18.1.19

PEDOFILIA IN ITALIA


  

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2018/10/gianni-lannes-si-e-dimesso-da-puntozero.html

di Antonietta Montagano*

Abbiamo chiesto un’intervista ad un protagonista della lotta contro la pedofilia internazionale, un sacerdote al servizio dei più deboli, don Fortunato Di Noto, fondatore ed esperto dell’Associazione Meter.

Buonasera Don Di Noto. Lei difende gli indifesi e lo fa con impegno, dedizione e amore da più di 28 anni, ha avuto anche qualche minaccia ma non ha mai desistito.
Come nasce l’Associazione Meter, con chi collabora e come opera? 

«Innanzitutto non si può desistere quando uno sta dalla parte dei piccoli, dei deboli e dei vulnerabili, anzi è una vera e propria chiamata del Vangelo per me, dato che sono un prete e poi ovviamente un uomo, un cittadino. È necessario stare dalla parte dei piccoli e dei deboli. Questo impegno ha una storia che nasce dal racconto della mia stessa vita. Già da adolescente andavo con il parroco di allora negli orfanotrofi e da li mi domandavo sempre le questioni che erano legate all’abbandono dei bambini, ai maltrattamenti, agli abusi. Poi successivamente quando sono cresciuto la mia sensibilità è stata affinata. Poi giovanissimo diacono, ricordo quando venivano a raccontare i bambini le cose fatte dai grandi. Negli anni ‘80 mi ricordo con un fantomatico collegamento internet, vidi per la prima volta un immagine pedopornografica, da li iniziò tutta un’attività con l’Associazione Meter, anche perché tutto nasce improvvisato in parrocchia cioè non è che noi avevamo messo a tavolino, non avevamo nemmeno una lira da poter investire, con il sostentamento del clero investivo con un computer, comprammo le prime strumentazioni. I giovani mi accompagnarono in questo percorso di difesa, inoltrando le prime denunce alla magistratura. Ma allora non avevano nemmeno gli strumenti; i giudici a quel tempo, mi presero un po’ per visionario. Questo prete ci dice che c’è la pedofilia, che la pornografia si è diffusa attraverso internet. Non è che mi hanno visto di buon occhio, e quindi di conseguenza, quasi non se ne parlava affatto. All’epoca feci una ricerca sul database dell’ANSA relativa alle notizie dall’84 al 2000, e scoprii che non se ne parlava quasi mai. Così iniziò quell’attività e certamente iniziò anche l’attenzione istituzionale del Parlamento italiano che approvò una mozione che porta il mio nome. Quindi con l’associazione Meter ci siamo impegnati tantissimo e da li nasce tutto. La prima sentenza contro la diffusione del materiale pedopornografico risale al 1997. Sa come la fecero a Milano? Per atti osceni in luogo pubblico perché non c’era neanche una legge».

In questi anni ha salvato molti bambini, lei svolge attività costante di monitoraggio per prevenire lo sfruttamento sessuale dei più piccoli a stretto contatto con le forze dell’ordine e della magistratura. Quanti sono i siti segnalati? Cosa è stato fatto e che cosa si può fare ancora affinché la lotta al fenomeno della pedofilia sia efficace?
«È importante stabilire che non è solo la denuncia. Noi negli ultimi 15 anni abbiamo fatto scattare in tutto il mondo e in Italia 23 operazioni della Polizia Postale, con circa 6000 indagati e tra i 300/400 arresti. L’attività della segnalazione dei siti online o anche le denunce formali che arrivano attraverso le nostre segnalazioni porta a frenare almeno, a fermare tutte queste persone perverse che sfruttano i bambini prepuberi. Perché quando noi parliamo di pedofilia e pedopornografia, stiamo parlando di bambini prepuberi cioè al di sotto dei 13 anni ed è drammatico. Basti pensare che quando abbiamo segnalato alcuni siti con il coinvolgimento dei neonati, questa veramente è la cosa più aberrante. Meter si occupa anche di formazione, informazione, prevenzione. Certo è che il fenomeno è estesissimo, drammatico, tragico, in Italia e nel mondo non c’è nazione che non è coinvolta con lo sfruttamento sessuale dei bambini. Si è fatto tanto perché l’Italia si è dotata di strumenti legislativi importanti e innovativi. Certo ancora oggi dobbiamo essere realisti, manca la collaborazione internazionale tra le forze di Polizia. Il web non è virtuale ma è reale, perché comunque è sempre una realtà di adescamento, di sfruttamento, non a caso la nostra legge italiana definisce queste forme di pedofilia e pedopornografia, le nuove forme di schiavitù. Si tratta di vere e proprie schiavitù sessuali a cui sono sottoposti i bambini. In quasi 35 Stati non c’è ancora una legge, in 78 stati non l’hanno definita come un vero e proprio reato: questo per dire che non c’è la coscienza esatta di quello che accade. Alla domanda ma la pedofilia, la pedopornografia è un crimine contro l’umanità? Io le posso testimoniare che nonostante tutto, non tutti sono d’accordo. Una comprensione di quello che accade nei confronti dei bambini, ciò non significa che non ci sono risposte, anzi al contrario le risposte ci sono, ma si potrebbe fare molto di più. Però non possiamo attivarci quando capita lo scandalo, anzi al contrario bisogna prevenire sempre, prevenire bene con formazione con le leggi con una capacità di collaborazione internazionale non soltanto tra le forze di polizia ma nella società».

Parliamo di Internet: in un’era nella quale c’è troppa esposizione da parte dei bambini e degli adolescenti, dare troppe informazioni personali sui social e nel web significa inevitabilmente esporsi. Quali sono le norme che tutelano le persone nel web a livello internazionale?

«Esiste il Deep Web. I pedofili si collegano ai server proxy, questi si trovano in paesi extracomunitari dove non ci sono leggi specifiche per la conservazione telematica dei dati. I server sono allocati fisicamente in Europa e in America, paesi quest’ultimi dove c’è un forte controllo sulla privacy. Quando si fa richiesta in caso di reato grave, si accede ai file LOG, file che vengono memorizzati all’interno dei server, da essi si risale all’IP e al gestore. Poi si fa la richiesta al giudice per avere il numero di telefono associato a quel determinato IP. Ma esiste anche un internet sommerso, il cosiddetto DEEP WEB. Questo tipo di connessione passa attraverso piattaforme e proxy difficilmente rintracciabili». Secondo lei come si può combattere il Deep Web?

«Il web conosciuto è utilizzato pochissimo in simili casi. quello che utilizziamo tutti quotidianamente dove è tutto tracciabile. La cosa grave è che le società informatiche ora si stanno molto interrogando sui trascurati i meccanismi di tutela della nostra vita. Forse siamo stati intrappolati nei meccanismi della non tutela della nostra privacy, abbiamo dato troppi elementi riconoscibili, abbiamo buttato dentro le nostre identità per marketing interattivo per la vendita delle nostre informazioni personali. Questo è esattamente un processo grave penoso che dovrebbe essere affrontato maggiormente. Il deep web certo è un altro mondo, si pensa 500 volte più grande del web riconosciuto quindi è estesissimo è infinito, e dove lì accade tutto. Proprio per la non visibilità, per l’impossibilità di essere rintracciabili, succedono le maggiori nefandezze che l’uomo possa compiere: compiere: dal traffico di armi, al traffico di droga, al traffico di bambini. Gran parte del materiale illecito e criminale passa da quel mondo: quel posto è anche facilmente accessibile, basta installare un software. E quindi chiunque potrebbe benissimo usufruire di quell’immenso spazio con anonimità, e se fa del male rimane impunito».

Se c’è mercato c’è richiesta. Secondo lei, manca la volontà o ci sono degli interessi nella produzione e commercializzazione del flusso del materiale pedopornografico delle organizzazioni? Perché si arriva ad agire solo nei confronti del fruitore e non si riesce a risalire all’intera organizzazione che a quando sembra sono invece ben strutturate, un po’ come succede per la mafia? Anche perché gli elementi penali ci sono: l’art 416 del C.P. prevede l’associazione per delinquere che potrebbe essere contestata laddove essa sia finalizzata alla commissione di reati legati alla pedopornografia.

«Si certo, tanta richiesta molta richiesta, la richiesta è molto elevata e la criminalità è veramente molto estesa. Comunque non è che tutti gli uomini del web di questo pianeta fanno azioni criminali, però certo l’ illecito, l’immoralità, la criminalità, legate allo sfruttamento dei bambini è elevatissima, con guadagni incalcolabili. La rete offre la possibilità di aggregazione e di comunità aggreganti criminali, con sistemi gerarchici dove c’è una vera e propria cupola che manovra tutto il mercato, e per mercato si intende dal bambino reale preso condizionato o indotto e schiavizzato per la produzione digitalizzata del corpo sessuale. È fondamentale poi lo smistamento attraverso i sistemi di diffusione e di richiesta anche con flussi economici elevatissimi. Allora se è vero come è vero che esiste questo sistema consolidato e verificato è molto consolidato, auto cosa si richiede semplicemente la volontà di applicare le leggi, la volontà di fare delle investigazioni mirate. È una questione di buona volontà. Le dirò ancora di più ci si vantano molti non so come li hanno contati uno per uno che ci sono 80 mila italiani che vanno ogni anno all’estero per il turismo sessuale, come se li avessero contati negli aeroporti uno per uno, non so questa statistica, i numeri da dove spuntano. Lei lo sa che nonostante la legge italiana che punisce gli italiani all’estero per sfruttamento sessuale, abuso sessuale eccetera, in 20 anni è stata fatta solo una operazione, una sola. Questo significa che veramente mancano fondi, forse mancano le risorse, forse manca il coordinamento, forse manca l’interesse, forse si pensa che in fondo in fondo è qualcosa che fino a un certo punto è grave si, ma non tanto grave da poter intervenire in maniera costante lucida e determinata. Ecco queste sono tutte domande che io mi pongo, come quella domanda che le ho fatto, la pedofilia è un crimine contro l’umanità? Questo è il problema. Io capisco che nel mondo ci sono tanti altri problemi ma lo sfruttamento sessuale e l’ abuso sessuale distruggono la vita dei bambini per sempre».

Lapedofilia e la pedopornografia sono reati gravissimi. Ho parlato con uno psicologo che ha tracciato un profilo, mi ha detto che i pedofili non vivono in un ambiente familiare tranquillo, di solito c’è la mancanza della figura paterna, e vivono in condizioni socio economiche disagiate di di sordine e abbandono. Poi ci sono casi in cui tali soggetti hanno un comportamento compulsivo di collezionare foto che poi magari non guardano nemmeno. Ci sono delle situazioni dove i pedofili dopo essere stati colti in flagranza di reato, anche dopo la reclusione hanno delle recidive. Don Fortunato, cosa pensa di questa descrizione? È possibile tracciare un profilo criminologico del pedofilo?

«Certo che lo possiamo tracciare, il pedofilo non è un malato ma se lo è possiamo dire che è un malato lucido, consapevole di quello che fa e rientra nella sfera dei perversi, cioè il soggetto pedofilo è colui che è perverso per eccellenza. La perversione è una distorsione seria, è un disturbo nella sfera della propria persona nel campo della sessualità in questo caso che l’oggetto del proprio godimento è solo ed esclusivamente il bambino. Bambini prepuberi, voglio ribadire questo perché molte volte sui giornali sa cosa scrivono? Ha abusato un 16 enne, ha abusato un 15enne non è un pedofilo vero, quello è un abusatore sessuale ma non ha niente a che vedere con lo specifico. Il pedofilo rientra nelle categorie degli insospettabili, la gente non se ne rende neanche conto che quella determinata persona è un pedofilo. Essi hanno una strategia, vanno dove ci sono i bambini, cercano i bambini, vogliono relazionarsi con loro. Vogliono vivere un amore perverso con loro, li mettono a loro agio, riempiono i vuoti affettivi che non hanno dato i genitori. Per questa ragione dico sempre che un bambino amato non sarò mai abusato, il bambino rispettato non sarà mai adescato, il bambino che ha i genitori o i tutori che lo difendono e sa chi sono i suoi punti di riferimento, il pedofilo ci pensa cento volte prima di andare ad adescare il bambino. Ecco i bambini vengono adescati perché vengono lasciati soli, perché non hanno punti di riferimento, perché gli adulti hanno perso una cosa fondamentale, vale a dire hanno dei doveri nei confronti dei figli. Il bambino solo, trascurato, maltrattato già, deriso, il
bambino anche ‘bullizzato’ può essere oggetto dell’adescamento di un adulto pedofilo, però certamente il pedofilo è una persona che richiede di essere fermato, se si fa aiutare. Il pedofilo però sta vivendo una sorta di tentativo di giustificazione del suo essere pedofilo. Non a caso poi ci sono i movimenti pro pedofilia che giustificano la pedofilia. Non c’è un  ormai Paese che non ha questo tipo di realtà, anzi le posso testimoniare che proprio alcuni pedofili culturali italiani mi hanno minacciato. È un fenomeno molto esteso, è molto diffusa la pedofilia culturale. Non a caso loro si definiscono pedofili virtuosi, loro dicono perché non possiamo vivere la nostra pedofilia, il nostro orientamento sessuale».

Scuola-famiglia: non ci sono più valori o si dà troppo peso al valore economico e non al tempo, lasciando i bambini troppo spessi soli. Come accorgersi se un bambino ha un problema? Si è perso il valore del rapporto interpersonale, sostituendolo con quello virtuale?

«Bisogna avere occhi per saper guardare dentro la realtà del disagio, questo è di fondamentale importanza. Evidentemente se il rapporto scuola genitori non è soltanto per un problema di trasmissione nozionistica della cultura, è vero che la cultura eleva l’uomo, ma è anche vero che la collaborazione nell’aspetto educativo e formativo è di fondamentale importanza. La domanda che noi ci poniamo, i genitori e anche le agenzie educative come la scuola e tante altre anche tutte le realtà religiose che danno un senso particolare alla vita nel credere in un Dio, nel credere in un qualcosa che dia senso alla vita. Si guarda più a fare soldi che non poi di fatto ad un investimento educativo culturale nei nostri bambini? Dovremmo aiutare anche economicamente le famiglie, perché quando lo Stato dimentica l’investimento nelle scuole, quando non fa un investimento nella cultura, quando le famiglie sono anche fiscalmente parlando molto oppresse da ciò che devono pagare e arrivano a stento a vivere, credo che occorra un atteggiamento che va fuori dai programmi politici, forse una politica nuova sulla famiglia. La famiglia è sempre più frantumata, divisa, minata al suo interno: noi sappiamo benissimo la troppa esposizione dei bambini a causa anche delle separazione e dei divorzi, che non è una cosa secondaria ma seria. Non c’è più una famiglia unita, oramai le famiglie sono allargate, i bambini  non hanno più punti di riferimento, questo incide molto nella vita dei bambini e chi lavora con i bambini si rende conto che è così, non si può dire che non è vero. Si cerca di offrire
percorsi di aiuto, le famiglie non devono essere lasciate da sole bisogna, riscoprire i ruoli».

Se c’è percezione del problema pedofilia perché non c’è reazione, forse per rassegnazione? Come si fa a vivere senza colpevolezza se si ha consapevolezza della realtà?

«Più che rassegnazione. La rassegnazione in fondo è come se uno avesse l’Io impazzito, una società impazzita che non vede più il dolore dell’altro. In una società globalizzata non sappiamo più soffrire con l’altro e per l’altro quindi se si viene a sapere di un bambino o di una bambina abusata non fa più neanche effetto, mentre un tempo per una cosa del genere si creava indignazione e nasceva anche una rete profonda di protesta. Oggi sapere che nel palazzo c’è una bambina che è stata abusata, non suscita nessuna reazione. Ecco un esempio concreto. Io sono molto vicino a Domenica Guardato, la mamma di Chicca, la bambina uccisa tragicamente a completamente isolata, abbandonata ed è dovuta andare via. Ma anche le istituzioni, l’assenza profonda assordante profonda delle istituzioni, perché è facile strapparsi i capelli, piangere un po’, ma il problema è che le vittime subiscono gli effetti collaterali anche per le famiglie, per chi rimane in vita in un certo qual senso e anche loro devono essere sostenute, non possono essere abbandonate a se stesse. Manca questa rete di protezione seria, profonda, nella società».

Dai vostri rapporti risulta che oltre alla pedopornografia c’è anche l’infantofilia: l’età media delle vittime è molto diminuita. Quali sono le conseguenze sia fisiche che psicologiche di una violenza subita in giovanissima età? Può parlarci di un caso che le è capitato mantenendo l’anonimato?

«Negli ultimi 14 anni abbiamo aiutato 1600 vittime quindi se dovrei pensare ad uno in particolare. Ci fu anche una bambina che avevamo noi scoperto online in una foto, e a distanza di 15 anni fu trovata. Lei aveva oramai 22 anni quando fu
individuata andammo a casa con lo psicologo e con la polizia e questa ragazza disse: “Oggi sto risorgendo mi avete portate la speranza”. Si sentono sempre schiavi, isolata abbandonati, con il dolore interiore. Storie ce ne sono tantissime, anche di vittime che si ripiegano su se stesse e non riescono a reagire; però è anche vero che se trovano in Meter nella nostra associazione al centro di ascolto, un punto di riferimento, un punto di grande speranza».

Parliamo dell’informazione di questa nuova forma di schiavitù. la sensazione che si ha è quella di una cattiva qualità dell’informazione.

«Sono molto convinto che chi deve fare informazione la deve fare correttamente, con competenza e professionalità. L’ informazione è un potere e può cambiare l’opinione altrui, quindi dipende da come noi facciamo informazione, dipende da come noi vogliamo comunicare, a cosa vogliamo puntare e a chi vogliamo arrivare affinché cambino non solo le opinioni ma che migliori il livello culturale, sociale del disagio in questo caso riferito al bambino. Allora i media possono dare un grande contributo nel far parlare chi ha competenza. La cultura è un antidoto anche preventivo agli abusi».

Il turismo sessuale all’estero vede anche gli italiani coinvolti, in che termini, in quali paesi vanno?

«Come le dicevo del turismo sessuale all’estero si parla di 80 mila italiani ogni anno che vanno nei paradisi sessuali, dove è possibile avere non soltanto adulti ma soprattutto minori. La legge italiana è chiara e persegue chi commette questi tipi di reati all’estero. È come se lo facesse nello stesso paese di appartenenza. Certo i tour operator potrebbero fare di più, mettendo non solo in modo leggibile il codice penale, potrebbero fare molto ma molto di più. Evidentemente quando dicono 80 mila non si sa come li abbiano contati, sono molti ma questo significa che non è stata fatta nessuna operazione internazionale. Il problema è che manca la volontà istituzionale, manca una strategia, manca un’elaborazione intelligente sufficiente per arrestare questi fenomeni aberranti».

Dai dati del Report 2017 dell’OSMOCOP di Meter osservando il grafico della geolocalizzazione dei server emerge che Europa e America sono la culla della maggior parte delle aziende che li gestiscono i server e permettono il funzionamento di molti siti o piattaforme in cui si divulga materiale pedopornografico, rispettivamente (8117 in Europa e 6341 in America). Mentre osservando il dato relativo alla collocazione geografica dell’estensione di dominio risulta che ci sono 10.843 link in Oceania/ Tonga e in Russia 1150 link. Come interpreta questi dati?

«Le estensioni di domini non significano che questi i paesi hanno il problema della pedopornografia in loco, l’estensione di dominio vuol significare che si vendono questi domini dove da tutto il mondo possono usufruirne l’utilizzo. se manca la collaborazione dei colossi del web e quindi dei responsabili di domini ed estensioni è una battaglia persa. Quello che noi abbiamo fatto come Meter è creare dei protocolli di lavoro importantissimi non soltanto con le polizie estere alcune, ma con i responsabili dell’estensione di dominio affinché si potesse intervenire subito, celermente e permettendo che loro stessi possano mandare tutto alle polizie locali. Solo con le collaborazioni si sconfigge il problema, non c’è altra via».

Parliamo infine di reato di prescrizione, onde evitare che i reati commessi in passato come nel caso dello scandalo del caso dell’Istituto Provolo di Verna che accoglie bambini sordomuti, possano ripetersi. Una novità importante è la recentissima riforma penale (legge 103/2017) riguardo la nuova disciplina di prescrizione del reato, la riforma modifica la tanto criticata legge ex Cirielli del 200 e stabilisce che d’ora in avanti la prescrizione venga sospesa per un periodo massimo di 18 mesi, sia dopo la condanna in primo grado sia dopo la condanna in appello. Cambia inoltre il periodo di prescrizione per chi commette reati gravi contro i minori. Attraverso l’aggiunta di un comma all’art. 158 c.p., la riforma stabilisce che nel caso di reati gravi nei confronti di minorenni e vittime vulnerabili, come i maltrattamenti in famiglia, la riduzione in schiavitù e la prostituzione e pornografia minorile, il termine della prescrizione decorra non da quando il fatto è stato presumibilmente commesso ma solo dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa. In questo caso, dunque, la possibilità di prescrizione viene fortemente ridotta e limitata».

Lei ritiene che l‘introduzione della sanzione penale in merito alla repressione dei fatti pedopornografici sia riuscita a conseguire le direttive che il legislatore si era prefissato?

«Certo io un reato del genere non lo lascerai mai prescritto, in linea però di sistema di garanzia giudiziario si pongono tante questioni, perché in effetti un reato commesso 30 anni fa come si fa a pensare che dopo 30 anni quando non c’è più neanche l’autore del reato perché defunto o perché non ci sono più le prove da riscontro. È quello che sta accadendo parallelamente con la Chiesa, stanno emergendo fatti di 70 anni, per carità gravissimi, prescritti, ma per la Chiesa poi diventa un dovere estremamente morale poter intervenire, fatti ripeto gravissimi, ma senza poi nessun riscontro oggettivo, perché dopo 40 /50 anni come si fa. Noi abbiamo seguito di casi di bambini ormai adulti che hanno voluto denunciare i fatti accaduti 27 anni fa, ma la magistratura come può applicare, chi deve chiamare? È un problema, o meglio un interessante principio morale: su un reato di abuso non ci dovrebbe essere mai un giorno di prescrizione, ma dal punto di vista giuridico può diventare anche un aberrazione giuridica. Come fai poi a garantire un giusto processo, i testimoni, i riscontri, le prove, se io sono stato abusato 40 anni. Posso anche sporgere una denuncia formale ma come fa la magistratura a darti giustizia. L’intenzione è quella di fare emergere che il reato di abuso sessuale di violenza sessuale è un reato grave quindi richiede un maggiore allungamento della prescrizione e soprattutto attenzione. E questo secondo me è molto positivo, questa è una coscienza sempre più sveglia, però il sistema giuridico processuale richiede delle garanzie».

Alcune volte i processi diventano interminabili. La pena è portare a processo, processi che poi sfociano nella prescrizione, perché non si punta invece in caso di reato, all’arresto immediato del presunto colpevole? Pena certa e veloce in caso di reato. Lei cosa ne pensa è favorevole?

«Noi siamo convinti di questo anche perché noi siamo stati una delle poche associazioni a costituirsi parte civile in lunghissimi processi che durano anche 11 /12 anni. C’è la bambina di 7 anni che ottiene giustizia quando poi ha 20 anni, quindi in effetti la celerità e l’applicazione della giustizia forse bisogna avviare una priorità in tal senso. Non sono reati come tutti gli altri, non è un furto di una bicicletta, sono reati che richiedono una celerità dell’intervento giudiziario. È fondamentale è importante per la presunta vittima, per il presunto colpevole e per tutti gli effetti collaterali che tutto questo crea. Però è anche vero che in Italia i processi sono lunghissimi e per i loro fini eccessivamente appesantiti anche se c e una garanzia della tutela del minore e non soltanto per lui, ma è anche vero che forse bisogna accelerare i tempi dando pene certe e garanzie sostanziose. Possiamo dire che è fondamentale avere una pena certa e veloce».


*fotoreporter