24.2.23

GRAN SASSO D’ITALIA: A PERDERE!

 

foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

  

di Gianni Lannes

Inquinamento (chimico e radioattivo), degrado ambientale, incidenti tecnologici e sconvolgimenti idrogeologici. Si tratta di un paradiso naturalistico italiano che in Abruzzo disseta circa un milione di persone. E non mancano i terremoti indotti: L’Aquila docet. Nonostante la gravissima situazione ambientale, i rischi e i pericoli, la speculazione veicolata da Roma non è stata arrestata e prosegue impunita. Insomma, colate di cemento armato e ulteriore sperpero di denaro pubblico a danno di una straordinaria montagna dell’Appennino, col solito pretesto della “valorizzazione” funzionale, però agli affari più sporchi. La prima minaccia, la più ecologicamente  incompatibile è rappresentata dalla attività sotterranee dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, voluto e preteso (a suo tempo) da Antonino Zichichi, ovvero lo scientista (dislocato per anni al Cern) assurto alle cronache con la presentazione ad Erice nel 1997 del famigerato progetto Teller (in corso di realizzazione). 



Il piano di sicurezza per i laboratori è ignoto all’opinione pubblica e alla popolazione locale, nonostante gli incidenti del 2002 e del 2016, in palese violazione delle normative sulla trasparenza. Risultato: sorgenti inquinate e persone ammalate. Questo laboratorio è sotto la tutela del ministero della difesa, ovvero della guerra sotto mentite spoglie, differentemente da tutti gli altri laboratori di ricerca italiani. E non vi è modo che un ente indipendente o civile possa accedervi per controlli, in violazione della convenzione europea di Aarhus, ratificata dalla legge italiana 108 del 2001. 

Nel 2002 me ne ero già occupato, realizzando per il settimanale D La Repubblica delle donne, un'approfondita inchiesta giornalistica.





Le due gallerie autostradali realizzate negli anni 1970-1980 per collegare la parte aquilana del Gran Sasso con la parte teramana ed i laboratori dell'Infn hanno prodotto un notevole danno ambientale, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale, rappresentato dall'abbassamento di circa 600 ml della falda del Gran Sasso al disopra delle due gallerie. Oggi dalle gallerie si emungono circa 16501/s di acqua potabili di cui circa 12001/s utilizzati dal teramano e circa 4501/s nell'Aquilano. Tra questi vanno ricompresi i circa 2001/s che vengono drenati indipendentemente dai laboratori ed utilizzati per 1001/s per raffreddamento apparecchiature e 1001/s sversati nel torrente Mavone senza nessun controllo sulla sicurezza. Il fatto che la realizzazione delle gallerie esistenti abbia interessato, negativamente ed in materia sostanziale, alcune importanti sorgenti è dimostrato dai dati forniti dallo studio dell'università dell'Aquila (allegato A3 parte A al progetto definitivo) e dalla relazione Casmez 1982, (Studio impatto ambientale Anas 1991 - relazione professor G. Remedia che, tra l'altro riconosce 'la...riduzione più o meno marcata di tutti i gruppi sorgentizi insistenti sulle due gallerie di valico a ricadenti ad Est delle stesse'). Questa situazione ha indebolito il già precario sistema sorgentizio di quota e di base. Basti ricordare che alcune sorgenti hanno perso fino al 70 per cento della loro
portata. Il 29 maggio 2003 la sala C del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso è stata posta sotto sequestro dal Corpo Forestale dello Stato, su disposizione del GIP del Tribunale di Teramo, causa carenze nei sistemi di sicurezza che lo renderebbero pericoloso per l'ambiente.

Il 17 dicembre 1992 è stata indirizzata ai ministri dell'ambiente, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e dei lavori pubblici la documentata interrogazione a risposta scritta numero 4/08962. A tutt’oggi, il predetto atto parlamentare non ha avuto alcuna risposta. Ecco l’esplosivo contenuto:

«il Gran Sasso d'Italia, dall'aprile 1969 al mese di maggio 1987, è stato interessato da lavori di scavi sotterranei per la realizzazione di un doppio traforo autostradale e di tre caverne adibite a laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare; il suddetto doppio traforo ha modificato irrimediabilmente l'equilibrio idrogeologico millenario della montagna (rapporto Casmez). L'abbassamento forzato di 600 metri di un imponente acquifero ha causato la scomparsa di molte sorgenti di media e alta quota; la legge n. 366 del 1990 ha stanziato per il quadriennio 1990-1993 ben 110 miliardi per la realizzazione del progetto del 3 traforo del Gran Sasso, redatto dall'ANAS, per collegare i laboratori INFN sotterranei con quelli esterni di Assergi; lo studio di impatto ambientale predisposto dall'ANAS è stato formulato sulla base di elementi che non sarebbero stati raccolti sul posto e quindi poco attendibile; un ulteriore dissesto idrogeologico, dopo gli scavi del doppio traforo autostradale e delle tre caverne, potrebbe svuotare definitivamente la grande falda di Campo Imperatore con gravi conseguenze per l'ecosistema naturale della montagna e per l'economia e l'approvvigionamento idrico ad oltre metà della regione Abruzzo; tre comuni del Gran Sasso d'Italia (Bussi sul Tirino, Arsita e Farindola) hanno deliberato la loro contrarietà alla realizzazione del 3 traforo in quanto le proprie sorgenti hanno subito una riduzione di portata del 40 per cento circa a seguito dei drenaggi degli scavi del doppio traforo autostradale; i geologi del comitato scientifico della Lega per l'ambiente, unitamente ai colleghi che presiedono l'Ordine nazionale dei geologi, il professor Uberto Crescenti, rettore dell'università abruzzese "G. D'Annunzio", hanno dichiarato la loro contrarietà alla costruzione del nuovo traforo per i guasti rilevanti causati alla montagna dal precedente doppio traforo; i laboratori dell'INPN utilizzano per i loro esperimenti "Icarus", "Gallex" e "Borex" sostanze altamente inquinanti oltre che pericolose, in elevati quantitativi; rilevamenti geologici hanno mostrato che le due gallerie autostradali e le tre caverne sono situate in prossimità di una faglia attiva che, pertanto, potrebbe mutare, entro i prossimi 20 anni, la sua attuale collocazione. Il movimento sismico previsto potrebbe portare alla formazione di un gradino nell'attuale piano viabile autostradale, variabile tra un minimo di 40 cm ed un massimo di 80 cm. Tutto ciò potrebbe danneggiare irrimediabilmente i laboratori facendo disperdere le sostanze tossiche nelle sottostanti acque convogliate nei due acquedotti Ruzzo (per la provincia di Teramo) e Ferriera (per la provincia de L'Aquila); la realizzazione del 3 traforo e di altre due caverne comporterebbe un inquinamento degli acquedotti del Ruzzo e della Ferriera per tutta la durata degli scavi (intorbidimento, olii delle macchine escavatrici, polvere delle mine, ecc.) compromettendo per almeno 4 anni la potabilità dell'acqua; la popolazione dei comuni di Isola del Gran Sasso e de L'Aquila non desiderano accogliere i rifiuti liquidi dei laboratori INPN perché inquinano i corsi d'acqua; la popolazione della provincia di Teramo, rifornita di acqua del Gran Sasso d'Italia, tramite l'acquedotto del Ruzzo, è fortemente preoccupata da un eventuale inquinamento derivante dagli scarichi dei laboratori INFN e da incidenti di autobotti contenenti sostanze tossiche e nocive, in quanto non è stato installato un sistema di monitoraggio, di allarme e di stoccaggio; il Gran Sasso d'Italia è diventato parco nazionale unitamente ai Monti della Laga, in base alla legge quadro sulla aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991, meritevole di protezione per il futuro delle popolazioni montanare, per la tutela integrale della natura; le misure di salvaguardia emanate dal Ministro dell'ambiente con la perimetrazione del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga, non permettono nella zona 1 (area dove è previsto il 3 traforo) nuove realizzazioni ai sensi della legge n. 431 dell'8 agosto 1985, normativa recepita dal piano paesistico regionale; fino all'approvazione del regolamento del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga, il Ministro dell'ambiente ha vietato su tutto il territorio perimetrato "l'introduzione e l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici e la modificazione del regime delle acque all'interno delle aree delimitate come zona 1 -: se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e se condividano le preoccupazioni espresse in premessa e quali siano le valutazioni in merito; se non ritengano, alla luce dei gravi rischi di alterazione dei cicli biogeochimici e di modificazione del regime delle acque della montagna carsica, avviare uno studio idrogeologico di dettaglio del massiccio del Gran Sasso indispensabile per valutare se il progetto dia sufficienti garanzie sotto il profilo ambientale, dando così attuazione alla valutazione di impatto ambientale prevista dall'articolo 6 della legge n. 349 del 1986, e che non può certo essere surrogata dal rapporto dell'ANAS; quali urgenti provvedimenti il Ministro dell'ambiente intenda prendere per la salvaguardia del Parco del Gran Sasso, nel rispetto della legge n. 394 del 1991 e della legge n. 431 del 1985; quali sostanze ed in quali quantità vengono impiegate nei laboratori dell'INFN e se il loro uso possa costituire un serio rischio, primo fra tutti quello radioattivo, per i tecnici e i ricercatori».

Nell’ultimo trentennio ben 21 governi (da Andreotti alla Meloni, passando per Ciampi, Scalfaro, Prodi e Berlusconi, inclusi Renzi, Letta e Gentiloni fino a Conte e Draghi) in relazione alla grave situazione del Gran Sasso d’Italia (patrimonio dell’umanità) non hanno mai fornito una benché minima delucidazione informativa a riscontro dei numerosi atti di sindacato ispettivo. Ad esempio, l’inevasa interrogazione a risposta scritta numero 4/18197 (datata 18 ottobre 2017), recita:

«il 10 ottobre 2017 si è tenuto un test di trasporto ai laboratori nazionali del Gran Sasso (LNGS) per l'esperimento SOX, ovvero un test di trasporto senza carico allo scopo di verificare le procedure di trasferimento e movimentazione del materiale che dovrà essere utilizzato per l'esperimento stesso che avrà inizio ad aprile 2018; secondo fonti di stampa il Movimento mobilitazione acqua Gran Sasso denuncia pubblicamente che l'esperimento comporterebbe l'uso sotto il Gran Sasso di materiale radioattivo in ambiente già a rischio di incidente rilevante e il rischio di un effetto domino in caso di incidente; tuttavia anche la regione Abruzzo sembrerebbe caldeggiare lo stop all’iter dell'esperimento. Secondo quanto riportato da «La Repubblica», infatti, il vicepresidente della giunta regionale abruzzese «Giovanni Lolli avrebbe chiesto che ricominci l’iter dei controlli che lo ha già autorizzato, con l'aggiunta di nuove certificazioni a quelle già ottenute dall'istituto Ispra del ministero dell'Ambiente»; secondo il comunicato stampa del Movimento mobilitazione acqua Gran Sasso, l'uso della sorgente radioattiva al Gran Sasso è stata autorizzata da un decreto del Ministro dello sviluppo economico su richiesta avanzata il 27 novembre 2014 dai laboratori, ma sarebbe coinvolto anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che avrebbe rilasciato l'autorizzazione all'uso della sorgente radioattiva; i laboratori nazionali del Gran Sasso (LNGS) dipendono dall'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l'ente pubblico nazionale di ricerca, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che in Italia coordina e finanzia la ricerca in fisica nucleare, subnucleare e della fisica delle particelle elementari; pur riconoscendo le ragioni della ricerca scientifica, la vicenda mette in luce la totale assenza di trasparenza e partecipazione degli enti e del territorio coinvolto, nonché la seria difficoltà nel ricostruire l’iter autorizzatorio dell'acquisizione del materiale radioattivo e dell'esperimento –: se corrisponda al vero quanto riportato dalle notizie di stampa; se il Governo intenda chiarire i termini dell'autorizzazione relativa all'istanza dell'Infn prot. n. 0003490 del 27 novembre 2014 circa l'utilizzo di sorgenti radioattive presso i laboratori nazionali del Gran Sasso; se il Governo intenda chiarire l’iter autorizzatorio e la documentazione prodotta da tutti gli enti e le istituzioni coinvolti ed in particolare dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'Infn; se siano stati valutati i rischi ambientali e per le popolazioni e, in caso affermativo, quali elementi siano emersi».

Anche l’interrogazione a risposta scritta numero 4/16168 del 5 aprile 2017, attende un riscontro governativo:

«Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che: nel 2003, a seguito dello sversamento di trimetilbenzene nel fiume Mavone avvenuto nel 2002, è stato dichiarato uno stato d'emergenza idrica. In conseguenza a ciò viene eseguito un monitoraggio continuo delle acque captate. Tale monitoraggio ha permesso di riscontrare, il 30 agosto 2016, la presenza di diclorometano in acque destinate al consumo umano con concentrazione pari a 0.335 ug/l nel punto di captazione denominato Istituto di fisica nucleare mentre nel punto denominato sbarramento destro e sinistro la stessa sostanza è risultata presente con concentrazione pari a 0.042 ug/l; questo episodio è venuto alla luce solo grazie ad un tardivo comunicato della regione Abruzzo avvenuto a dicembre del 2016; dalla puntata del programma televisivo «Le Iene» mandata in onda il 29 marzo 2017 è emerso che in sede di valutazione da parte dell'Istituto superiore di sanità «si rileva una generale non conformità della localizzazione dei locali ed installazioni dei Laboratori nazionali del Gran Sasso e delle attività condotte rispetto ai dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 152/2006» (disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano);
è da sottolineare che in seguito a quanto avvenuto nel 2002, secondo la ricostruzione della stampa, la Asl di Teramo ha chiesto un parere «all'Istituto superiore di sanità per il quale “la decisione di chiudere temporaneamente in via cautelativa l'acqua da destinare al consumo umano” proveniente dal punto di captazione più vicino ai Laboratori “era comunque condivisibile in attesa di approfondimenti”»; secondo un articolo pubblicato dal quotidiano on line Primadanoi, il perito nominato dalla procura per i fatti inerenti alla contaminazione del 2002, professor Claudio Botrè, ha emesso una relazione tecnica in cui scrive che «il rispetto della normativa in tutti i settori costituisce il presupposto minimo indispensabile per poter consentire non solo la continuazione dell'esperimento Borexino ma l'attività complessiva dei laboratori sotterranei. Rispettare la normativa non costituisce una questione semplicemente formale o burocratica ma è un fatto sostanziale per la sicurezza e salvaguardia ambientale che deve comportare opere e interventi precisi per l'adeguamento il rispetto delle prescrizioni di legge, opere e interventi che coinvolgono non solo la responsabilità dei laboratori ma anche quelli dei diversi enti pubblici e autorità competenti nei diversi settori»; il bacino idrico del Gran Sasso è uno dei più importanti d'Europa e fornisce acqua potabile alla popolazione della provincia di Teramo e de L'Aquila; è noto che l'area geografica del Gran Sasso è altamente sismica ed instabile e, dato che si sono verificati già incidenti in condizioni «normali» a causa della inadeguatezza delle strutture, non è possibile prevedere cosa potrebbe accadere in condizioni straordinarie; i laboratori dell'INFN situati sotto il Gran Sasso rappresentano una eccellenza nel campo della ricerca ma, tuttavia, è ubicata a ridosso se non all'interno di una struttura idrica importantissima; l'assoluta importanza della salute pubblica e della ricerca scientifica deve obbligare tutte le istituzioni pubbliche a rispettare le norme tecniche in materia di sicurezza dei laboratori e della captazione, delle acque, anche concorrendo tra loro per raggiungere standard di sicurezza eccellenti –: quali iniziative, nel rispetto delle rispettive competenze, si intendano avviare per ottenere e garantire standard eccellenti di sicurezza nei laboratori situati nel Gran Sasso e, nel contempo, per ottenere la certezza che le acque destinate al consumo umano siano salvaguardate e non contaminate; quali siano le iniziative avviate dal 2002 ad oggi ai fini della sicurezza dei laboratori; se dalla documentazione esistente, anche in seguito agli incidenti contaminanti, sia emerso che le attività di captazione e dei laboratori sono incompatibili».

Perfino l’interrogazione numero 4/07344 datata 11 aprile 2017 giace inevasa:

«Ai Ministri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'istruzione, dell'università e della ricerca - Premesso che il bacino idrico del Gran Sasso è uno dei più importanti d'Europa e fornisce acqua potabile alla popolazione delle province di Teramo e de L'Aquila. È noto, inoltre, che l'area geografica del Gran Sasso è altamente sismica e instabile ed è stata già teatro in passato, in condizioni normali, di gravi incidenti; considerato che, per quanto risulta agli interroganti: in riferimento ai suddetti incidenti, nel 2003, a seguito dello sversamento di trimetilbenzene nel fiume Mavone, avvenuto nel 2002, è stato dichiarato lo stato d'emergenza idrica. In conseguenza di ciò, viene eseguito un monitoraggio continuo delle acque captate, che ha permesso di riscontrare, il 30 agosto 2016, la presenza di diclorometano in acque destinate al consumo dell'uomo. Le concentrazioni rilevate sono pari a 0.335 microgrammi per litro nel punto di captazione denominato "Istituto di fisica nucleare", mentre nel punto denominato "sbarramento destro e sinistro" la stessa sostanza è risultata presente con concentrazione pari a 0.042 microgrammi per litro. Delle contaminazioni riferisce il giornale on line "Prima da Noi", con un articolo del 20 dicembre 2016. Il diclorometano, come riportato nell'articolo, è una sostanza ufficialmente classificata come nociva e probabilmente cancerogena per l'uomo, ma nonostante ciò la comunicazione sulla presenza di tali contaminanti è stata data 4 mesi dopo le rilevazioni e le comunicazioni ufficiali della Asl; durante la puntata del programma televisivo "Le Iene", andata in onda il 29 marzo 2017, è emerso che già in un documento del 19 luglio 2013 l'Istituto superiore di sanità (ISS) rilevava una generale non conformità della localizzazione delle installazioni dei laboratori nazionali del Gran Sasso e delle attività ivi condotte, rispetto ai dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in cui si prescrivono e fissano i criteri di salvaguardia delle falde acquifere e delle fonti di approvvigionamento degli acquedotti pubblici. In particolare, l'articolo 94 sancisce l'obbligatoria presenza di "una zona di tutela assoluta", rappresentata dall'area immediatamente circostante le captazioni e le derivazioni che, in caso di acqua sotterranea, deve avere un'estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione e deve essere adeguatamente protetta. In pratica, dove un acquedotto preleva l'acqua, non devono esserci attività pericolose o inquinanti come discariche, cantieri o attività scientifiche con decine di sostanze chimiche pericolose; contrariamente a quanto previsto dalla normativa, occorre precisare che, a quanto risulta agli interroganti, i laboratori situati all'interno della montagna vanno a interferire pesantemente con il bacino acquifero, dal quale l'acquedotto della Ruzzo Reti preleva e distribuisce a molti comuni del teramano, al punto che gli incidenti avvenuti all'interno degli stessi laboratori hanno generato pesanti contaminazioni ambientali, interessando anche la falda acquifera, come avvenuto nell'agosto 2016. La trasmissione de "Le Iene" ha messo in evidenza l'eccellenza dell'attività di ricerca effettuata dai laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) situati sotto il Gran Sasso, ma ha anche evidenziato come gli stessi siano ubicati a ridosso se non all'interno di una struttura idrica importantissima. Inoltre, lo stesso servizio ha anche avanzato il sospetto che molti incidenti avvenuti in questi anni sarebbero rimasti sconosciuti e che la popolazione non ne sarebbe stata informata, continuando pertanto tranquillamente a consumare l'acqua; considerato inoltre che, per quanto risulta agli interroganti: la messa in sicurezza dei laboratori costituisce un annoso problema. Nel 2005, sotto la direzione del commissario straordinario Angelo Balducci, condannato in via definitiva nel febbraio 2016 a 3 anni e 8 mesi di reclusione, per i reati di corruzione aggravata e atti contrari ai doveri d'ufficio nell'appalto relativo alla costruzione della scuola allievi marescialli e brigadieri Carabinieri di Firenze. Sulla tipologia dei lavori effettuati nel 2005 e sulla loro utilità è calata una cappa di silenzio, una serie di misteri sui quali negli anni non si è mai fatta chiarezza; le ricerche nei laboratori sotterranei del Gran Sasso sono svolte attraverso specifici esperimenti contenenti sostanze classificate "pericolose", che determinano l'assoggettabilità dei laboratori stessi alla normativa relativa alle aziende a rischio di incidente rilevante, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo n. 334 del 1999, e successive modificazioni, quali, come da documentazione visionabile nel sito della Prefettura de L'Aquila: pseudocumene (liquido), frasi di rischio: R10 - R20 - R36/37/38 - R51/53; nafta pesante idrogenata tipo EXXSOL D 40 (liquido), frasi di rischio: R10 - R65 - R66; nafta pesante idrogenata "russa" (liquido), frasi di rischio: R10 - R36/38 - R51/53 - R65- R66 - R67; considerato altresì che: il professore Claudio Botrè, perito nominato dalla Procura per i fatti inerenti alla contaminazione del 2002, scriveva nella sua relazione tecnica che "il rispetto della normativa da parte di tutti i soggetti coinvolti costituisce il presupposto minimo indispensabile per poter consentire non solo la continuazione dell'esperimento Borexino, lo studio cioè delle proprietà dei neutrini solari a bassa energia, ma anche l'attività complessiva dei laboratori sotterranei. Rispettare la normativa non costituisce una questione semplicemente formale o burocratica ma è un fatto sostanziale per la sicurezza e salvaguardia ambientale, che deve comportare opere e interventi precisi per l'adeguamento e il rispetto delle prescrizioni di legge per opere e interventi che coinvolgono non solo la responsabilità dei laboratori ma anche quelli dei diversi enti pubblici e autorità competenti nei diversi settori". Solo rispettando le norme tecniche e di captazione delle acquee, si possono raggiungere standard di sicurezza eccellenti; rispetto a tematiche di fondamentale importanza per la salute e la sicurezza dei cittadini, come quelle citate, risultano attualmente assenti organismi ad hoc, ovvero sezioni regionali dell'Osservatorio idrico nazionale, che si occupino di coordinare a livello regionale le attività svolte da tutti gli attori impegnati nel monitoraggio continuo dei corpi idrici, previsto dal decreto legislativo n. 152 del 1999, si chiede di sapere: quali iniziative di competenza i Ministri in indirizzo intendano avviare per garantire standard eccellenti di sicurezza nei laboratori situati nel Gran Sasso, nonché assicurare che le acque destinate al consumo siano salvaguardate e non contaminate; se non ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, attivare un confronto con le Regioni, affinché sia incentivata la realizzazione degli organismi regionali richiamati in premessa e sia garantito il coordinamento delle attività di monitoraggio delle acque svolte dai vari attori competenti nel settore; quali iniziative siano state avviate dal 2002 ad oggi, ai fini della messa in sicurezza dei laboratori, con particolare riferimento ai lavori effettuati dal commissario straordinario Balducci nel 2005; se risulti che dalla documentazione esistente, anche in seguito agli incidenti contaminanti, sia emerso che le attività di captazione e dei laboratori siano incompatibili».

A seguito degli episodi del 2002 e del 2016 che hanno portato alla rilevazione della presenza, nelle acque destinate al consumo umano, di sostanze estranee, seppur in quantitativi molto al di sotto dei limiti di legge, è stata evidenziata la potenziale interferenza delle infrastrutture del Traforo del Gran Sasso e dei laboratori nazionali dell'istituto di fisica nucleare (Infn) con il sistema idrico ed è stata avviata un'inchiesta condotta dalla procura di Teramo in riferito all'inquinamento delle falde acquifere del massiccio; la magistratura teramana contesta ai vertici dell'Infn di aver mantenuto in esercizio i laboratori senza aver verificato se vi fosse «un adeguato isolamento idraulico delle opere di captazione e convogliamento delle acque destinate a uso idropotabile ricadenti nella struttura rispetto alle limitrofe, potenziali fonti di contaminazione», quindi senza attuare misure per «scongiurare il rischio di contaminazione delle acque sotterranee», così come di aver omesso di adottare «misure necessarie per l'allontanamento della zona di rispetto delle sostanze pericolose detenute e utilizzate nelle attività dei laboratori»; i rappresentanti di Strada dei Parchi, secondo l'accusa, avrebbero mantenuto in esercizio le gallerie autostradali, come si legge ancora nel capo di imputazione, «senza verificare l'esistenza di un adeguato isolamento delle superfici dei tunnel autostradali e delle condutture di scarico a servizio delle gallerie rispetto alla circostante falda acquifera»; sempre secondo la procura, la società avrebbe omesso di attuare misure quali il completamento delle opere di impermeabilizzazione delle platee autostradali, necessarie a scongiurare il rischio di contaminazione della falda acquifera, quindi delle acque sotterranee. Ai vertici della Ruzzo Reti Spa, società che gestisce il servizio idrico, infine, viene contestato di non aver verificato se «vi fosse un adeguato isolamento delle opere di captazione e convogliamento delle acque sotterranee destinate a uso idropotabile» ricadenti nelle strutture dei Laboratori e nei tunnel autostradali, «rispetto alle potenziali fonti di contaminazione» e, di conseguenza, di non aver attuato misure per scongiurare il rischio di immissione in rete di acque contaminate. Alla Ruzzo Ruzzo Reti Spa viene anche contestato di non aver assicurato «il mantenimento di adeguate condizioni igieniche e di efficienza delle strutture acquedottistiche», di non aver vigilato «sulla funzionalità dei sistemi di rilevazione precoce di eventuali contaminazioni.

Nell’interrogazione a risposta orale 3/03924 del 27 luglio 2017 sottoposta ai ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della Salute, si legge:

«le acque captate dalla sorgente presente all'interno del Gran Sasso siano attualmente convogliate, sia per la Ruzzo Reti che per la Gran Sasso Acque, da condutture in cemento situate sotto la pavimentazione stradale del traforo e dei laboratori dell'INFN, precisamente a 3000-4500 metri dall'ingresso dei laboratori di fisica nucleare; la circostanza, a parere degli interroganti, pone molti interrogativi circa la corretta gestione e sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso d'Italia, anche alla luce dei numerosi episodi di contaminazione delle acque potabili verificatisi negli ultimi anni (il più recente è avvenuto tra il 31 agosto e il 1° settembre 2016) che hanno costretto le autorità competenti a sospendere più volte l'erogazione a causa delle significative concentrazioni di diclorometano nelle acque dell'acquedotto, pari a un sesto della concentrazione presente nelle acque di scarico; inoltre, a seguito della dichiarazione di stato di emergenza deliberata dal Consiglio dei ministri nel 2003, risulta agli interroganti che per la messa in sicurezza dei laboratori INFN e dell'intero sistema idrico del Gran Sasso siano stati stanziati circa 80 milioni di euro, gestiti da un commissario straordinario di nomina governativa. Tra i lavori che si sarebbero dovuti effettuare vi erano anche quelli di sostituzione delle tubature in cemento, ma nel corso degli anni non si è mai proceduto alla loro sostituzione o adeguamento; infine, a parere degli interroganti, è necessario che siano stanziate ulteriori risorse finalizzate a creare nuove infrastrutture utili a captare e convogliare in rete, con alti livelli di sicurezza, le risorse idriche del Gran Sasso, e a mettere in sicurezza i viadotti e i canali di scolo, sotto il profilo sia ambientale che strutturale, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo non intendano tempestivamente informare circa i materiali impiegati nella costruzione delle condutture, al fine di verificare che il diritto alla salute dei cittadini sia stato e sia realmente tutelato; se non ritengano opportuno specificare nel dettaglio i lavori di messa in sicurezza effettuati sull'intero sistema idrico Gran Sasso mediante l'utilizzo delle risorse indicate; se non ritengano doveroso attivarsi urgentemente affinché sia avviata un'indagine epidemiologica nell'area geografica servita dall'acquedotto della Ruzzo e dalla società Gran Sasso Acque, al fine di verificare la possibile diretta correlazione tra i fattori contaminanti rilevati nelle acque e l'aumento di neoplasie tra la popolazione residente nell'area».

Del medesimo tenore ed esisto anche l’interrogazione a risposta orale numero 3/03754 datata 23 maggio 2017:

«Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante: con una nota del 9 maggio 2017, la ASL di Teramo ha comunicato a vari enti i risultati delle indagini eseguite da ARTA (Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente) Abruzzo, con prelievi d'acqua condotti tra il 3 e il 5 maggio in vari punti a Isola del Gran Sasso, dichiarando la non potabilità dell'acqua, per odore e per sapore, e il suo utilizzo solo a fini igienici; sembra che siano state individuate nell'acqua tracce di toluene, un solvente utilizzato come sostituto del benzene, con concentrazioni variabili e con picco di 18,6 microgrammi per litro, assieme a tracce di etilbenzene (0,2 microgrammi per litro) e (p)Xilene (massimo 0,8 microgrammi per litro); la società Autostrada dei Parchi, che nello stesso periodo effettuava lavori di verniciatura in galleria, e l'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) sono stati invitati a comunicare i lavori effettuati presso i loro siti; ad una lista di 33 comuni abruzzesi è stata comunicata il 9 maggio la progressiva disalimentazione delle utenze per il mancato approvvigionamento dalle sorgenti del Gran Sasso; successivamente, con un comunicato stampa della Prefettura di Teramo del 10 maggio, è stata comunicata la revoca della disposizione del giorno precedente e la possibilità di utilizzare l'acqua per uso potabile, in quanto le analisi effettuate da ARTA su 6 campioni prelevati ne hanno dimostrato la conformità alla normativa vigente; sembra che il toluene sia stato già trovato in passato nelle acque del Gran Sasso; l'INFN ha dichiarato il non utilizzo di acqua e la società autostradale si è dichiarata estranea alla vicenda; si sarebbero verificate scene di panico e l'assalto alle scorte di acqua minerale dei supermercati; l'emergenza sembra chiusa solo formalmente, con la nota della Prefettura, ma i cittadini, sia sul lato teramano che sul lato aquilano, sono preoccupati per la propria salute e indignati per le condizioni di rischio in cui versa uno degli acquiferi più grandi d'Europa, che rappresenta una risorsa strategica per l'uso idropotabile di centinaia di migliaia di persone e per la biodiversità, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda attivare un'attività istruttoria per individuare le responsabilità, risolvere le criticità e informare la popolazione su che cosa sia realmente accaduto, garantendo la trasparenza e la chiarezza dei fatti e delle effettive concentrazioni delle sostanze nocive individuate nell'acqua delle sorgenti del Gran Sasso».

Addirittura l’interrogazione a risposta scritta numero 4/02984 del 24 settembre 2002 è un atto d’accusa inequivocabile:

«Il 16 agosto 2002 è avvenuto un incidente nei Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso che ha provocato la fuoriuscita di trimetil benzene. La sostanza si è riversata nel torrente Mavone; nessuno ha informato dell'accaduto gli enti locali e le aziende interessate e la stessa Arta (Azienda regionale tutela ambientale) è venuta a conoscenza del fatto con notevole ritardo; il WWF ha prodotto dossier e altri documenti sulla presenza di sostanze pericolose all'interno dei laboratori e al susseguirsi di fuoriuscite di olio minerale misto a trimetil benzene dal 1993 al 2000. Da questi documenti si rileva che l'1,2,4 trimetil benzene ha: attività neurotossica (sul sistema nervoso centrale) anche a bassissime dosi (100 p.p.m.) con effetti persistenti nel tempo anche dopo un'esposizione acuta (come quella derivante da questo incidente); alterazioni permanenti nel comportamento; lesioni polmonari dopo una esposizione cronica a questa sostanza; alterazioni nella composizione del sangue; depressione del ritmo respiratorio; evidenza di cancerogenicità; evidenze di danni agli apparati riproduttivi e allo sviluppo del feto; gli effetti derivanti dall'esposizione a questa sostanza sono simili a quelli denunciati dagli abitanti di Casale S. Nicola (nausea, mal di testa) e, secondo l'EPA, si verificano per esposizioni a concentrazioni di 5.000-9.000 ppm di questa sostanza. Pertanto questi cittadini potrebbero essere stati esposti ad una concentrazione acuta molto elevata rispetto alle soglie di tossicità, anche con effetti persistenti, riportate dagli studi finora pubblicati. Alcuni autori suggeriscono che i lavoratori non dovrebbero essere esposti a dosi 10 p.p.m. sui luoghi di lavoro; rispetto alla sicurezza dei laboratori sotterranei il WWF rileva che nei laboratori verranno stoccate 1.250 tonnellate di 1,2,4 trimetil benzene e se è bastato un «errore umano» e una «piccola» perdita (di 50 litri secondo l'INFN) per mettere in crisi le tanto decantate misure di sicurezza certificate dall'ISO dei laboratori, ci si chiede cosa potrebbe accadere con una perdita più grande; non è il primo incidente verificatosi nei laboratori ma solo il primo ad essere stato divulgato pubblicamente dai responsabili dei laboratori che in questi mesi hanno prima negato la presenza di sostanze pericolose per poi doverlo ammettere dopo il primo dossier, sostenendo che non potevano però esservi fuoriuscite. Dopo il secondo dossier hanno dovuto ammettere che vi erano state perdite, definite però come «trascurabili». Per tutte le ragioni sopra esposte il WWF sta preparando un terzo esposto relativo a questo incidente perché siano perseguite eventuali responsabilità a tutti i livelli, compresi gli organismi di controllo; in attesa che la Commissione d'inchiesta (richiesta dai rappresentanti del Partito della Rifondazione comunista e della Margherita in Consiglio Regionale) accerti la corrispondenza dei fatti e degli avvenimenti individuando le responsabilità ai vari livelli per garantire ai Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso di continuare la propria attività in tutta sicurezza e per garantire i cittadini abruzzesi da conseguenze pesanti derivanti dall'incidente verificatosi il 16 agosto 2002 e da possibili incidenti futuri, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga di intervenire immediatamente per: sgomberare i laboratori da tutte le sostanze che possono interagire con l'acqua, viste anche le carenze nella sicurezza dei laboratori; controllare i documenti amministrativi in possesso dell'INFN relativi alle sostanze presenti nei laboratori e alle variazioni quantitative nel tempo sia per verificare l'esatto ammontare della perdita sia per costituire un chiaro elenco con i relativi quantitativi da tenere aggiornati e da comunicare a tutte le istituzioni interessate alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente (compresi i sindaci); verificare l'eventuale uso o rilascio accidentale di altre sostanze nel corso dell'incidente».

Anche l’interrogazione a risposta scritta 4/03069 del 3 ottobre 2002 è stata dimenticata da Palazzo Chigi:

«in data 16 agosto 2002 all'interno dei laboratori dell'Istituto di fisica nucleare sotto il Gran Sasso è accaduto un incidente durante un esperimento «borexino»; in questo esperimento sono state impiegate 1250 tonnellate di pseudocumene, una sostanza chimica costituita da un liquido incolore infiammabile, irritante e potenzialmente pericoloso per i persistenti effetti sugli ambienti acquatici; la quantità di detta sostanza che dovrebbe essere collocata nei laboratori è pari a circa un 1/5 dell'intera quantità importata dagli USA in un anno; oltre lo pseudocumene nei laboratori sono presenti 100 tonnellate di cloruro di gallio, di cui appena 2 millesimi di grammo in un litro di aria sono mortali, tonnellate di oli e altre sostanze; nell'incidente 50 litri di pseudocumene sono finiti in un pozzetto di drenaggio delle acque reflue e da lì in un torrente che attraversa la località Casale San Nicola, frazione di Isola del Gran Sasso; immediatamente il piccolo corso d'acqua è diventato bianco e numerose persone hanno cominciato a sentirsi male; a tutt'oggi non è stata data notizia dell'incidente lasciando all'oscuro i cittadini residenti sulla reale gravità del disastro ambientale; i vertici del laboratorio hanno ritenuto opportuno avvertire le autorità competenti dopo 24 ore dall'accadimento dei fatti; il Presidente della regione Pace ed il direttore Bettini si sono limitati a riferire molto genericamente che non sussisteva alcun rischio, nonostante i malori accusati dagli abitanti di una frazione di Isola e l'evacuazione immediata del proprio locale a cui è stato costretto per motivi di sicurezza un ristoratore della zona, e che «l'errore era dovuto ad una leggerezza, imputabile ad alcuni scienziati americani che, nonostante l'assenza di personale tecnico, hanno portato avanti il test con azioni non previste dalle procedure operative dell'esperimento stesso», si chiede di sapere: se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quale sia la sua valutazione; quali siano i motivi che inducono i laboratori dell'Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso all'uso di quantità così alte di pseudocumene vista l'alta pericolosità della sostanza chimica; come sia possibile che un esperimento di tale portata sia stato effettuato con una tale leggerezza senza l'ausilio e il controllo del personale tecnico come se la sicurezza degli ottocentomila abruzzesi che utilizzano le acque del Gran Sasso possa passare in secondo ordine rispetto alla volontà dei ricercatori americani di effettuare gli esperimenti; se siano stati effettuati accertamenti e da chi in ordine all'inquinamento provocato dall'incidente e quali siano i risultati; alla luce di quali elementi di conoscenza il Presidente della regione possa sostenere che «fortunatamente non ci sono stati danni alle persone, all'ambiente e alle sorgenti» nonostante i citati malori dei residenti e l'emissione da parte del sindaco di Isola del Gran Sasso di un'ordinanza con cui vieta l'utilizzo per qualsiasi scopo delle acque del torrente Fosso di Corno fin quando non ci saranno i risultati delle analisi».

E pure l’interpellanza urgente numero 2/01608 del 4 luglio 2005 giace inevasa in un doppiofondo governativo (targato Berlusconi):

«il Presidente del Consiglio dei ministri, con ordinanza n. 3033 del 18 luglio 2003 recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza socio-ambientale nel territorio delle province di L'Aquila e Teramo, interessato agli interventi necessari alla messa in sicurezza del sistema Gran Sasso», ha nominato fino al 30 giugno 2004 Angelo Balducci Commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza dichiarato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 giugno 2003; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 luglio 2004 è stato prorogato, fino al 31 dicembre 2005, lo stato di emergenza per consentire il completamento degli interventi necessari alla messa in sicurezza del sistema Gran Sasso con specifico riguardo alla delocalizzazione del tricloruro di gallio presente all'interno dei laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; ai sensi dell'articolo 33 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, le opere da realizzare sono assimilate a quelle destinate ad «attività delle forze armate o dei corpi di Polizia per la difesa della Nazione o per i compiti di istituto, nei casi in cui sono richieste misure speciali di sicurezza e di segretezza (..) o quando lo esige la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato.»; gli interventi da effettuare sono dichiarati indifferibili ed urgenti e possono essere realizzati in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei lavori pubblici; i lavori effettuati sono sottoposti esclusivamente al controllo successivo della Corte dei conti che si pronuncia sulla regolarità, sulla correttezza e sulla efficacia della gestione; entro il 30 giugno di ciascun anno si deve dare conto al Parlamento, con un'apposita relazione, dell'attività esercitata ai sensi del comma 1 dell'articolo 33 della legge 11 febbraio 1994 n. 109; con ordinanza del Consiglio dei ministri del 24 marzo 2005 è stato disposto che l'ANAS è autorizzata a trasferire al Commissario delegato le risorse finanziarie provenienti dall'articolo 5 della legge n. 366 del 1990 (110 miliardi di vecchie lire) per il proseguimento delle iniziative di carattere urgente finalizzate alla messa in sicurezza del Gran Sasso e per la eventuale bonifica delle aree inquinate; le attività di ricerca scientifica condotte dall'INFN sono d'importanza internazionale e vanno salvaguardate e tutelate attraverso la messa in sicurezza dei laboratori, anche al fine di eliminare possibili pericoli derivanti da reazioni ed interazioni tra sostanze utilizzate ed ambiente, da inadeguati sistemi di controllo e da eventuali quanto scongiurabili interferenze con la falda acquifera; la condotta drenante e di scarico dei laboratori del Gran Sasso risulta avere, in più punti o tratti, contatti idraulici con la roccia sede della falda idrica che alimenta l'acquedotto -: se il Commissario delegato abbia provveduto a predisporre i cronoprogrammi delle attività da porre in essere e quali istituzioni siano state informate sulla natura e sulla pericolosità degli interventi effettuati e da effettuare per fronteggiare la situazione di grave emergenza del sistema del Gran Sasso dichiarata sin dal 18 luglio 2003; con quali tempi ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 109 dell'11 febbraio 1994, intenda rimettere al Parlamento la prescritta relazione con cui si dà conto dell'attività esercitata e delle opere in corso per la messa in sicurezza dei laboratori di fisica nucleare; se tra gli ulteriori interventi da effettuate con le consistenti risorse finanziarie trasferite al commissario delegato (110 miliardi delle vecchie lire) è da escludere l'esecuzione di lavori in qualche modo collegati alla costruzione della terza Galleria del Gran Sasso».

E poi emerge il coinvolgimento diretto di Lunardi. Infatti, la Rocksoil spa è stata fondata nel 1979 dal poi ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di cui è stato presidente fino al maggio 2001 quando, dopo la sua nomina a ministro, è stata intestata ai suoi familiari. Lunardi, prima di fondare la sua azienda, ha seguito per conto della COGEFAR la progettazione e la realizzazione dei due trafori attuali del Gran Sasso. Nel periodo 1982-1985 la Rocksoil spa ha partecipato alla progettazione del Laboratorio di Fisica Nucleare nel traforo del Gran Sasso. Inoltre, il già ministro Lunardi è stato consulente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per il progetto Gran Sasso; l’ex ministro Lunardi, nel suo ruolo di progettista e di consulente per il traforo del Gran Sasso, ha realizzato una infrastruttura che ha giudicato insicura. 

In definitiva, gli eterodiretti politicanti tricolore in ossequio al partito cementizio (con l'avallo consueto e ricorrente della Regione Abruzzo), previo spreco di quattrini dell'ignaro contribuente, seguitano ad alimentare la devastazione di una montagna sacra.


Riferimenti:


Gianni Lannes, l'Italia trema, Edizioni Mondo Nuovo, Pescara, 2023.

 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=gran+sasso 


https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Abruzzo


https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=L%27Aquila


https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=teller

 

https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/18197&ramo=C&leg=17

https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/11861&ramo=C&leg=11

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https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/08440&ramo=S&leg=17

https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/04100&ramo=C&leg=13

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https://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=4/07344&ramo=S&leg=17



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