Milano: 25 ottobre 2019 |
https://www.youtube.com/watch?v=PYEw3e5x5Es
https://www.facebook.com/centroGAM/videos/as%C3%AD-se-vivio-el-concierto-v%C3%ADctor-jara-sinf%C3%B3nico-suite-de-carlos-zamora-en-la-voz/433085197396649/
di Gianni Lannes
Luis
Sepulveda è andato via a 70 primavere. Aveva
lasciato il Cile dopo la presa del potere dei militari che avevano
rovesciato il governo di Salvador Allende (aveva fatto parte della
guardia personale del presidente socialista ucciso nel golpe del 1973
ed aveva passato quasi tre anni nel carcere di Pinochet). Aveva poi militato
attivamente in Greenpeace e nelle lotte per la tutela del mare e
della terra, contro l’inquinamento e la lenta soppressione
dell’ecosistema. Dopo due settimane, faccio ancora fatica a credere alla sua scomparsa.
Le sue erano anche favole, nel senso che, come spesso accade nelle fiabe, parlavano ai bambini per farsi sentire dagli adulti, con animali che ammoniscono l’uomo a capire bene cosa significhi civiltà. Il suo impatto è tutt’altro che indolore, spiegava e raccontava Sepulveda, non solo sugli animali, ma sui ghiacci, sulle acque, sull’erba, sugli abitanti della terra che hanno seguito altre strade, diverse da quelle della “civiltà”. Gli indios, ad esempio, con cui visse per un periodo, comprendendo anche i limiti del suo proprio sguardo di uomo “civile”.
Un’esistenza coraggiosa, non solo per la militanza e per la difesa degli
ultimi, ma per il coraggio di mettere in discussione antiche certezze
e combattere senza più pregiudizi ideologici per il bene primario
della vita a contatto con la natura.
Un
esempio ammirevole di coerenza estrema, dunque, di capacità di far
coincidere il racconto di sé – e degli altri – con la reale,
apparentemente banale, vita di tutti i giorni. Che è più eroica, ce
lo hanno insegnato in tanti, di quello che si possa pensare. A
patto di non lasciarsi andare allo scoraggiamento di combattere per
il bene, che esiste.