di Gianni Lannes
I tantissimi morti di cancro non potranno resuscitare ma un un minimo di giustizia terrena inizia a intravedersi. Infatti, la Procura della Repubblica di Taranto ha chiesto il
rinvio a giudizio nell'ambito dell'inchiesta dell'Ilva del presidente della
Regione Puglia, Nichi Vendola, del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, e dei
proprietari dell'Ilva, Emilio, Fabio e Nicola Riva. La richiesta di rinvio a
giudizio è stata depositata il 6 marzo 2014 alla cancelleria del gup. Al governatore
Vendola è contestata la concussione aggravata verso il direttore generale dell'Arpa
Puglia, Giorgio Assennato, al sindaco Stefano, invece, l'omissione di atti
d'ufficio.
http://www.agi.it/cronaca/notizie/201403061346-cro-rt10106-ilva_procura_taranto_rinvio_a_giudizio_per_i_riva_e_vendola
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2014/03/06/Ilva-Pm-Taranto-chiedono-processo-53-anche-Vendola_10189299.html
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2014/03/06/Ilva-Pm-Taranto-chiedono-processo-53-anche-Vendola_10189299.html
il sindaco Stefano & Vendola |
Inquinamento quotidiano Ilva a Taranto |
Un interrogatorio quello di Vendola caratterizzato
da “troppi non ricordo”, che secondo fonti investigative oggi si sono tradotti
per il leader di Sinistra ecologia e libertà nella richiesta di rinvio a
giudizio. Per il pool di magistrati guidati dal procuratore Franco Sebastio,
infatti, Vendola in accordo con Fabio Riva, proprietario della fabbrica, e l’ex
potente responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà ha abusato
“della sua qualita di Presidente della Regione Puglia” e “mediante minaccia
implicita della mancata riconferma nell’incarico” di direttore dell’Arpa
Puglia, ha costretto Giorgio Assennato ad “ammorbidire” la posizione
della’agenzia regionale di protezione ambientale “nei confronti delle emissioni
nocive prodotte dall’impianto siderurgico dell’Ilva s.p.a. ed a dare quindi
utilità a quest’ultima, consistente nella possibilità di proseguire l’attività
produttiva ai massimi livelli, come sino ad allora avvenuto, senza perciò dover
subire le auspicate riduzioni o rimodulazioni”. Vendola si difende: oltre
all’ambiente, dice, “abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori: se questo è un
reato sono colpevole”.
Assennato con una nota del 21 giugno 2010 aveva
suggerito “sulla scorta dei risultati dei campionamenti della qualità dell’aria
eseguiti dall’Arpa nell’anno 2009 che avevano evidenziato valori estremamente
elevati di benzo(a)pirene, l’esigenza di procedere ad una riduzione e
rimodulazione del ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto”.
Un’ipotesi che aveva mandato su tutte le furie i Riva e lo stesso Vendola che
il giorno dopo, il 22 giugno 2010, in un incontro con gli assessori Nicola Fratoianni
e Michele Losappio, aveva “fortemente criticato” l’operato dell’Arpa e
sostenuto che ‘cosi com’è Arpa Puglia può andare a casa perché hanno rotto…’”
ribadendo che “in nessun caso l’attività produttiva dell’Ilva avrebbe dovuto
subire ripercussioni”. Non solo. I pm scrivono che dopo sole 24 ore Vendola ha
convocato il direttore scientifico dell’agenzia, Massimo Blonda, “per
ribadirgli i concetti espressi nell’incontro” del giorno precedente. Infine, il
15 luglio successivo, aveva indetto una riunione informale alla quale hanno
partecipato anche i Riva, Archinà e l’allora direttore dell’Ilva Luigi
Capogrosso, mentre Giorgio Assennato, “che pure era stato convocato” era stato
lasciato fuori dalla stanza e “ammonito dal dirigente Antonicelli, su incarico
del Vendola, a non utilizzare i dati tecnici sul benzo(a)pirene come ‘bombe
carta che poi si trasformano in bombe a mano’”. Accuse gravi, insomma, per le
quali Nichi Vendola rischia di finire sotto processo.
Ad 11 indagati la Procura contesta l'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, a reati contro la pubblica amministrazione, avvelenamento di acque e sostanze alimentari.
Ad 11 indagati la Procura contesta l'associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, a reati contro la pubblica amministrazione, avvelenamento di acque e sostanze alimentari.
Il sedicente ecologista Vendola avrebbe fatto pressioni
sull'Agenzia regionale per l'ambiente affinché cambiasse il tiro sull'Ilva. Il
tutto sarebbe poi sfociato nel mancato rinnovo dell'incarico ad Assennato in
scadenza nel febbraio 2011 a causa delle pressioni esercitate dall'Ilva che
contestava duramente l'operato del dg dell'Arpa. Al sindaco di Taranto, invece,
si contesta il fatto che dopo l'invio di un esposto alla Procura di Taranto nel
quale segnalava i danni da inquinamento e soprattutto le malattie, nessuna
azione sarebbe stata messa in campo dall'amministrazione comunale. Ben più
pesante l'accusa verso Emilio Riva e i figli Fabio e Nicola: associazione a
delinquere finalizzata al disastro ambientale. Emilio e Nicola Riva hanno già
scontato un anno di arresti domiciliari, da luglio 2012 a luglio 2013, e ora
sono in libertà.
Inquinamento quotidiano Ilva a Taranto - foto Gianni Lannes |
Per Fabio Riva invece i giudici inglesi hanno dato
parere favorevole alla richiesta di estradizione avanzata dalla Magistratura
italiana e ora si è in attesa dell'appello. Fabio Riva è destinatario - nell'ambito
della stessa inchiesta sull'Ilva - di un'ordinanza di custodia cautelare in
carcere emessa dal gip Patrizia Todisco il 26 novembre 2012 e non eseguita per
l'intracciabilità dell'interessato.
Prestigiacomo & Vendola |
Prima delle richieste di rinvio a giudizio, lo scorso 30 ottobre
la Procura di Taranto aveva fatto notificare, tramite la Guardia di Finanza, 53
avvisi di conclusione delle indagini. Di questi, 50 riferiti a persone fisiche
e tre a società: Ilva, Riva Fire (la capogruppo) e Riva Forni Elettrici.
Oltre ai nomi di Vendola e Stefano, ci sono, con imputazioni differenti, anche quelli dell'attuale assessore regionale all'Ambiente, Lorenzo Nicastro (magistrato in aspettativa della procura della Repubblica di Bari, eletto con l'Idv), dell'ex assessore regionale e oggi deputato di Sel, Nicola Fratoianni, di diversi dirigenti regionali, tra cui l'ex capo di gabinetto di Vendola, Francesco Manna, dell'attuale capo di gabinetto, Davide Pellegrino (marito di Paola Laforgia, ex presidente dell'ordine dei giornalisti di Puglia) , e del dirigente del settore Ambiente della Regione Puglia, Antonello Antonicelli.
il deputato Nicola Fratoianni |
Nicastro, Vendola, Pellegrino, Antonicelli |
Manna & Vendola |
l'assessore Lorenzo Nicastro |
Oltre ai nomi di Vendola e Stefano, ci sono, con imputazioni differenti, anche quelli dell'attuale assessore regionale all'Ambiente, Lorenzo Nicastro (magistrato in aspettativa della procura della Repubblica di Bari, eletto con l'Idv), dell'ex assessore regionale e oggi deputato di Sel, Nicola Fratoianni, di diversi dirigenti regionali, tra cui l'ex capo di gabinetto di Vendola, Francesco Manna, dell'attuale capo di gabinetto, Davide Pellegrino (marito di Paola Laforgia, ex presidente dell'ordine dei giornalisti di Puglia) , e del dirigente del settore Ambiente della Regione Puglia, Antonello Antonicelli.
Secondo l'accusa, la famiglia Riva avrebbe tessuto una rete di rapporti con i politici, finanziandoli, per evitare l'accusa per disastro ambientale. Ambiente e salute in vendita. «Andiamo verso il primo processo a Taranto che non riguarda solo l'inquinamento, ma che ha come novità il connubio fra inquinatori e politica», dichiara Alessandro Marescotti, presidente PeaceLink, in merito alla questione Ilva.
«Nichi Vendola ed Emilio Riva vanno processati
insieme per il disastro ambientale di Taranto». È questa la conclusione alla
quale sono giunti i magistrati jonici. Così, a un anno e mezzo dalle prime
manette e dal clamoroso sequestro dei reparti dell'area a caldo, nello stesso
calderone giudiziario sono rimaste la politica e la grande industria.
La richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata
dal procuratore capo Franco Sebastio e dal pool che si è occupato delle
indagini (l'aggiunto Pietro Argentino, i sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna
Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano) e coinvolge i cinquantatré
indagati, ai quali, lo scorso 30 ottobre, è già stato notificato l'avviso di
chiusura indagini.
Il patron dell'azienda, i suoi figli e i suoi
collaboratori, con in prima fila l'ex responsabile delle pubbliche relazioni,
Girolamo Archinà, sono accusati di aver tramato nell'ombra, aggirando gli
investimenti per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica tarantina in
nome del profitto e a spese della salute dei cittadini.
La politica,
a cominciare da Nichi Vendola, è accusata di aver fatto da sponda, di aver far
fatto finta che nulla stesse accadendo. Il governatore pugliese è indagato per
concussione, per le presunte pressioni che avrebbe attivato sul direttore
dell'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione dell'ambiente (Arpa),
Giorgio Assennato. Vendola, secondo i pm, avrebbe rimproverato all'Arpa,
l'atteggiamento troppo rigido verso l'Ilva, al punto di ventilare la sua
mancata conferma alla guida dell'agenzia regionale. Sul banco degli imputati, però, la
procura tarantina intende spedire anche il consigliere
regionale del Pd, Donato Pentassuglia, nonché l'ex presidente della provincia Gianni
Florido, arrestato durante le indagini, perché sospettato di aver fatto di
tutto per agevolare i Riva con l'autorizzazione di una discarica all'interno
dello stabilimento. Richiesta di rinvio a giudizio anche, per il sindaco di
Taranto, Ippazio Stefàno, accusato di abuso e omissione in atti di ufficio,
perché non si sarebbe adoperato con le necessarie misure per tutelare la salute
dei tarantini.
Quello che si sta per aprire a Taranto, per gli ambientalisti, è uno dei più importanti processi della storia della Repubblica italiana, «un processo - dice il leader dei Verdi Angelo Bonelli - in nome del `popolo inquinato´ e ingannato dalla politica e dalle istituzioni». Un processo «nei confronti di chi - aggiunge - ha inquinato e di chi ha permesso che ciò avvenisse», provocando una devastazione con veleni riversati nell’acqua, nell’aria, nella terra e nel cibo.
Quello che si sta per aprire a Taranto, per gli ambientalisti, è uno dei più importanti processi della storia della Repubblica italiana, «un processo - dice il leader dei Verdi Angelo Bonelli - in nome del `popolo inquinato´ e ingannato dalla politica e dalle istituzioni». Un processo «nei confronti di chi - aggiunge - ha inquinato e di chi ha permesso che ciò avvenisse», provocando una devastazione con veleni riversati nell’acqua, nell’aria, nella terra e nel cibo.
Un fatto gravissimo, passato, però, inosservato.
«Nessuno si dimette. Nessuno chiede le dimissioni. Tutto sta avvenendo in un
clima surreale. È come se fossero venute meno, nei partiti (di cui Florido,
Vendola e Stefàno sono espressione) le difese immunitarie e la stessa capacità
di indignazione. Oggi assistiamo alla fine ingloriosa di un sistema di potere.
Auspichiamo che altre città inquinate seguano l'esempio di Taranto e che altre
Procure indaghino sui disastri ambientali. Taranto è la punta di un iceberg.
Fermo restando la presunzione di innocenza, tutto questo non potrà non avere
conseguenze, se le ipotesi di reato venissero confermate in tutto o in parte.
Per questo sosteniamo con convinzione l'azione della magistratura, senza la
quale a Taranto avrebbero vinto le logiche dei poteri forti», dichiarano
i rappresentanti di PeaceLink.
Un altro processo già in corso. A far luce sulla vicenda, forse, solo la
magistratura. La sentenza prevista per il 23 maggio prossimo,
dovrà fare chiarezza, anche, sulla morte di ventuno operai deceduti tra il 2004
e il 2010 per "mesotelioma pleurico" dovuto, secondo l'accusa,
all'ingente presenza di fibre d'amianto presenti all'interno della fabbrica. Per
la Procura di Taranto, gli imputati omettevano «di adottare cautele che secondo
l'esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l'integrità
fisica dei dipendenti oltre ad altre adeguate misure di prevenzione ambientali
e personali» per ridurre la diffusione di polveri dannose. Gli operai, quindi,
sarebbero stati «ripetutamente esposti ad amianto durante lo svolgimento di
attività lavorative» tanto, secondo l'accusa, da ammalarsi mortalmente.
Nella stessa inchiesta sono confluiti i fascicoli
riguardanti due incidenti sul lavoro mortali, per i quali un gruppo di
dirigenti Ilva risponde di omicidio colposo e omissione di cautele sui luoghi
di lavoro. Gli incidenti sono quelli che provocarono la morte di Claudio
Marsella, operaio del movimento ferroviario, travolto da un locomotore, il 30
ottobre 2012, e di Francesco Zaccaria, gruista volato giù in mare da sessanta
metri con la sua cabina nell'area Impianti marittimi il 28 novembre 2012 al
passaggio di un tornado.
Quattro anni e sei mesi di reclusione richiesti dal
pubblico ministero Raffaele Graziano nei confronti di Emilio Riva,
ottantasettenne ex proprietario dell'Ilva di Taranto, del figlio Fabio e
dell'ex direttore della fabbrica Luigi Capogrosso. A rischiare la condanna
anche Giorgio Zappa, direttore generale dell'ex Italsider, poi, passato a
Finmeccanica, Francesco Chindemi attuale amministratore delegato della
Lucchini.
ILVA, LA TELEFONATA DI VENDOLA: RISATE PER
LE DOMANDE SUI TUMORI
http://www.youtube.com/watch?v=eAMgpUudYs4
http://www.youtube.com/watch?v=Q6M92kelXO0
http://www.youtube.com/watch?v=LThC7goLyIQ
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http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=VENDOLA
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=CEMERAD
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/il-delirio-di-vendola-vietato-chiudere.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/ilva-il-fumo-di-vendola.html
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http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/ilva-incubo-infinito.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/10/ilva-taranmto-indagato-nichi-vendola.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2011/12/vendola-venduto-allilva-di-riva.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/vendola-prono-riva.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/09/il-partito-democratico-mazzette-rifiuti.html
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