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Italia in balia della NATO - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
di Gianni Lannes
Ancora e sempre impunità United States of America nel belpaese privo di sovranità. Purtroppo, non c'è soltanto la strage del Francesco Padre (4 novembre 1994) o l'inabissamento con mare placido del peschereccio Orca Marina l'8 marzo 1998, al largo del Gargano, e conseguente morte del giovane Cosimo Troiano (26 anni).
Allora, va in onda un altro caso di "Nato, colpito e affondato". Infatti, correva l’anno 2006, il 26 ottobre per l’esattezza,
quando il peschereccio Rita Evelin di San Benedetto del Tronto, colò a picco improvvisamente
con mare calma piatta e neanche un alito di vento. Risultato tre vittime.
Proprio quanto accadde la notte fra il 4 e il 5 aprile 1982 al motopeschereccio
Angelo Padre di Giulianova, tragico evento in cui persero la vita Nicola Gualà,
Giuseppe Gualà e Gabriele Marchetti. I corpi di questi lavoratori del mare -
nonostante fossero stati individuati nella barca - non sono mai stati
ripescati.
Ecco la cronaca finale dell’unico esito processuale,
ad Ascoli Piceno, il 19 dicembre 2012:
«E’ stato assolto per non aver commesso il fatto, il
sambenedettese Nicola Guidi, comandante e armatore del peschereccio Rita
Evelyn. Doveva rispondere dell’accusa del naufragio della sua imbarcazione e
della morte dei marittimi Francesco Annibali di San Benedetto del Tronto, Luigi
Luchetti di Martinsicuro, e del tunisino Ounis Gasmi, che abitava con la
famiglia ad Offida. Il Rita Evelyn colò a picco nella notte del 26 ottobre
2006, per motivi ancora ignoti, a circa 20 miglia dalla costa, nel tratto di
mare, calmo, tra Grottammare e Pedaso e i tre sfortunati uomini furono
ripescati solo parecchi giorni dopo il naufragio, dopo essere finiti ad 80
metri di profondità, insieme al relitto. Unico superstite fu il comandante
Nicola Guidi, che quando fu ripescato in mare indossava il giubbotto di salvataggio,
così come, al momento del recupero dei corpi, Luchetti e Gasmi, mentre il
giubbotto di Francesco Annibali fu rinvenuto nelle vicinanze. La sentenza è
stata emessa martedì pomeriggio, dopo trenta minuti di camera di consiglio, dal
giudice Giuliana Filippello, al Tribunale di San Benedetto del Tronto, in
accoglimento della richiesta dei difensori dell’uomo, gli avvocati Francesco
Voltattorni del Foro di Ascoli Piceno e Cristina Caruso del Foro di Milano
motivata dall’assoluta mancanza di una causa per il naufragio e per il
comportamento più che responsabile del loro assistito, che si attivò, purtroppo
senza riuscirci, per portare in salvo il suo equipaggio, dopo aver ordinato a
Francesco Annibali di “sgranare” l’elica, nel vano tentativo di riequilibrare
l’imbarcazione. Il sostituto procuratore
di Ascoli Piceno, dottoressa Cinzia Piccioni aveva chiesto la condanna a 3 anni
e 6 mesi di reclusione, ritenendo responsabile Nicola Guidi per ciò che accadde
quella notte, per non essere stato al comando del Rita Evelyn nel momento della
pesca, lasciando al timone Francesco Annibali…». Dopo l’ennesima ricostruzione dei momenti che
seguirono il primo sbandamento dell’imbarcazione e la conferma di Guidi che fu
proprio lui a distribuire giubbetti di salvataggio e fischietti e ad invitare
l’equipaggio a seguirlo, giunge il
commento lapidario del giudice Filippello: «La legge non richiede eroismo, ma
il faccio strada equivale all’abbandonare per primi la nave». Il capitano
risponde: «Più che distribuire l’equipaggiamento di salvataggio e indicare le
modalità per l’uscita dal mezzo cosa dovevo fare?».
Il
comandante Nicola Guidi ha detto al processo: «Non so cosa è successo». Un
dettaglio significativo: le immagini della barca sott’acqua - in possesso della
Direzione Marittima di Ancona - evidenziano però che almeno due delle vittime
non indossavano il giubbotto di salvataggio.