22.3.23

USA&ITALIA: FINTA LOTTA ALLA MAFIA!

  



di Gianni Lannes

Parola d'ordine: lotta alla mafia, ma per finta. I militari anglo-americani erano appena sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943, ma già sapevano che si trattava di un luogo speciale. C’è un rapporto del capitano W.E. Scotten, consegnato al generale Julius Holmes: un documento intitolato Memorandum sul problema della mafia in Sicilia. Il documento porta la data del 29 ottobre 1943 - pagine custodite nei National Archives di Londra - c´è la prova di un accordo cercato dagli agenti segreti statunitensi e britannici con la mafia siciliana. Uno dei primi, uno dei tanti. Si tratta di un documento in cui si ritrovano le tracce di un negoziato fra gli apparati di sicurezza e le "famiglie", la genesi di un patto che porterà in Italia - anno dopo anno e strage dopo strage - all'abitudine "trattativista", al dialogo occulto fra poteri politici e poteri criminali.



Dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) fino all’eliminazione di Enrico Mattei nel 1962, alla strage di Capaci, poi via D’Amelio nel 1992 e così via; dalle spie inglesi agli uomini dei servizi di sicurezza italiani, un intrigo che affonda le sue radici nei mesi che seguirono l´Operazione Husky, nome in codice dell´invasione alleata dell´isola.

Il capitano dei servizi segreti USA, W.E. Scotten fu incaricato di redigere un rapporto sulla situazione. Il documento è di straordinario interesse per la storia di quegli anni e rivela la piena consapevolezza dei cosiddetti “alleati” della gravità dei processi che essi stessi avevano innescato.

«Secondo alcuni fatti – scrive Scotten – l'Amgot non è solo svantaggiata nel trattare con la mafia ma ha finito per farne il gioco». Scotten poi passava a indicare tre possibili soluzioni. Arresto e deportazione per tuta la durata della guerra di 5000 o 600 capimafia “senza badare alle personalità e alle connessioni politiche”. In tal modo per qualche anno la mafia sarebbe stata frenata e la popolazione avrebbe acquisito il senso della legalità; nel frattempo la polizia si sarebbe riorganizzata ed avrebbe potuto contrastare con pienezza di mezzi l'eventuale ripresa di attività mafiose. La seconda ipotesi prevedeva un accordo con la mafia, che avrebbe dovuto rinunciare all'ingresso sul mercato degli alimenti e dei generi di prima necessità, nonché ad azioni contro obiettivi militari. In cambio gli alleati non avrebbero interferito nelle vicende della mafia, salvo a chiedere la punizione per i reati comuni. Non ci sarebbe stata, insomma, un'azione repressiva contro la mafia. La terza soluzione prevedeva la via della resistenza e del contenimento, ma senza azioni dirette a distruggere l'organizzazione mafiosa che aveva aiutato Washington e Londra ad invadere la Sicilia. Non si è mai trovata la risposta dell'autorità superiore, forse perduta o probabilmente mai inviata. Ma le vicende successive fanno ritenere che si sia optato, di fatto, per la seconda soluzione.

Il 10 febbraio 1947 entravano in vigore le clausole politiche inserite ex novo nel trattato di pace con l'Italia (firmato a Parigi), il cui articolo 16, formulato su proposta e condizioni del rappresentante USA, recita: «L'Italia non perseguirà né disturberà i cittadini italiani, particolarmente i componenti delle forze armate, per il solo fatto di avere, nel corso del periodo tra il 10 giugno 1943 e la data di entrata in vigore del presente trattato espresso la loro simpatia per la causa delle Potenze Alleate e Associate o di avere condotto azioni a favore di detta causa». La mancanza di indicazioni e precisazioni per le generiche parole “cittadini italiani”, ha fatto desumere che nella genericità si volessero tutelare in termini politici, penali e amministrativi, gli individui che, proprio in quel periodo, le autorità nordamericane espellevano dal proprio territorio consegnandoli alle autorità italiane (come Lucky Luciano), e quei personaggi della vita siciliana (come Calogero Vizzini e Santo Flores di Partinico) già colpiti da provvedimenti della polizia contro la mafia. La validità temporale di quelle clausole è ancora in vigore.


Nel 1945 uno dei leader della Democrazia Cristiana in Sicilia, Bernardo Mattarella, padre di quel Piersanti che verrà ucciso dalla mafia nei primi anni '80, scrisse addirittura un articolo su “Il popolo”, giornale cattolico, in cui dava il benvenuto all'ingresso di don Calogero nelle file della DC.  

Negli allegati alla relazione della Commissione Antimafia si legge: «… Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò le sue scelte politiche verso la Democrazia Cristiana. Questo partito, nelle sue sfere provinciali e regionali, ben comprese il grande apporto che alle fortune politiche dei dirigenti e del partito stesso poteva arrecare l'orientamento di Calogero Vizzini e perciò della mafia in generale, e non esitò ad accogliere i mafiosi nelle sue file. [...] A Villalba, praticamente, l'intera mafia entrò nella DC; a Vallelunga Lillo Malta passa alla DC con tutto il suo seguito: i Madonia, i Sinatra ecc.; anche il gruppo Cammarata passò alla DC. A Mussomeli Genco Russo e tutto il suo seguito si iscrissero alla DC assumendo la direzione della sezione».

È la storia che si tramuta in cronaca sotto i nostri occhi distratti. Vicende remote che si intrecciano con l´attualità più inquietante, le carte del passato che in qualche modo spiegano un presente nebuloso: lunghe e indisturbate latitanze dorate di capi mafiosi (Riina, Provenzano, Messina Denaro, eccetera), covi immancabilmente protetti, complicità fra alti funzionari dello Stato, intercessioni di ministri, ufficiali dei carabinieri e assassini, massacri di Cosa Nostra e depistaggi, bombe di mafia e di Stato.


Riferimenti:

https://ia803201.us.archive.org/35/items/captain-scottens-report-on-the-problem-of-mafia-in-sicily/rapporto-scotten.pdf

http://www.anvgd.it/documenti/TrattatodiPace.pdf

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=scotten

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mattarella




Nessun commento:

Posta un commento

Gradita firma degli utenti.