foto Gilan |
di Gianni Lannes
Nessun diritto alla salute. Nel Belpaese per una Tac in ambito pubblico l'attesa è di mesi, mentre a pagamento si può fare istantaneamente. Ecco la nuda realtà italiana: la spesa sanitaria non è in grado di assicurare il rispetot feri libeììvelli essenziali di assisttenzxa e l'autonomia differenziatam rischia di ampliare il divario Nord e Sud. Il Servizio sanitartiol nazionale è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di acecsso ai percorsi di diagnosi e cura, aumernto delle diseguaglianze regionali e sociali. A parte la propaganda meloninana, l'investimento stanziato perla cura della sòaute dal governino Meloni nell'ultima legge di bilancio è di appena 131 miliardi, molto meno che in altri paesi europei (Gewrmania: 423 miliardi, Francia 271). Secondo la recente relazione al Parlamento della Corte dei Conti, infatti, "A parità di potere d'acquisto la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella della Germania". Ben 12 regioni su 20 risultano inadempienti. Quanto alla ptrevenzione, non è mai pervenuta. E va sempre peggio. I tempi per accedere alle prestazioni sanitarie di base, non solo a quelle più complesse, sono decisamente catastrofici, a tutto beneficio del lucro privato.
Ormai l'attesa appare talmente connaturata alla malattia che i malati si chiamano "pazienti", persone dunque che non solo soffrono ma attendono, che sono rassegnate ad aspettare e per le quali la malattia non è solo un'interruzione, ma anche un momento di conoscenza della realtà, insomma un addestramento spietato all'esistenza. Proprio in Italia l'attesa ha assunto una connoazione esclusivamente negativa, con una sanità di mercato disamministrata da figure manageriali cui è affidata la gestione di una sanità aziendalizzata e sempre più fallimentare.
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