di Gianni Lannes
Le menzogne prima o poi vengono a galla. Il 21 gennaio dell'anno 2000 nel Tirreno il peschereccio Bartolomeo di Gaeta ripesca una parte del relitto del velivolo F-4J Phantom dell'US Navy. “Sapevamo di due nostri caccia”, hanno dichiarato laconicamente i portavoce Usa, “che erano precipitati nel Tirreno al termine di una missione. Sulla zona era calata una fitta nebbia e i velivoli avevano avuto difficoltà a ritrovare la Saratoga, la portaerei da cui erano decollati. Erano a corto di carburante e i piloti non hanno avuta altra scelta che lanciarsi e abbandonare i caccia”. Tutto questo avveniva nel 1974, secondo la versione ufficiale delle autorità militari USA. L'anno è stato indicato confrontando il numero impresso sulla carlinga del caccia, 157303, con la data in cui è stato denunciato l'incidente. Eppure nessuno, autorità militari Nato o nordamericane in testa, si era preoccupato di ripescare i relitti di due caccia, perfettamente operativi all'epoca, impiegati sulla portaerei Saratoga. Inoltre, il riferimento al Phantom con targa a stelle e strisce che - quella sera del 27 giugno 1980 - sfreccia sull'aerovia civile Ambra 13 intercorre nelle note conversazioni registrate dei controllori di volo.
E ancora. Il tronco di coda con la "scatola nera" del DC9 affondato fu recuperato non tra il 17 aprile 1988 e il 25 maggio 1988 secondo la deposizione alla commissione stragi dell'ingegner Lovaglio della francese IFREMER collegata ai servizi segreti transalpini (Sdece), ma in data di gran lunga antecedente come conferma il telegramma 13891 della nave Carducci che avvista il troncone di coda in data 28 giugno 1980. Il troncone di coda conteneva il "data flight recorder": chi lo ha sequestrato per 8 anni e cosa ne ha fatto?
Il DC9 Itavia fu avvistato alle ore 7:28 del 28 giugno 1980 sott'acqua, ma ancora ben visibile dall'aereo della Marina Militare italiana Atlantic Breguet. Non risulta che alcun organo inquirente (il giudice istruttore Rosario Priore e i magistrati suoi predecessori come Bucarelli e Santacroce) abbia preso in considerazione questo rapporto militare e abbia dato seguito a questa tempestiva e fondamentale testimonianza, in particolare quella del comandante, l'allora tenente di vascello Sergio Bonifacio.
È importante rilevare che l'avvistamento da parte dell'Atlantic Breguet del DC9 avviene precisamente alle 7:28 con coordinate 39 49' N, 12 55' E, cioè a circa 110 chilometri a nord-ovest, e quindi all'indietro rispetto alla rotta del DC9 sull'aerovia Ambra 13, dell'ultimo rilevamento della torre di controllo di Ciampino (39 20' N, 13 10' E) delle ore 21.
I cadaveri iniziano ad emergere alle ore 9:45. Infatti nel diario di bordo (Formex 101) redatto dal comandante Bonifacio si legge: “Alle 0745Z si avvista il primo cadavere. Successivamente continuano ad affiorare, nella stessa posizione, altri cadaveri per un numero approssimato di 40 al momento dell'OFF TASK...”. Quindi, da un punto preciso del mare, sono riaffiorati corpi e resti dell'aereo. Da un unico punto, largo poche decine di metri, secondo la testimonianza diretta dell'equipaggio del velivolo della Marina militare italiana Atlantic Breguet. Secondo l'ex ufficiale pilota Sergio Bonifacio (testimone oculare dell'evento) “quella fuoriuscita così raccolta di corpi e pezzi di aereo significa che l'aereo è riuscito ad ammarare e si trovava, 10 e più ore dopo, sostanzialmente integro a pochi metri di profondità”, prima di sprofondare sul fondale a 3.750 metri. La scienza e la logica attestano, peraltro, che già sotto i meno 100 metri i cadaveri non risalgono sulla superficie del mare.
Secondo il comandante Bonifacio, “i corpi emersi il 28 mattino alle 09:45, non avrebbero potuto farlo, per il fondale di 3.800 metri in quel punto, se non trattenuti dentro l'aereo a qualche decina di metri sotto la superficie”.
Nella lista delle 39 salme ufficialmente recuperate (in realtà 42) tutti senza scarpe, figurano 18 donne, 9 bambini di età compresa tra gli 8 mesi e i 13 anni, 7 persone ferite, tra le quali il carabiniere Giuseppe Cammarata con piede troncato e manica di camicia strappata attorno al ginocchio a mò di laccio emostatico; inoltre uno dei corpi recuperati è quello di una signora che è stata trovata abbracciata al figlio di 8 mesi, fatto in totale contrasto con l'ipotesi di un'esplosione in volo e del conseguente impatto sul mare.
Nella lista delle 42 salme non recuperate figurano invece 29 uomini e tre nuclei familiari. La singolarità di questa distribuzione delle salme recuperate è agevolmente interpretabile in coerenza con l'avvistamento dell'Atlantic Breguet di cui al punto precedente, se si ritiene che il DC9 sia ammarato e che i passeggeri fossero stati disposti in ordine di uscita: prima donne, bambini e feriti, dopo uomini e 3 nuclei di persone che non vogliono separarsi.
Nell'ipotesi di ammaraggio è opportuno chiedersi come mai la nave Carducci avvisti, due ore e mezzo dopo l'Atlantic Breguet, il solo troncone di coda del DC9 in posizione 39 31'N, 13 13' E. La domanda potrebbe essere utilmente rivolta alla nave Bucaneer e forse all'elicottero SH3D Maristaeli o altro velivolo in volo quella mattina. Sul perché il solo troncone di coda, potrebbe essere chiesto al sottomarino francese Dyane presente nella zona per esercitazioni e avvistato anch'esso dall'Atlantic Breguet, ma anche alla corvetta francese Drogou e alla portaerei francese Clemenceau presenti anche esse nel Tirreno per esercitazioni, unitamente all'incrociatore Vittorio Veneto, dirottato nottetempo a La Spezia.
Informazioni sull'ammaraggio del DC9 non possono più essere chieste ai capitani Nutarelli e Naldini, decollati da Grosseto alle 20:30 del 27 giugno 1980 e morti nell'incidente di Ramstein (l'esibizione della pattuglia tricolore), pochi giorni prima di presentarsi al giudice Bucarelli (vedasi menzogna del giudice Priore nel suo libro Intrigo internazionale) che li avrebbe dovuti interrogare sul volo della sera del 27 giugno 1980. Da Grosseto però si erano levati alla stessa ora di quel giorno tre caccia: sarebbe il caso di rintracciare finalmente il terzo pilota. l'ammaraggio del DC9.
Informazioni preziose si avrebbero dalle testimonianze, dalle foto e dalle riprese effettuate dai velivoli in volo nell'area fin dalle prime ore del 28 giugno 1980, incluse le riprese effettuate per la RAI da bordo di un elicottero militare e che sembra strano siano disponibili solo a partire dal primo affiorare delle salme; un apporto decisivo per la ricostruzione degli eventi si avrebbe poi dalla sede militare operativa in cui pervengono tutte le informazioni relative all'area.
Nel gennaio 2000 l'intervento dell'ambasciata USA a Roma risultò comunque fulmineo: “L'aereo ritrovato non ha nulla a che fare con la strage in cui morirono gli ottantuno italiani che venti anni fa viaggiavano da Bologna a Palermo sul Dc-9 della compagnia Itavia”. Secondo l' ambasciata, il relitto è effettivamente quello di un F-4J dell'aviazione statunitense, ma precipitò, assieme a un altro velivolo identico, nel 1974, durante una esercitazione. I piloti si salvarono.
Il caso, però, non è chiuso. Il luogo del ritrovamento si trova infatti sulla rotta civile Ambra 13 - nel tratto da Ponza a Ustica - seguita dal Dc9 dell'Itavia la sera del 27 giugno 1980. E tracce di un aereo statunitense (un serbatoio) erano state trovate nel 1992 nella stessa zona di mare. Inoltre questa scoperta richiama quanto nel 1990 rivelò l'allora capo del Sismi, ammiraglio Fulvio Martini, alla commissione stragi ("Se nello scenario di Ustica c' era un caccia militare, non poteva che essere americano o francese") e riporta alla memoria il fatto che la portaerei americana "Saratoga" si trovava nel golfo di Napoli.
Esattamente il 23 ottobre 1974, rientrando da una missione una coppia di F4J imbarcati sulla USS AMERICA, per le pessime condizioni meto-marittime vengono dirottati sulla Base Aerea di Grazzanise, dove non arriveranno mai. Le condizioni meteorologiche erano molto severe anche sull’Italia Centro Meridionale e i due aerei, dovendo attraversare un territorio montuoso e sconosciuto, con una copertura di nubi spessa e bassa, si separano per evitare collisioni. Il volo si prolunga più del previsto, ed entrambi si trovano a corto di carburante. Il velivolo AC205 #157303, appartenente al VF-103 “Sluggers” ( quello che poi diventerà “Jolly Rogers”), raggiunge Gaeta ed inizia la fase finale di avvicinamento a Grazzanise dove sarebbe dovuto atterrare per la pista “24”. Completamente privo di carburante, cade in mare poco al largo di Punta Stendardo, permettendo la preparazione della procedura di eiezione dell’equipaggio. Il pilota, Ltj Saunders ed il suo RIO Lt J.G.J. Turnbull, vengono subito soccorsi. L’aereo, poggiato su di un fondale di una trentina di metri, viene recuperato in tronconi nei giorni successivi. I rottami vennero portati a Capodichino e sistemati in un prato poco distante la Stazione Meteorologica. L’altro velivolo, l’AC 213, #155516, si perde attraversando il Molise, termina il carburante e l’equipaggio si eietta. Il Phantom precipita nei pressi di Sepino ed il pilota R. Plutt ed il RIO ENS G.Willkinson raggiungono il suolo col paracadute. Anche i rottami di questo velivolo vengono portati a Capodichino ma non saranno collocati insieme a quelli dell’altro Phantom. I due velivoli portavano la scritta USS SARATOGA, come si evince anche dalle due foto allegate scattate sul ponte della USS AMERICA il 1° Ottobre 1974 a Solen. Durante questa crociera, la portaerei imbarcava il CVW-8, con codice di coda “AJ” e non avendo disponibili alcuni Squadrons di appartenenza, la USN li rimpiazzò con altri che mantenevano il nome dell’unità di appartenenza, in questo caso la USS SARATOGA.
Dunque, a rigor di logica e di cronaca documentale basata sui fatti, l'F-4J Phantom dell'US Navy, ritrovato al largo di Ponza nel 2000, era un altro aereo di cui le autorità di Washington non avevano mai segnalato la scomparsa. Forse perché era coinvolto nella strage di Ustica?
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