Fonte: Archivio di Stato di Pesaro - foto Gilan |
di Gianni Lannes
Accade in Italia dove non te l'aspetti: sotto terra e in fondo al mare. Proprio nel sito Unesco di Urbino e a Pesaro, capitale italiana della cultura per l'anno 2024. A conti fatti, più di un milione di bombe: 908.040 convenzionali e 100 mila caricate con iprite e arsenico (gas vietati dal Protocollo di Ginevra del 1925). Almeno i documenti ufficiali raccontano la verità. Di che si tratta? Del gigantesco arsenale segreto di armi chimiche e bombe convenzionali nascoste sotto Urbino, per ordine di Benito Mussolini, datato 7 giugno 1939 a firma del generale Valle. La sistemazione di un deposito di munizioni speciali nelle gallerie ferroviarie di Urbino - su progetto da Padova della II Regione Aerea - trasformò il centro storico di questo mirabile luogo in un potenziale bersaglio militare.
Fonte: Archivio di Stato di Urbino - foto Gilan |
Utilizzando ben tre gallerie ferroviarie di Urbino (3,516 km), del Pallino (3,448 km) e Casinina, mai usate per i treni civili, fu installato per finalità belliche il 14° Deposito della Regia Aeronautica. Secondo il Gruppo Speleologico Urbinate queste aree non sono mai state bonificate, alla stregua del litorale da Pesaro a Cattolica dove i soldati tedeschi affondarono migliaia di pericolosi ordigni. E in effetti non esistono atti istituzionali o militari ad attestare il contrario, ovvero il risanamento e la messa in sicurezza. Perché le autorità italiane non fanno valere con la Germania il principio universale racchiuso nella definizione "chi inquina paga"? Perché il territorio italiano non viene sanato da queste cancrenose ferite?
Fonte: Archivio di Stato di Urbino - foto Gilan |
Il 9 dicembre del 1943 il Sonderkommando Meyer si impadronì del temibile arsenale proibito. Poi sul confine della Linea Gotica giunse l'ordine di Hitler di affondarle nel Mare Adriatico, prima dell'arrivo il 28 agosto 1944 degli Alleati (la 4ª Divisione indiana).
Le truppe germaniche in ritirata dopo aver minato il territorio da Urbino a
Pesaro, fecero esplodere gli ingressi di due gallerie e inabissarono
una parte dei pericolosi esplosivi a 3 miglia da Pesaro, in quattro
aree marine disseminate fino a Cattolica, incluse Casteldimezzo e
Fiorenzuola di Focara. Vale a dire: ben 1316 tonnellate di iprite e
84 tonnellate di arsenico. Innumerevli sono gli incidenti documentati ufficialmente a danno dei pescatori. Il sonar non sbaglia e le testimonianze dei lavoratori del mare risultano esatte: attualmente il basso fondale fangoso è un tappeto di micidiali bombe ormai corrose. E ogni tanto qualche bomba viene a prendere la tintarella sulla battigia. Le sostanze tossiche (iprite e arsenico) sono già entrate nella catena alimentare? Maree, correnti e ripescaggio accidentale hanno contribuito a spostarle? Perché far finta di niente?
foto Gilan |
Sia le gallerie ferroviarie sotto Urbino che il litorale da Pesaro a Cattolica non sono mai bonificate.
foto Gilan |
Nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati del 20 novembre 1951, in risposta a una interrogazione dell'onorevole Capalozza, il Sottosegretario alla Marina mercantile, onorevole Tambroni, confermava la presenza di tale arsenale nei fondali e individuava anche le coordinate dei siti ove si sarebbero trovate almeno una parte delle bombe, ma da allora nulla si è fatto per la bonifica dell'area, né tantomeno è stato oggetto di discussione in ambito parlamentare.
fonte Alessandro Lelli |
Il sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, in data 10 marzo e 30 aprile 2010 ha inviato al Ministro della Difesa due lettere per sollecitare spiegazioni e provvedimenti sopra in oggetto; il 21 giugno 2010 il sottosegretario alla difesa, onorevole, Giuseppe Cossiga (già presidente dell'Aiad, nonché figlio di un padre depistatore per eccellenza), propinò al sindaco una menzogna colossale, sostenendo che il dicastero «ha promosso i pertinenti approfondimenti e che le ricerche e le bonifiche dell'area sono state portate a termine tra il 1945 e il 1950. Da alcuni documenti risalenti al mese di luglio 1944 risulta testimoniato l’affondamento di ordigni al largo di Pesaro mediante una chiatta denominata ‘Maria Pia’. Peraltro l’esame della documentazione concernente ‘l’attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina Militare’ ha confermato l’attività di bonifica svolta dalla predetta Forza Armata tra il 1945 e il 1950 nei porti e nelle acque interessate dalla presenza di ordigni bellici incluso il tratto di mare di fronte alla costa del Suo Comune: in tale ambito risulta essere stato recuperato e neutralizzato un ingente quantitativo di ‘fusti e bombe ad aggressivi chimici’ per un totale di 9345 ordigni. In tale quadro ulteriori attività per la verifica dei fondali in parola appaiono di dubbia utilità e foriere di ingiustificato allarmismo».
Riferimenti:
Gianni Lannes, Italia USA e getta, Arianna editrice, Bologna, 2014.
Gianni Lannes, Bombe a...mare, Nexus edizioni, Battaglia Terme, 2018.
https://shop.nexusedizioni.it/products/bombe-a-mare
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=iprite
https://www.lestradeferrate.it/mono25.htm
https://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0801/rsi0801.pdf
https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/armi-chimiche-fondali-fe8b57f0
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/iprite-mare-adriatico-c2610303
https://www.ferrovieabbandonate.it/linea_dismessa.php?id=17
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