di Sabino Acquaviva*
Questo libro è diverso. Infatti, di cosa si tratta? Di una
denuncia? Del racconto di uno scempio con nomi e cognomi dei responsabili?
Dell’attenta analisi della storia di un monumento? Di uno strumento che
consenta di capire come l’ignoranza, l’indifferenza, gli interessi possano
condurre alla distruzione di una realtà che fa parte del patrimonio
dell’umanità? Di una implacabile critica di una maniera di fare politica? Di
una testimonianza, come osserva Gianni Lannes, «dell’inflessibile volere del
partito trasversale degli affari legati al mattone che distrugge con ferocia
disinvoltura e cinico metodo ogni testimonianza dell’antichità?». Di tutto
questo ed altro si tratta. Il presente è uno dei pochi libri scritti con il
coraggio e l’onestà di chi vuole denunciare un delitto corale. Sì, perché
questo non è il racconto della distruzione di un monumento ad opera di un
singolo individuo. Allo scempio hanno partecipato istituzioni, individui, singoli,
imprese di ogni tipo, persino molti di quanti sarebbero destinati a tutelarlo.
Si capisce chiaramente che quanto è accaduto (e accade) è l’espressione di una
cultura che ha devastato l’Italia e che, anche se parzialmente in declino,
continua ad essere pericolosa e va tenuta sotto controllo. La devastazione
subita dal Gargano nei decenni che stanno alle nostre spalle ci deve insegnare
a vigilare. E vigilare significa anche condividere le battaglie dell’autore di
questo libro, descrivere lo scempio, la sua storia, elevare la colonna infame
che consenta di ricordare per sempre i barbari che hanno distrutto, spianato,
ricostruito, sventrato, snaturato.