di Gianni Lannes
Correva l’anno 2014 e il calendario segnava il 19
marzo, quando Sesa Amici, sottosegretario di Stato alla Presidenza del
Consiglio dei ministri, nella seduta parlamentare numero 194, proclamava testualmente:
«Io credo che, alla luce non solo dell'iniziativa di
ieri, ma anche di una richiesta che proviene unanime da parte di tutti i
gruppi, sia arrivato il momento, dopo vent'anni trascorsi, che sono anche un
tempo sufficiente per mantenere i livelli della sicurezza dello Stato nazionale
– e su questo il Governo sarà fortemente impegnato –, di aprire e togliere la
secretazione sul caso di Ilaria Alpi. Credo, infatti, che lo si debba, non solo
alla memoria di una vittima nazionale, una collega di molti inviati speciali,
ma soprattutto all'idea di una giustizia, che non è la giustizia che si
restituisce ad una memoria e alla sua famiglia, ma è la giustizia di uno Stato
di diritto che deve tutelare i propri cittadini, anche di fronte alle
situazioni drammatiche che l'hanno coinvolta. Per questo, il Governo ha
ritenuto di dover intervenire in questa fase, assicurando l'impegno di avviare
tutte le procedure all'interno di questa questione. Io credo che, come per
tante questioni che ancora rimangono ignote in questo Paese, abbiamo la necessità
e il dovere, morale e politico, proprio di corrispondere ad un'idea di
giustizia che sia la giustizia per tutti».
Bene, brava, bis. Anche il sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio con delega ai servizi, tale Marco Minniti aveva
ribadito ufficialmente il 22 aprile 2014: «Entro maggio saranno desecretati i
documenti anche sul caso di Ilaria Alpi». Parole, parole, soltanto parole, anzi prese per i fondelli. Dopo un anno, alla prova
dei fatti, questi annunci plateali risultano una mera dichiarazione al vento, ovvero un inganno.