Il verbo di Nichi:
«Io penso che abbandonare l’acciaio sarebbe una sconfitta, bisogna mettere in
equilibrio il lavoro e la salute. Nelle carte dei magistrati c’è il percorso.
L’ambientalizzazione della fabbrica può essere fatta solo a impianti accesi».
Comunque, «L’Ilva rispettava i limiti e si è adeguata alla legge
regionale sulla diossina». Ma quando mai: gli ultimi tre rilevamenti
dell’Arpa Puglia hanno certificato uno sforamento abnorme. Allora rinfreschiamo
la memoria al governatore di Terlizzi. Ecco quanto asseriva Vendola nel
dicembre 2011: «Ho i dati degli ultimi rilevamenti dell’Arpa sulle emissioni di
diossina e furani a Taranto: siamo a quota 0,2 nano-grammi per metro quadrato.
Vorrei ricordare a tutti che nel 2005 l’Ilva sputava in atmosfera fino a 10
nano-grammi di veleni. Questo dato è straordinario, è una delle migliori buone
pratiche che ci siano state a livello europeo». Non era la prima volta che il
guru della sinistra blaterava degli straordinari progressi del siderurgico.
Basta rileggere la rivista IL PONTE (edita dai Riva). Ecco cosa diceva Vendola
in un’intervista (spot) del novembre 2010, in atteggiamento da testimonial (di
cui avevamo già scritto l’anno scorso, saccheggiata a piene mani dal Fatto
Quotidiano della premiata ditta Travaglio & Scopiazza): «Gli
investimenti dal punto di vista ambientale sono stati notevoli, sebbene rimanga
ancora molto da fare. In moltissimi settori sono state applicate le migliori
tecnologie disponibili, come previsto dalla legislazione europea, e a breve il
cronoprogramma per l’ambientalizzazione completa dell’Ilva sarà attuato al
100%». Vendola addirittura, ha fornito al periodico dei Riva una
dichiarazione allucinante contro la consultazione popolare promossa dai
movimenti tarantini per la chiusura dello stabilimento: «Chiesi ad Emilio
Riva, nel mio primo incontro con lui, se fosse credente, perché al centro della
nostra conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita. Credo che dalla
durezza di quei primi incontri sia nata la stima reciproca che c’è oggi. La
stessa che mi ha fatto scendere in campo contro il referendum per la chiusura
del ‘polmone produttivo’ della Puglia».
Il 19 dicembre 2008
la Regione Puglia - incalzata da una determinante spinta popolare - ha
promulgato la legge numero 44: “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e
del territorio: limiti all’emissione in atmosfera di policlorodibenzodiossine e
policlorodibenzofurani.” La normativa entra in vigore il 23 dicembre 2008 e
prevede “un campionamento in continuo”. Il governatore Vendola, presenta
il provvedimento come un grandioso risultato a tutela dell’ambiente e della
salute. Poco tempo dopo, però, il 30 marzo 2009, la Regione Puglia innesta la
retromarcia e approva la legge numero 8 che modifica il comma 1 dell’articolo 3
della legge 44. Di fatto si passa dal “campionamento in continuo” al più
conveniente - per l’Ilva, ovviamente -“valore medio su base annuale” da
calcolare “con almeno tre campagne all’anno”. Nonostante l’aiutino a Riva,
viene registrato ufficialmente uno sforamento. In ogni caso non viene
monitorato il mercurio vomitato in atmosfera e scaricato in mare. Tantomeno la
radioattività che fuoriesce dal camino E 312 e dagli 8 parchi minerari a
ridosso del quartiere Tamburi. Anche l’Aia (Autorizzazione integrata
ambientale) che consente il raddoppio della produzione, non prevede controlli
in continuo, né la copertura dei parchi minerari da cui si sollevano le nubi di
polveri che oscurano Taranto. L’anno scorso l’assessore all’Ambiente Lorenzo
Nicastro (magistrato in aspettativa) dell’Idv ha dichiarato
entusiasta: «Siamo riusciti a tenere insieme le ragioni dell’ecologia con
quelle dell’economia e del diritto alla salute con il diritto al lavoro. Un
passaggio storico». Nonostante processi e condanne il genocidio
continua più di prima. C’è un rapporto dell’Azienda sanitaria locale Taranto 4
che reca la data dell’8 aprile 1995. Il fascicolo contiene una ricerca
dell’oncologo Mariano Bizzarri, consegnata anche alla magistratura. In quel
documento si sosteneva con dovizia di prove che «il massimo contributo
all’inquinamento proviene dalle emissioni industriali».