26.3.14

ITALIA: AFFONDAMENTO DI NAVI DEI VELENI CON REGIA DEI SERVIZI SEGRETI (SISMI)

nave Cunski (ex Lottinge, ex Samantha M., infine Shahinaz)

di Gianni Lannes




I servizi di cosiddetta "intelligence" nostrana, quando non mentono danno i numeri. L'ammiraglio Bruno Branciforte, già a capo dell'Aise, in audizione parlamentare segreta al Copasir (comitato di controllo dei servizi segreti) ha rivelato che lo Stato italiano conosce il nome e il luogo di affondamento nei mari d'Italia di ben 55 navi dei veleni. In realtà, le carrette affondate dolosamente nel “Mare Nostrum” sono molte di più. Infatti,
sin dagli anni ‘60, complice la carenza legislativa nazionale ed internazionale, l'Italia ha fatto ricorso al dumping ambientale per sbarazzarsi senza scrupoli dei propri rifiuti industriali. Il primo inabissamento documentato di scorie nucleari dell'Italia risale al 1967.



Il Sud del mondo è il principale destinatario delle sostanze più velenose e più costose da smaltire: Somalia, Guinea, Mozambico, Libano e Mezzogiorno d'Italia. Negli anni '80 le proteste ambientaliste e dei Paesi vittime dei traffici spingono le Nazioni Unite e i Paesi esportatori a riprendersi i rifiuti: partono dall'Italia diverse navi con il compito di rimediare al grave imbarazzo tricolore. Tra queste la Jolly Rosso, la Zanoobia, la Karen B, la Cunski ed altre carrette vengono ingaggiate dal governo italiano per rimpatriare le sostanze tossiche esportate illegalmente. Esse verranno ricordate come le navi dei veleni. Altra vittima eccellente dei trafficanti di rifiuti internazionali con l'ausilio di Stati e governi e multinazionali produttrici è il mare Mediterraneo. Qui ci  finisce di tutto, a partire dagli scarichi industriali: il mare come un "tappeto" sotto cui nascondere la polvere più velenosa. Secondo i dati della Direzione nazionale antimafia le navi "sospette" affondate al largo delle coste italiane sarebbero almeno 88 (nel periodo compreso fra il 1979 e l'aprile 2001), concentrate nei mari del Meridione. Dalla mia inchiesta sul campo ne sono emerse però 204, unitamente ad un migliaio di container zeppi di spazzatura pericolosa.


 Nel 1987-1988 sono ben 4 le navi contrattate dietro le quinte dal Governo italiano che caricheranno i fusti di rifiuti pericolosi da Beirut per riportarli in Italia, tra cui la Cunski. Però, solo la Jolly Rosso sbarcherà ufficialmente a La Spezia. Delle altre tre navi non si avranno più notizie, sparendo di fatto dalle cronache e dagli archivi istituzionali. Ma ecco quello che riporta il quotidiano La Repubblica il 2 settembre 1988:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/09/02/dal-libano-parte-un-altro-carico.html





"E DAL LIBANO PARTE UN ALTRO CARICO PROIBITO

BEIRUT Dieci tecnici italiani hanno iniziato ieri a rimuovere circa 2.200 tonnellate di rifiuti tossici giunti l' anno scorso dall' Italia. I rifiuti saranno caricati su una nave jugoslava nel porto di Beirut, e inoltre si provvederà a rimuovere il terriccio sul quale le sostanze tossiche sono rimaste a lungo depositate. Un diplomatico dell' ambasciata italiana, Massimo Iannucci, ha riferito che i tecnici sono giunti mercoledì sera, per incarico del ministero degli esteri italiano. Da ieri stanno lavorando al Bacino 5 del porto di Beirut, ove sono ancorate due navi a bordo delle quali sono stati da tempo provvisoriamente sistemati i rifiuti, in precedenza scoperti a nord della capitale. Le 2.200 tonnellate, in origine raccolte dalla società milanese Jelly Wax, erano giunte in questo paese, a bordo di una nave cecoslovacca, nell' agosto dello scorso anno, importate da una società libanese. Interrati contro le norme della legislazione locale, i barili con i rifiuti sono stati scoperti in una zona della costa cristiana nello scorso giugno. Iannucci ha detto che le sostanze tossiche ora a bordo di due navi di proprietà dell' importatore libanese saranno triturate con appositi macchinari dai tecnici italiani, prima che siano caricate a bordo del mercantile jugoslavo Cunski. Quest' ultimo è già giunto nel porto cristiano di Beirut. Ma i tecnici dipendenti della Eco, una società del gruppo Montedison prevedono un lavoro di un mese e mezzo o due, secondo quanto ha riferito il diplomatico. Essi dovranno anche rimuovere il terriccio della zona cristiana a nord della capitale ove i bidoni con i rifiuti sono rimasti interrati per circa dieci mesi nonché lavare le due navi su cui le sostanze tossiche sono poi state provvisoriamente sistemate. Nello scorso giugno, la scoperta delle 2.200 tonnellate suscitò scalpore nel paese e dure critiche contro l' Italia. Ma l' ambasciata ha affermato che il carico è stato importato, sulla base di un contratto privato, da una società libanese. Secondo la stampa locale, il costo dell' operazione sarà interamente sostenuto dall' Italia".

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