di Gianni Lannes
«Il
“re” stava sul seggio dorato e dettava le sue direttive...
Nonostante tanta bellezza la città si era rassegnata ad una vita
povera e senza speranza ... capitò un giorno quello che in uno slancio
d'entusiasmo venne chiamato il re, il quale puntò tutto sulla sua
passione per il calcio... Per finanziare la squadra, svuotò le casse
comunali e tolse anche i pochi soldi erogati ai poveri o destinati
alle scuole, alla sistemazione di strade, al verde ed al
funzionamento degli uffici... dopo il calcio, i fuochi ed il
divertimento, la città era tornata nuovamente triste e non aveva
neanche quel poco che gli toccava prima; gli accumuli di immondizia
che nessuno raccoglieva, appestavano le strade; quel poco di
refezione, che consentiva ai bambini poveri di mangiare a scuola, non
c'era più; le fogne esplodevano ed allagavano le strade; le tasse
aumentavano, il mercato del pesce venne chiuso per mancanza di
acquirenti; il piccolo ospedale non aveva le siringhe e neanche le
garze per curare gli ammalati; la villa comunale, quel poco di villa
che avevano, era diventata un letamaio; l'acqua del mare aveva perso
il suo colore e puzzava peggio di una cloaca».
Si
apre così il capitolo centrale e più corposo dell'avvincente
romanzo Il collezionista infelice (Santelli, Cosenza, 2019,
pagine 317) di Italo Magno, prolifico scrittore dauno di
cristallina maestria, nato a Manfredonia in riva all'Adriatico. Autore pugliese, ma editore calabrese. È evidente che in terra levantina nessuno ha avuto il coraggio civile di pubblicare l'opera. Di che narra? È un ibrido
interessante, a metà strada tra un denso racconto d'altri tempi ricco di atmosfere sociali (echi dei Ragazzi della via Pal e della La guerra dei bottoni), sotteso da
un rigore morale e un saggio dalla limpidità visiva che mira alla mafia dei politicanti dai colletti bianchi. Una lucida metafora sul sottosviluppo imposto al Mezzogiorno tricolore, al cui interno campeggia la parabola
politica discendente di Alcibio, un ras che spadroneggia
indisturbato per anni a Cepia. Quesito cruciale: nel belpaese per caso i rifiuti si riciclano soltanto in politica? Chi ha inspirato l'autore? Il
riferimento è alle infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione. Un fatto è certo: la dinamica
degli eventi raccontata, è un archetipo tragicomico della mala
amministrazione nel Sud Italia. Ibrido è anche lo slancio temporale
verso il passato che si fa conoscenza, cronaca e storia, dunque memoria e sapere, spiegato nel
presente, ma rivolto al futuro.