver analizzato le «sorgenti di rischio», indicato la «pianificazione e la strategia operativa», il capitolo 3 si entra nel dettaglio, con un paragrafo sulle «misure di tutela della salute pubblica». Prima di tutto si distingue tra due tipi di esposizione alle radiazioni: «in modo diretto in seguito a fall-out radioattivo» oppure «indiretto, tramite inalazione o ingestione di alimenti e bevande contaminati». Si indicano, poi, due tipi di interventi da adottare. Il primo, da realizzare «nelle prime ore», prevede due misure: dare «indicazione di riparo al chiuso» e mettere in atto «interventi di profilassi». In sostanza, si prevede che, in caso di incidente, si dovrà per prima cosa chiedere alle persone di chiudersi in casa, «con porte e finestre chiuse» e «con sistemi di ventilazione spenti». In un secondo momento si prevede «la distribuzione di iodio stabile nelle aree interessate». Lo iodio, infatti, serve per mitigare i possibili effetti delle radiazioni. Nelle pagine successive si indicano anche le quantità da somministrare in base alle età delle persone. La distribuzione di «ioduro di potassio», si legge, «viene assicurata dal Servizio Sanitario Regionale, secondo una pianificazione concordata tra la Regione interessata, il Dipartimento della Protezione Civile e il Ministero della Salute».

A proposito: l'incompetente ministro pro tempore dell'insanita', tale Speranza -  vista l'evidente impreparazione - ha previsto per caso scorte di iodio sufficienti per tutti gli italiani e previsto almeno un piano di distribuzione? Passata la prima emergenza sulla carta (si fa per dire), in una seconda fase si raccomanda di «evitare l'assunzione di acqua e alimenti contaminati» e «degli animali destinati alla produzione di alimenti». Per questo si stabilisce l'«inibizione del pascolo e/o confinamento degli animali in ambienti chiusi», «l'alimentazione degli animali con cibo ed acqua non contaminati», il «rinvio della macellazione degli animali contaminati», «il congelamento del latte e di organi contaminati» e «restrizioni alla produzione, commercializzazione e consumo di alimenti di origine animale e/o vegetale». Le persone che rischiano di essere interessate all'emergenza devono, poi, essere «informate e regolarmente aggiornate sulle misure di protezione sanitaria» da adottare. Chi, poi, è direttamente interessato dalle radiazioni deve essere informato «sui fatti relativi all'emergenza, sul comportamento da adottare e sui provvedimenti di protezione sanitaria». Per evitare che si diffondano notizie false, si suggerisce la designazione di «un responsabile unico nazionale per la diffusione dell'informazione». Infine si distinguono due fasi: quella di «preallarme» e quella di «allarme». Nella prima si deve informare la popolazione sul «tipo e l'origine dell'evento, le principali caratteristiche delle sostanze radioattive emesse, i tempi e le modalità con le quali sono diffusi». Nella seconda, quando siamo già in allarme, le persone vanno informate sul «tipo di situazione di emergenza radiologica in atto», sulla «prevedibile evoluzione dell'evento», sulle «principali caratteristiche delle sostanze radioattive emesse», sulla «zona interessata» e sulle «Autorità a cui rivolgersi» per informarsi. Non si esclude, poi, che debbano essere adottate misure per contenere i movimenti. Se ne elencano alcune: oltre a limiti nella «circolazione delle persone all'aperto», si parla di «occupazione razionale delle abitazioni (per esempio chiusura di porte e finestre, spegnimento degli impianti di aria condizionata e dei sistemi di presa d'aria esterna, spostamento in ambienti seminterrati o interrati)». E poi «eventuali restrizioni relative al consumo degli alimenti e dell'acqua, norme di igiene personale, distribuzione delle compresse di iodio stabile».

Secondo Greenpeace International, «nello scenario peggiore, in caso di bombardamento accidentale o di un attacco deliberato a Zaporizhzhia, le conseguenze potrebbero essere molto gravi, con impatti su vasta scala peggiori del disastro nucleare di Fukushima nel 2011». Sarebbe un disastro di scala europea che implicherebbe un allargamento della guerra. Domani potrebbe non esserci piu' l'Europa, a partire dall'Italia. Un pericolo che tocca anche le nostre vite e che va moltiplicato. Perché in Ucraina ci sono 4 centrali nucleari operative in cui sono installati un totale di 16 reattori: 4 a Rivne, a ovest di Kiev, 2 a Khmelnitskiy, a sudovest, 4 nel Sud Ucraina e 6 a Zaporizhzhe, ai confini meridionali della regione del Donbass. E oltre a quelle operative ci sono anche altre 4 centrali atomiche dismesse, fra cui l’impianto di Chernobyl. Da tempo, proprio l'Italia dove spadroneggiano le ecomafie istituzionali e quelle criminali - con l'avallo delle autorita' italiane - importa alimenti radioattivi dall'Ucraina, a partire dal grano. Qualche covidiota se n'e' accorto?


Riferimenti:

https://rischi.protezionecivile.gov.it/it/nucleare/attivita

https://www.isinucleare.it/it/pubblicazioni/emergenze-nucleari-radiologiche

https://lena.unipv.it/simulazione-allarme-nucleare/


Gianni Lannes, IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO, Draco edizioni, Modena, 2012.

Gianni Lannes, ITALIA USA E GETTA, Arianna editrice, Bologna, 2014.

 https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=ucraina

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=b61

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=nato

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=nucleare 

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