16.10.24

STERMINIO FUORILEGGE DEI CERVI IN ABRUZZO

 

 


 

di Gianni Lannes

Profitto materialistico e spirito cosmico. Si annienta la vita di esseri selvatici (piccoli e grandi) sulla base di un banale parametro economico. Incredibile. Senza contare omissioni e falsificazioni. La decisione della giunta regionale abruzzese capeggiata da Marco Marsilio è fuorilegge. Con la delibera regionale numero 509 dell'8 agosto 2024 è stato approvato l'abbattimento di 469 cervi, tra cui cuccioli, comprensiva di un “prezziario minimo”, un tanto a esemplare, a seconda dell'età e del genere, e tariffe “maggiorate” per i cacciatori non residenti in Abruzzo.

Attenzione: i dati ufficiali per massacrare questi ungulati risultano falsati, vale a dire non veritieri. Il trucco approvato è nel «Calendario venatorio regionale stagione 2024-2025 per l'esercizio del prelievo in forma selettiva del cervo e del relativo piano di abbattimento distinto per sesso e classi di età»; secondo quanto sostenuto dalla Giunta, la misura si sarebbe resa necessaria per i danni causati alle colture e per il rischio di incidenti stradali. Tale calendario prevede l'abbattimento, dal 14 ottobre 2024 fino al 15 marzo 2025, nei 2 comprensori regionali ricompresi nei territori degli Ambiti territoriali di caccia Avezzano, Sulmona, Subequano, L'Aquila e Barisciano, di 469 cervi da parte dei cosiddetti «selecontrollori», ovvero cacciatori con specifiche qualifiche e titoli che consentono loro di praticare questa particolare attività venatoria.

I cacciatori assegnatari dei capi da uccidere dovranno pagare un «premio», con tariffe che variano in base all'età e al sesso degli animali abbattuti e alla provenienza del cacciatore: si va dai 50 euro per i piccoli fino a 12 mesi, fino a 250 euro per i maschi adulti e se il cacciatore non è residente in Abruzzo, i premi arrivano fino a 600 euro per un maschio adulto. Tali proventi non sarebbero destinati però alle comunità locali, agli agricoltori o alle aree protette, ma agli Ambiti territoriali di caccia (Atc).

Secondo l'Ispra, l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, la cosiddetta caccia di selezione ai cervi è autorizzata solo in presenza di una densità superiore di 2 capi ogni chilometro quadrato. Nei comprensori dell'aquilano dove la regione ha autorizzato la caccia alla specie, il valore massimo raggiunge i 2,58 capi per chilometro quadrato, di pochissimo superiore al valore di soglia.

Ingiustificata appare la motivazione addotta dei danni prodotti dalle incursioni notturne dei cervi nelle aree agricole, visto che esistono altri metodi per arginarne le incursioni come dissuasori olfattivi e altri dispositivi, apposite recinzioni e altro, senza arrivare all'abbattimento di un animale tanto amato come il cervo, simbolo, assieme all'orso marsicano, della regione dei parchi.

In ogni caso, la Regione Abruzzo è gravemente inadempiente in relazione all'obbligatorio piano di monitoraggio del proprio piano faunistico venatorio approvato nel 2020. Una raccolta di dati cui l'Abruzzo si era auto-vincolata nell'ambito della procedura di Valutazione ambientale strategica indispensabile per l'attuazione del Piano stesso negli anni, caccia al cervo compresa.

Il Piano faunistico venatorio è stato assoggettato a suo tempo a due procedure valutative diverse, rispondenti a due direttive comunitarie, la Valutazione di incidenza (VIncA) e la Valutazione ambientale strategica (Vas). Tale valutazione ha lo scopo precipuo di assicurare la gestione adattativa dei processi pianificatori nel tempo, cambiando sulla base dei valori che assumono gli indicatori di variabili ambientali che il piano stesso individua.

Non a caso il parere motivato DPC002/2020 di conclusione favorevole alla Vas del Piano faunistico-venatorio così disponeva: «di dare esecuzione ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sue modifiche e integrazioni, successivamente all'approvazione definitiva del Piano Faunistico Venatorio Regionale, alle attività previste di monitoraggio, verifiche e controlli della fase attuativa».

Sebbene il decreto legislativo numero 152 del 2006 obblighi alla tempestiva pubblicazione periodica dei risultati di tali monitoraggi sul sito web istituzionale, dalla consultazione del sito della regione non c'è traccia di alcun documento in tal senso, né tali dati sono riportati nella relazione tecnica allegata alla delibera adottata dalla Giunta regionale, questione che pone non pochi dubbi riguardo alla legittimità dell'atto amministrativo.

La citata delibera rende quindi necessario valutare l'adozione di azioni, anche in via giurisdizionale, al fine di garantire il rispetto della normativa posta a tutela della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo alle specie cacciabili e ai periodi di attività venatoria, disciplinati dall'articolo 18 della legge numero 157 del 1992.

È dovere del Governo italiano adottare tutte le iniziative di competenza a fronte della delibera citata in premessa e in considerazione della necessità che sia inibito qualsiasi prelievo venatorio nelle aree ricadenti all'interno dei parchi e delle riserve naturali come quelle oggetto della stessa delibera, che si pone in contrasto con l'articolo 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, numero 394 e con l'articolo 18 della legge n. 157 del 1992.

La decisione di uccidere i cervi ha sollevato da subito durissime critiche da parte non solo dei movimenti ambientalisti, ma anche da quei territori che hanno costruito la propria immagine identitaria sulla presenza dei cervi, facendone motivo di promozione turistica. Il cervo è, infatti, un animale simbolo dell'Abruzzo, sia per i cittadini, sia per i turisti e il loro abbattimento rischia, tra le altre cose, di creare una grave danno d'immagine e quindi economico.

Inoltre, è stata avviata una petizione contro la decisione della regione Abruzzo che ha abbondantemente superato le 100 mila firme motivate. La decisione dell'abbattimento dei cervi e dei caprioli sta provocando un danno di immagine al territorio abruzzese, soprattutto a quelle aree interne e nei parchi in cui il turismo legato al patrimonio ambientale rappresenta la maggiore risorsa economica. Alcune importanti associazioni ambientaliste hanno contestato la veridicità dei dati riguardanti il censimento della popolazione di cervi su cui la regione Abruzzo ha basato la propria decisione di abbattimenti. Sembrerebbe, infatti, che la popolazione di questi esemplari in Abruzzo sia inferiore rispetto a quanto dichiarato. A ciò si aggiungono altre contestazioni riguardanti i dati del numero di incidenti stradali causati dai cervi: infatti alcune fonti di stampa dichiarano che il numero totale degli incidenti stradali da animali nel periodo di tempo preso in considerazione sia di gran lunga inferiore a quello dichiarato dalla regione nella delibera di Giunta per la sola specie dei cervi.

La delibera “ammazza-cervi” approva il calendario venatorio della stagione 2024-2025 per l'esercizio del prelievo in forma selettiva del cervo e del relativo piano di abbattimento distinto per sesso e classi di età.

Nelle premesse del documento sopracitato si giustifica il prelievo delle specie indicandola come responsabile dei danni all'agricoltura, dell'aumento degli incidenti stradali e si ritiene anche che questo abbattimento selettivo sia per garantire il rispetto del principio della conservazione della specie, assicurando la vitalità nel tempo delle popolazioni presenti e il loro ruolo all'interno delle naturali catene trofiche.

Negli allegati alla delibera risulta, altresì, che per ogni capo da prelevare il cacciatore risultato assegnatario deve versare all'ambito territoriale di caccia un premio secondo un prezzario minimo, definito sulla base delle classi dei Cervi e della residenza del cacciatore assegnatario. Sono stati autorizzati 276 abbattimenti nel Comprensorio 1 (Atc Avezzano e Atc Sulmona) e 193 abbattimenti nel Comprensorio 2 (Atc Avezzano, Atc Barisciano, Atc L'Aquila e Atc Subequano).

Accluso alla delibera, è presente un disciplinare che contiene anche un vero e proprio tariffario: 50 euro per i piccoli minori di 12 mesi (si potrà sparare anche ai cuccioli), 100 euro per le femmine giovani e adulte, 150 euro per i maschi giovani e 250 euro per i maschi adulti.

I cacciatori assegnatari dei capi da uccidere dovranno versare un contributo economico all'Ambito territoriale di caccia (Atc) di riferimento, che può arrivare fino a 600 euro per un maschio adulto se il cacciatore non è residente in Abruzzo. Si rammenta al camerata Marsilio che ai sensi dell'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, numero 157, la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato e pertanto il contributo per ogni cervo ucciso non può essere attribuito agli Act.

Ben diciannove associazioni ambientaliste e animaliste hanno inviato una nota di protesta al Consiglio regionale abruzzese, al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica e all'ISPRA, in cui criticano la delibera regionale dell'8 agosto, basata su uno studio condotto dalla società D.R.E.Am., evidenziando numerose incongruenze e lacune nel documento: “lo studio utilizzato per giustificare l'abbattimento dei cervi presenta dati incompleti e poco attendibili. I conteggi e i monitoraggi sono stati affidati agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), gli stessi soggetti coinvolti nella caccia di selezione, una scelta che le associazioni ritengono inopportuna. I monitoraggi andrebbero affidati a enti terzi con una solida preparazione scientifica. Inoltre, la relazione tecnica evidenzia una scarsa affidabilità nella raccolta dei dati relativi ai danni alle colture causati dai cervi. Manca una raccolta omogenea e completa dei dati e non c'è un chiaro legame di causa-effetto tra la presenza dei cervi e i danni all'agricoltura. Anche l'efficacia degli abbattimenti per ridurre i danni resta incerta”.

Le incongruenze segnalate riguardano anche l'analisi degli incidenti stradali, attribuiti spesso genericamente alla categoria “ungulati” senza distinguere tra le varie specie. Secondo una precedente versione della relazione, molti incidenti dipendono più dalla tipologia di strada e dalla velocità dei veicoli che dalla densità degli animali. Infine, le associazioni rilevano un evidente errore nel documento (“copia e incolla”) della Regione, che include un riferimento al “comune di Pistoia”, errore che dimostra una scarsa attenzione alla specificità regionale.

Di sicuro non mancano soluzioni alternative all'abbattimento dei cervi stabilito dalla Giunta Marsilio, alternative che non solo eviterebbero l'abbattimento, ma promuoverebbero anche un modello di gestione faunistica più rispettoso della biodiversità e delle dinamiche sociali ed economiche locali. Si pensi ad esempio alla ridistribuzione dei cervi in aree meno popolate o in parchi nazionali o regionali; a possibili incentivi economici per l'agricoltura, in compensazione agli agricoltori per i danni subiti e promozione dell'ecoturismo come risorsa economica alternativa.

Comunque, in punta di diritto la suddetta delibera 509/2024, oltre a rappresentare una risposta superficiale e improvvisata alla problematica da gestire, si pone altresì in contrasto con l'articolo 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica “tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Il cervo italico (Cervus elaphus italicus) è una sottospecie del cervo europeo che riveste un ruolo di grande importanza ecologica e culturale in Italia. La sua presenza nel territorio italiano ha radici profonde, risalenti a migliaia di anni fa. Considerato un simbolo della fauna italiana, il cervo italico ha attraversato una storia complessa, segnata da periodi di abbondanza e di forte declino, fino a giungere alla situazione attuale, dove in Abruzzo la Giunta regionale autorizza lo sterminio.

Quella del cervo italico è a pieno titolo considerata una specie chiave per la conservazione degli ecosistemi forestali italiani. Negli anni '50 e '60 del XX secolo, le popolazioni residue della specie furono oggetto di interesse scientifico e conservazionistico. Grazie a studi approfonditi e a programmi di protezione e reintroduzione, alcune popolazioni sono state ristabilite in aree protette, come il parco nazionale del Gran Sasso e monti della Laga e il parco nazionale della Maiella. Questi sforzi hanno permesso di riportare la popolazione del cervo italico a livelli sostenibili, anche se la specie rimane vulnerabile e necessita di una gestione attenta per evitare nuove minacce.

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2024/10/la-vera-bestia-e-luomo-non-lanimale.html 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=marsilio

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