14.10.24

CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI IN ALBANIA!

 

Prigionia - foto Gilan

di Gianni Lannes

Da migranti a prigionieri: ecco il modello italiano esportato da Giorgia Meloni che subappalta all'estero il lavoro sporco. Campi di concentramento italiani: ieri e oggi. Più o meno nel secolo scorso per ordine di Benito Mussolini, furono istituiti in Italia, Jugoslavia e Libia, decine di luoghi di reclusione per dissidenti politici, ebrei ed omosessuali. Oggi, l'erede tricolore del duce che siede temporaneamente a Palazzo Chigi, ha istituito centri di reclusione per migranti in Albania. Per il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi "i centri in Albania sono come quelli italiani. Non c'è il filo spinato, sono di contenimento leggero". Dunque, prigioni.

Infatti, il novembre 2023 è stato siglato l'accordo bilaterale con Tirana. Il testo prevede, tra l'altro, che l'Albania fornisca gratuitamente all'Italia gli spazi per costruire due centri per la gestione dei migranti: uno nei dintorni del porto di Shëngjin, circa 70 chilometri a nord della capitale Tirana, e un altro a Gjadër, 5 chilometri nell'entroterra di Shëngjin. Tali reclusori previsti dal Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania dovevano aprire «non oltre il 20 maggio 2024». A Gjader sono state approntate tre strutture: un centro per il trattenimento di richiedenti asilo (880 posti), un Cpr (144 posti) e un penitenziario (20 posti). La struttura è chiusa da una recinzione alta 5 metri con al centro i prefabbricati dove alloggeranno i migranti, mentre in un secondo blocco ci saranno quelli cui la domanda viene respinta, destinati al rimpatrio.

Si tratta di un investimento ovvero un sperpero di oltre 700 milioni di euro (denaro pubblico) per un sito che rappresenta un autentico «buco nero» per quanto riguarda lo Stato di diritto nella gestione dei migranti.

In data 22 maggio 2024 una delegazione parlamentare del gruppo del Partito democratico alla Camera dei deputati si è recata in Albania e ha mostrato con supporto di videodocumentazione gli enormi ritardi nella realizzazione del sito.

La Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, nella sua visita in Albania, del giugno 2024 aveva posticipato al 1° agosto 2024 il giorno di entrata in funzione delle strutture.

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano, il 30 luglio 2024, nell'ambito di una audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, aveva evidenziato come servisse ancora qualche settimana per l'apertura del centro a causa dei ritardi dei lavori. Si è di fronte ad un enorme spreco di denaro pubblico per infrastrutture che ledono palesemente i diritti delle persone migranti e serve al Governo esclusivamente come arma di propaganda.

Il 5 giugno 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha tenuto una conferenza stampa congiuntamente al primo Ministro albanese Edi Rama a margine della visita a una delle strutture che dovranno fungere da hotspot per i migranti, ai sensi del protocollo stipulato tra Italia e Albania, nei pressi della località di Shëngjin.

Il deputato Riccardo Magi, recatosi sul posto per esprimere pacificamente il proprio dissenso sull'accordo italo-albanese per il trasferimento dei migranti in Albania, è stato improvvisamente bloccato con la forza da parte delle forze dell'ordine albanesi al passaggio del convoglio dei due presidenti. Per diversi minuti il deputato italiano è stato accerchiato e trattenuto, subendo alcune ferite e perdendo del sangue, il che certifica, secondo gli interroganti, in maniera inequivocabile la fondatezza dei rischi paventati da più parti per l'incolumità e la sicurezza dei migranti trasferiti in Albania.

Il "placcaggio" di un parlamentare italiano che esercita pacificamente il proprio diritto di dissenso rispetto a un accordo internazionale, è fortemente problematico sotto ogni punto di vista, rappresenta un fatto gravissimo che richiede una precisa assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti. Per diversi minuti il deputato italiano è stato accerchiato e trattenuto, subendo alcune ferite e perdendo del sangue, il che certifica in maniera inequivocabile la fondatezza dei rischi paventati da più parti per l'incolumità e la sicurezza dei migranti trasferiti in Albania. Il placcaggio di un parlamentare italiano che esercita pacificamente il proprio diritto di dissenso rispetto a un accordo internazionale fortemente problematico sotto ogni punto di vista, rappresenta un fatto gravissimo che richiede una precisa assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti.

Il comunicato stampa del Consiglio dei ministri numero 61 del 5 dicembre 2023 riferisce dell'avvenuta approvazione del disegno di legge di ratifica del Protocollo tra l'Italia e l'Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, siglato a Roma il 6 novembre 2023; il comunicato illustra il contenuto del disegno di legge, ma non v'è cenno alcuno rispetto alla quantificazione e alla distribuzione degli oneri.

Fin dal 4 dicembre scorso, si erano appresi preoccupanti dettagli, che prefiguravano, traendoli dallo schema di spesa consegnato dalla Ragioneria generale dello Stato, un impegno economico-finanziario esorbitante e inspiegabile rispetto allo scopo, vale a dire l'approntamento di due strutture – che fungerebbero, l'una, da hot spot, e l'altra, da centro di permanenza per i rimpatri (CPR) – per la delocalizzazione e il trattenimento di migranti richiedenti asilo, soccorsi esclusivamente in mare da mezzi navali militari esclusivamente italiani, in territorio albanese.

I costi divulgati risultavano pari a 100 milioni di euro per il 2024, 50 milioni per ciascuno degli anni successivi e la capienza delle strutture decisamente ridotta, dai tremila previsti e dichiarati dal Governo fin dalla firma del Protocollo, il 6 novembre 2023, ad un massimo di 720 posti mensili per il primo anno, il 2024.

Il 6 dicembre, al question time in Aula in ordine ai costi derivanti dal Protocollo, il Ministro Piantedosi rispondeva assicurando personalmente che «lo stanziamento necessario è di certo inferiore a quanto emerso sugli organi di stampa».

Il 15 dicembre 2023 dalla stampa si è appreso della Nota sottoscritta dal Ragioniere generale dello Stato il 13 dicembre, recante la relazione tecnica del provvedimento di ratifica e l'analisi dei costi, che risulterebbero confermati rispetto a quelli già divulgati a partire dal 4 dicembre e comprenderebbero le opere infrastrutturali propedeutiche all'operatività delle due strutture – tra le quali, fogne da costruire, depuratori, elettricità da allacciare e gruppi elettrogeni nonché gruppi di continuità da allestire per i casi (frequenti) di black out, aree da sbancare e disboscare, ruderi da abbattere, strade da realizzare, lavori per l'approvvigionamento di acqua potabile – oltre ai costi per i trasferimenti in Albania, il vitto e l'alloggio, i viaggi, del personale delle amministrazioni interessate (interno, giustizia, salute, stimati in circa 58 milioni di euro).

I costi iniziali sono stimati in almeno 300 milioni di euro: 230 per l'attivazione delle due strutture e ulteriori 75 per integrare il sistema giudiziario italiano con quello albanese, dei quali oltre 100 milioni riguarderebbero, infatti, la delocalizzazione di un pezzo di Italia in Albania.

Ora preme sottolineare l'enormità e l'assurdità dell'impegno economico-finanziario della delocalizzazione di richiedenti asilo ideata dal Governo – a fronte, in particolare, del fatto che tutti i 10 CPR già operativi sul territorio nazionale sono costati 52 milioni di euro in 4 anni – che si unisce all'enormità e all'assurdità da un punto di vista umanitario e preme, altresì, rimarcare la distanza tra quanto si evince, da ultimo, dalla stampa e la dichiarazione, nonché la rassicurazione, del Ministro dell'Interno, rese il predetto 6 dicembre 2023, in ordine all'entità dei costi per l'attuazione del Protocollo Italia-Albania.

Ad oggi sono diversi i provvedimenti – prevalentemente decreti-legge – adottati e annunciati (come l'intesa con il Governo albanese) dal Governo Meloni per fronteggiare la crisi emigratoria; il protocollo con il Governo albanese consentirebbe, una volta recuperati in mare i cittadini extra-Ue, di decidere se sbarcarli sulle coste italiane o delocalizzarli in Albania, dove è prevista la costruzione di due centri di accoglienza. Questo protocollo è in palese contrasto con il diritto dell'Unione europea, Regolamento di Dublino, perché in sostanza i migranti hanno il diritto di essere accolti dallo Stato europeo in cui mettono piede. Quindi, se salvati in mare da navi italiane, il territorio di pronta accoglienza è l'Italia, non l'Albania che agirebbe in sua vece senza averne titolo. Si tratterebbe di respingimenti collettivi, pratica vietata dal diritto internazionale del mare e in violazione degli articoli 10 e 117 della Costituzione, in netto contrasto con il codice della navigazione e con le disposizioni del codice penale che punisce l'omissione di soccorso, e pratica per la quale l'Italia è già stata condannata.

Già l'Alto Commissario per i rifugiati, Filippo Grandi, in più occasioni ha dichiarato che il numero di persone costrette a migrare è superiore ai 70 milioni e, di questi, 8 su 10 si trovano in Paesi in via di sviluppo. Ritiene quindi che non ci sia una crisi relativa al numero dei migranti, bensì una crisi culturale, alimentata, tra l'altro, dal Governo italiano che punta sulla narrativa del «nemico alle porte» e del «rischio di sostituzione etnica».

In base a quanto dichiarato dal Governo, in termini di stime verosimili, l'accordo con l'Albania, consentirebbe l'invio di oltre 30.000 migranti l'anno, per un massimo di 3.000 presenze contemporaneamente, e i costi saranno tutti a carico dell'Italia: subito 16,5 milioni di euro, mentre altri 100 milioni dovrebbero essere congelati su un conto bancario di secondo livello a titolo di garanzia.

In data 8 maggio 2024 è stata aggiudicata la gestione «coordinata ed unitaria» delle strutture in Albania alla cooperativa Medihospes con un appalto di oltre 151 milioni di euro. Gli affidamenti per la gestione dei centri in Albania sono stati assegnati senza gara pubblica con la motivazione di «ragioni di estrema urgenza sussistenti». Dopo la presentazione di istanze da parte di circa 30 enti privati, soltanto a tre di questi è stato chiesto di presentare le proprie offerte alla Prefettura di Roma. Tuttavia, l'unica offerta arrivata nel portale della prefettura è stata quella di Medihospes. A fine 2022 Medihospes gestiva 26 strutture di accoglienza per migranti in sei regioni con un fatturato di 128 milioni di euro.

Nel 2019 vi sono state ispezioni in centri di accoglienza per migranti gestiti da Medihospes a Roma che hanno fatto emergere irregolarità: secondo dati ActionAid e Openpolis, nel 2019 il 96,76 per cento delle penali comminate dalla Prefettura di Roma, con 22 contestazioni mosse in 25 controlli su 18 strutture e per un totale di quasi 86 mila euro, sono a carico di Medihospes. Inoltre ci sono diverse inchieste giornalistiche che hanno coinvolto la cooperativa in passato, ad esempio nella gestione del Cara di Borgo Mezzanone quando un'inchiesta ne denunciò le condizioni inumane.

L'attuale Presidente del CdA di Medihospes, ex amministratore delegato della cooperativa «La Cascina», è stato commissariato per rischio di infiltrazioni mafiose nell'inchiesta «Mafia Capitale» e il commissariamento è stato poi revocato.

Come citato nell'Avviso di Manifestazione di interesse per l'affidamento dei servizi di accoglienza pubblicato il 21 marzo 2024 dalla Prefettura di Roma, l'avvio dell'operatività di tutti i suddetti centri è prevista «non oltre il 20 maggio 2024».

Tuttavia, da fonti giornalistiche (La Repubblica, Domani) si apprende che la determina del Ministero della difesa che affida al Genio Militare la costruzione dei suddetti campi prevede la fine dei lavori per novembre 2024.

Quali sono «le ragioni di estrema urgenza sussistenti» che hanno portato ad assegnare l'appalto con una procedura negoziata, senza bando, per un importo di oltre 151 milioni, anziché con una gara ad evidenza pubblica?

Il 7 novembre 2023, la Presidente del Consiglio dei ministri ha reso nota l'esistenza di un protocollo siglato con il primo Ministro dell'Albania, che prevede la realizzazione di due centri in Albania dove verrebbero trasferiti fino a 36 mila migranti tra quelli soccorsi in mare dalle autorità italiane. Un centro, collocato in un porto, fungerebbe da hot spot, mentre l'altro, situato nell'entroterra, avrebbe la funzione di centro di permanenza per i rimpatri.

Fermo restando che i due centri non potranno ospitare minori, donne in stato di gravidanza né soggetti vulnerabili, la pubblicazione del protocollo lascia comunque oscuri non pochi aspetti della vicenda: in primis la sua base giuridica, la compatibilità con l'ordinamento comunitario e la liceità del trasferimento di persone e di procedure in Paesi extra Ue, nonché il dubbio sulla sua sottoposizione al Parlamento, ai fini dell'esame o di una deliberazione.

Come impone la sentenza numero 105/2001 della Corte Costituzionale, qualunque procedura di allontanamento forzato attuata da autorità italiane attraverso il trattenimento in un centro di detenzione deve essere convalidata dalla decisione di un giudice e non è chiaro con quali modalità potrà realizzarsi in territorio albanese.

Il Ministero dell'interno ha pubblicato l'avviso di manifestazione di interesse per l'affidamento dei servizi di accoglienza, il funzionamento e la gestione dei centri di accoglienza e trattenimento previsti dal protocollo sottoscritto tra il Governo della Repubblica italiana e la Repubblica d'Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, siglato a Roma il 6 novembre 2023, ratificato con legge numero 14 del 2024. «L'avvio dell'operatività» è «prevista non oltre il 20 maggio 2024». Lo riporta un bando, pubblicato dalla Prefettura di Roma il 21 marzo 2024; il bando, che vale oltre 16 milioni di euro l'anno, è rivolto a chi intende prendere in gestione i centri migranti. Sono previsti tempi accelerati, per strutture che, a quanto risulta, non sono ancora nemmeno in costruzione.

La decisione per il riconoscimento della protezione internazionale dovrà essere presa entro 7 giorni, tramite video-udienze in collegamento da Roma. In caso di diniego il richiedente potrà presentare ricorso entro i successivi 14; ed entro altri 7 giorni il giudice dovrà decidere se accogliere o respingere. Chi ha diritto all'asilo entra in Italia regolarmente, per tutti gli altri verrà effettuato il rimpatrio dall'Italia, chi non si riesce a rimpatriare torna a piede libero e diventa clandestino.

Questo andirivieni deve anche fare i conti con la Corte di giustizia europea che dovrà decidere se il «trattenimento» previsto dalle «procedure accelerate di frontiera» (evitabile solo se il migrante versa 5 mila euro di cauzione) è in linea con i diritti umani salvaguardati dalle norme europee.

Per il viaggio, la diaria, il vitto e alloggio degli uomini dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, i costi in più sono di 260 milioni e 200 mila euro. Per le 5 nuove commissioni territoriali che dovranno esprimersi sul diritto di asilo: 17 milioni e 970 mila euro. Per 152 nuove assunzioni tra funzionari del Ministero dell'interno e della giustizia, magistrati, giudici di pace e dirigenti sanitari 42 milioni 507.739. Per l'affitto delle aule a Roma per le video-udienze, servono 2 milioni e 920 mila euro.

Per costruire e allestire 20 aule per le udienze in Albania e per i collegamenti telematici dall'Italia dei difensori 8 milioni 730 mila. Spese di viaggio per avvocati e interpreti 29 milioni 160 mila; al termine delle procedure di accertamento le autorità italiane provvedono, a proprie spese, all'allontanamento dei migranti dal territorio albanese, ovvero li riportano in Italia, e la spesa di noleggio navi, mezzi ed equipaggiamenti è di altri 104 milioni. Costi totali in cinque anni: 653,5 milioni di euro.

Molte di queste affermazioni sono già state confutate dal reportage di Giorgio Mottola con la consulenza di Thimi Samarxhiu e la collaborazione Greta Orsi «(Hot)Spot Albanese» andato in onda su «Report», il 21 aprile 2024 su Rai 3; come ha scoperto Report, i costi sono già fuori controllo. A fronte dei 650 milioni di euro inizialmente preventivati per 5 anni, la spesa complessiva potrebbe superare la soglia di 1 miliardo di euro.

La trasmissione televisiva «Report» ha trovato alcune inquietanti risposte in Albania, definita da molti osservatori internazionali un «Narcostato» a causa del forte condizionamento dei cartelli della mafia albanese sulle attività del Governo che di certo beneficeranno di questo accordo.

Quali provvedimenti sono stati presi o verranno adottati, come la certificazione antimafia, per evitare che i cartelli della mafia albanese si aggiudichino parte delle attività previste in Albania. Se e quali iniziative il governo Meloni intende usare per evitare che componenti della stessa famiglia possano essere separati, chi in Albania, chi in Italia? Come, dove e da chi verranno effettuate le verifiche sulla minore età degli immigrati o sullo stato di gravidanza delle donne?

Riferimenti:

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=meloni

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=campi+di+concentramento 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=albania 

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