di Gianni Lannes
“Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”: è il titolo del decreto legge numero 35 emanato il 31 marzo 2023 dall'inquilino del Quirinale Sergio Mattarella. Dopo oltre 50 anni di studi, progetti di fattibilità e persino un inizio di realizzazione poi arrestato, il Ponte sullo Stretto, un’opera che Wikipedia definisce “futuribile”, diventa urgente. Insomma, l'ennesimo ingente sperpero annunciato di denaro pubblico. E la criminalità organizzata è già all'opera.
Nella relazione presentata alle Camere il 31 marzo scorso dal primo ministro Giorgia Meloni e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini (di concerto con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti) si legge alle pagine 1-2 che “Il Ponte sullo Stretto costituisce inoltre un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi militari NATO nell’Italia meridionale”.
Comunque, per la cronaca documentata, i relatori del Ddf 1067 in discussione attualmente alla Camera sono Battistoni Francesco di Forza Italia e Furgiuele Domenico della Lega.
Una singolare coincidenza? Alla vigilia delle elezioni politiche del ’92, l'avvocato Sergio Mattarella aveva ricevuto nella sua segreteria di via Libertà a Palermo una busta: il mittente era l’imprenditore agrigentino Filippo Salamone titolare della Impresem, che qualche anno dopo si sarebbe beccato una condanna per concorso in mafia con l’accusa di essere l’erede di Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina. Ma questa è un'altra storia.
Quanto costerà l'operazione pontile - auspicata dalla mafia - voluta dal ministro pro tempore Matteo Salvini? Intanto la mastodontica opera è un pozzo senza fondo. Un nuovo emendamento della Lega prevede un secondo ulteriore adeguamento nei prezzi di realizzazione dell'opera. Così i costi lievitano ancora e sforano i 15 miliardi di euro. Non solo l'adeguamento Istat e un aumento previsto già del vecchio contratto. Ma anche un ulteriore incremento dovuto "all'eccezionalità dell'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'energia". Il tutto senza quantificare davvero quanto spenderà in più lo Stato. Ma che importa, l'importante è continuare e prevedere spese per il Ponte sullo Stretto che non c'è.
Il Def certifica che non ci sono soldi per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e stima che il costo per la realizzazione del ponte e opere complementari sarà di oltre 14,6 miliardi di euro che rischieranno di diventare almeno 20: una follia perché così si sottraggono risorse al ritardo infrastrutturale del sud dal punto di vista sociale e del trasporto ferroviario. Soldi pubblici utilizzati solo per fare propaganda, utile solo a «coprire» le negligenze e le inefficienze dell'eterodiretto governo Meloni.
Siamo di fronte a una vera e propria «truffa» politica e mediatica di chi vorrebbe realizzare al solo scopo di fare propaganda un ponte senza avere i soldi per finanziarlo, ma si stanziano al momento solo 340 milioni di euro per finanziare concessione e studi di progettazione.
Un ponte che non regge anche dal punto di vista ingegneristico, considerato che non esiste al mondo un ponte a campata unica con ferrovia lungo 3,3 chilometri. Nel mondo non è mai stato costruito un ponte a campata unica più lungo di quello di Akashi (1,99 chilometri, in Giappone): quello di Messina sarà lungo il doppio e ancora non si comprende bene utilizzando quali materiali.
Dopo 40 anni di polemiche in cui è stato dimostrato in tutte le maniere che il ponte non è conveniente economicamente, non è conveniente ecologicamente e paesaggisticamente, e soprattutto geologicamente.
Peraltro, se si vogliono rispettare le leggi europee di finanziamento, il pedaggio sarebbe caro; si ricorda che tutti i grandi attraversamenti del mondo, dal Golden Gate al tunnel sotto la Manica, o costano parecchio oppure sono in deficit.
Un'assurdità priva di qualsiasi fondamento geologico, naturalistico e culturale, che sembra frutto, oltre che di incompetenza, dell'incapacità di convivere armonicamente col mondo circostante;
la struttura societaria che sovraintenderà all'edificazione prevede che la moribonda società «Stretto di Messina», in liquidazione, torni in bonis e si trasformi in una società in house con la partecipazione di Rfi, Anas, delle regioni Sicilia e Calabria e per una quota di maggioranza del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
come intendano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, finanziare un'opera così costosa che pone numerosi problemi, oltre a quelli economici, elencati in premessa;
se non ritengano, proprio alla luce di quanto evidenziato, utilizzare detti finanziamenti per l'ammodernamento delle infrastrutture della Sicilia e della Calabria.
Le cronache quasi ogni giorno riferiscono di un intervento del Ministro in indirizzo sul tema della realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, i cui lavori, secondo le previsioni di questo Governo, avranno inizio entro due anni e termineranno, auspicabilmente, entro 60 mesi dalla data di avvio.
Invece di questa gigantesca opera infrastrutturale, si rende necessario un intervento che consenta di attuare finalmente la tanto decantata continuità territoriale della Sicilia che, finora, è rimasta solo un diritto sulla carta. Da numerosi anni l'attraversamento dello stretto è gestito in modo inefficiente e deficitario, con un servizio che è insufficiente sia con riferimento alla quantità dei viaggiatori che devono attraversare questo tratto di mare, sia con riferimento alla qualità del servizio. Ci si riferisce al trasporto ferroviario da e per la Sicilia. I treni che viaggiano da e verso la Sicilia si dividono in due tipologie: i treni ad alta velocità (Frecciarossa, Freccia Argento, Frecciarossa 1000) che però non arrivano in Sicilia, si fermano a Reggio Calabria. Per consentire ai passeggeri di raggiungere la Sicilia il decreto legislativo n. 50 del 2017, art. 47, comma 11-bis, ha riconosciuto a RFI S.p.A. (concessionaria di tutto il servizio ferroviario per 60 anni in forza del decreto del Ministro dei trasporti n. 138 del 2000) di effettuare di collegamento ferroviario via mare tra la Sicilia e la penisola "anche attraverso l'impiego di mezzi navali veloci il cui modello di esercizio sia correlato al servizio di trasporto ferroviario da e per la Sicilia, in particolare nelle tratte di andata e ritorno, Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria, da attuare nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente destinate al Contratto di programma-parte servizi tra lo Stato e la società Rete ferroviaria italiana S.p.A. e fermi restando i servizi ivi stabiliti". Ovviamente questi collegamenti con i mezzi veloci non sono continuativi, ma dipendono strettamente dagli orari dei treni ad alta velocità. Si tratta di appena 16 corse giornaliere (distribuite tra le stazioni di Villa San Giovanni e Reggio Calabria); se poi il treno (ad alta velocità) arriva in ritardo, ovviamente il passeggero non ha alcuna certezza che il mezzo veloce (marittimo) lo attenderà all'imbarco per consentirgli di raggiungere la Sicilia. In questi casi i passeggeri sono costretti a recarsi a piedi dalla stazione ferroviaria di Villa San Giovanni fino all'imbarco delle navi traghetto, percorrendo all'incirca un chilometro a piedi, su un tratto di strada che non è neppure provvisto di una banchina né di qualsiasi altro servizio di assistenza di terra per i passeggeri.
E non va meglio neppure ai passeggeri che viaggiano sui treni delle linee del "servizio ferroviario universale a lunga percorrenza", cioè quei treni che partono dal Nord Italia e che, arrivati a Reggio Calabria, vengono scomposti e imbarcati sulle navi "a 4 binari". RFI garantisce questo servizio di fatto solo da due navi, che sono la "Iginia" (univa nave nuova) e la "Messina" (che ha già 11 anni di esercizio); mentre le altre due, nave "Villa" e nave "Scilla" (entrambe con circa 40 anni di esercizio) sono in riserva e in cantiere per le manutenzioni. Il viaggiatore da e per la Sicilia patisce un servizio deficitario, con pochissimi collegamenti, con orari che non tengono conto delle reali esigenze dell'utenza, senza beneficiare di alcun servizio di terra, né in termini di servizio di ristorazione né in termini di assistenza bagagli, servizi per la mobilità ridotta, eccetera, e i passeggeri sono abbandonati a sé stessi, con tutti i bagagli e numerose difficoltà del caso.
La continuità territoriale della Sicilia non è più un tema che può essere rimandato e di certo non si può attendere che venga realizzato il ponte sullo stretto e dire ai siciliani che fino ad allora dovranno accontentarsi di un servizio che di anno in anno arretra in termini di qualità e quantità.
Riferimenti:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/03/31/23G00043/sg
https://comunicazione.camera.it/archivio-prima-pagina/19-27092
http://documenti.camera.it/_dati/leg19/lavori/documentiparlamentari/IndiceETesti/057/001/INTERO.pdf
https://www.camera.it/leg19/126?tab=&leg=19&idDocumento=1067&sede=&tipo=
https://www.camera.it/leg19/29?shadow_deputato=307718&idpersona=307718&idlegislatura=19
https://www.strettoweb.com/2023/05/ponte-fallimento-governo-pd-m5s-salvini/1519103/
https://www.icsaicstoria.it/wp-content/uploads/2020/02/I_Padrini_del_Ponte._Affari_di_mafia_sul.pdf
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mattarella
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mafia
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=muos
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