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di Antonietta
Montagano*
Abbiamo chiesto un’intervista ad un protagonista della
lotta contro la pedofilia internazionale, un sacerdote al servizio dei più deboli,
don Fortunato Di Noto, fondatore ed esperto dell’Associazione Meter.
Come nasce l’Associazione Meter, con chi collabora e come
opera?
«Innanzitutto non si può desistere quando uno sta dalla
parte dei piccoli, dei deboli e dei vulnerabili, anzi è una vera e propria
chiamata del Vangelo per me, dato che sono un prete e poi ovviamente un uomo,
un cittadino. È necessario stare dalla parte dei piccoli e dei deboli. Questo
impegno ha una storia che nasce dal racconto della mia stessa vita. Già da
adolescente andavo con il parroco di allora negli orfanotrofi e da li mi
domandavo sempre le questioni che erano legate all’abbandono dei bambini, ai
maltrattamenti, agli abusi. Poi successivamente quando sono cresciuto la mia
sensibilità è stata affinata. Poi giovanissimo diacono, ricordo quando venivano
a raccontare i bambini le cose fatte dai grandi. Negli anni ‘80 mi ricordo con
un fantomatico collegamento internet, vidi per la prima volta un immagine
pedopornografica, da li iniziò tutta un’attività con l’Associazione Meter, anche
perché tutto nasce improvvisato in parrocchia cioè non è che noi avevamo messo a
tavolino, non avevamo nemmeno una lira da poter investire, con il sostentamento
del clero investivo con un computer, comprammo le prime strumentazioni. I
giovani mi accompagnarono in questo percorso di difesa, inoltrando le prime
denunce alla magistratura. Ma allora non avevano nemmeno gli strumenti; i giudici
a quel tempo, mi presero un po’ per visionario. Questo prete ci dice che c’è la
pedofilia, che la pornografia si è diffusa attraverso internet. Non è che mi
hanno visto di buon occhio, e quindi di conseguenza, quasi non se ne parlava
affatto. All’epoca feci una ricerca sul database dell’ANSA relativa alle
notizie dall’84 al 2000, e scoprii che non se ne parlava quasi mai. Così iniziò
quell’attività e certamente iniziò anche l’attenzione istituzionale del
Parlamento italiano che approvò una mozione che porta il mio nome. Quindi con
l’associazione Meter ci siamo impegnati tantissimo e da li nasce tutto. La
prima sentenza contro la diffusione del materiale pedopornografico risale al
1997. Sa come la fecero a Milano? Per atti osceni in luogo pubblico perché non c’era
neanche una legge».
In questi anni ha salvato molti bambini, lei svolge
attività costante di monitoraggio per prevenire lo sfruttamento sessuale dei
più piccoli a stretto contatto con le forze dell’ordine e della magistratura.
Quanti sono i siti segnalati? Cosa è stato fatto e che cosa si può fare ancora
affinché la lotta al fenomeno della pedofilia sia efficace?
«È importante stabilire che non è solo la denuncia. Noi
negli ultimi 15 anni abbiamo fatto scattare in tutto il mondo e in Italia 23
operazioni della Polizia Postale, con circa 6000 indagati e tra i 300/400
arresti. L’attività della segnalazione dei siti online o anche le denunce
formali che arrivano attraverso le nostre segnalazioni porta a frenare almeno,
a fermare tutte queste persone perverse che sfruttano i bambini prepuberi.
Perché quando noi parliamo di pedofilia e pedopornografia, stiamo parlando di
bambini prepuberi cioè al di sotto dei 13 anni ed è drammatico. Basti pensare
che quando abbiamo segnalato alcuni siti con il coinvolgimento dei neonati,
questa veramente è la cosa più aberrante. Meter si occupa anche di formazione,
informazione, prevenzione. Certo è che il fenomeno è estesissimo, drammatico, tragico,
in Italia e nel mondo non c’è nazione che non è coinvolta con lo sfruttamento
sessuale dei bambini. Si è fatto tanto perché l’Italia si è dotata di strumenti
legislativi importanti e innovativi. Certo ancora oggi dobbiamo essere
realisti, manca la collaborazione internazionale tra le forze di Polizia. Il
web non è virtuale ma è reale, perché comunque è sempre una realtà di
adescamento, di sfruttamento, non a caso la nostra legge italiana definisce
queste forme di pedofilia e pedopornografia, le nuove forme di schiavitù. Si
tratta di vere e proprie schiavitù sessuali a cui sono sottoposti i bambini. In
quasi 35 Stati non c’è ancora una legge, in 78 stati non l’hanno definita come un
vero e proprio reato: questo per dire che non c’è la coscienza esatta di quello
che accade. Alla domanda ma la pedofilia, la pedopornografia è un crimine
contro l’umanità? Io le posso testimoniare che nonostante tutto, non tutti sono
d’accordo. Una comprensione di quello che accade nei confronti dei bambini, ciò
non significa che non ci sono risposte, anzi al contrario le risposte ci sono, ma
si potrebbe fare molto di più. Però non possiamo attivarci quando capita lo
scandalo, anzi al contrario bisogna prevenire sempre, prevenire bene con formazione
con le leggi con una capacità di collaborazione internazionale non soltanto tra
le forze di polizia ma nella società».
Parliamo di Internet: in un’era nella quale c’è troppa
esposizione da parte dei bambini e degli adolescenti, dare troppe informazioni
personali sui social e nel web significa inevitabilmente esporsi. Quali sono le
norme che tutelano le persone nel web a livello internazionale?
«Esiste il Deep Web. I pedofili si collegano ai server
proxy, questi si trovano in paesi extracomunitari dove non ci sono leggi
specifiche per la conservazione telematica dei dati. I server sono allocati fisicamente
in Europa e in America, paesi quest’ultimi dove c’è un forte controllo sulla
privacy. Quando si fa richiesta in caso di reato grave, si accede ai file LOG,
file che vengono memorizzati all’interno dei server, da essi si risale all’IP e
al gestore. Poi si fa la richiesta al giudice per avere il numero di telefono
associato a quel determinato IP. Ma esiste anche un internet sommerso, il
cosiddetto DEEP WEB. Questo tipo di connessione passa attraverso piattaforme e
proxy difficilmente rintracciabili». Secondo lei come si può combattere il Deep
Web?
«Il web conosciuto è utilizzato pochissimo in simili casi.
quello che utilizziamo tutti quotidianamente dove è tutto tracciabile. La cosa
grave è che le società informatiche ora si stanno molto interrogando sui
trascurati i meccanismi di tutela della nostra vita. Forse siamo stati
intrappolati nei meccanismi della non tutela della nostra privacy, abbiamo dato
troppi elementi riconoscibili, abbiamo buttato dentro le nostre identità per marketing
interattivo per la vendita delle nostre informazioni personali. Questo è
esattamente un processo grave penoso che dovrebbe essere affrontato
maggiormente. Il deep web certo è un altro mondo, si pensa 500 volte più grande
del web riconosciuto quindi è estesissimo è infinito, e dove lì accade tutto.
Proprio per la non visibilità, per l’impossibilità di essere rintracciabili,
succedono le maggiori nefandezze che l’uomo possa compiere: compiere: dal
traffico di armi, al traffico di droga, al traffico di bambini. Gran parte del
materiale illecito e criminale passa da quel mondo: quel posto è anche
facilmente accessibile, basta installare un software. E quindi chiunque
potrebbe benissimo usufruire di quell’immenso spazio con anonimità, e se fa del
male rimane impunito».
Se c’è mercato c’è richiesta. Secondo lei, manca la
volontà o ci sono degli interessi nella produzione e commercializzazione del flusso
del materiale pedopornografico delle organizzazioni? Perché si arriva ad agire
solo nei confronti del fruitore e non si riesce a risalire all’intera
organizzazione che a quando sembra sono invece ben strutturate, un po’ come
succede per la mafia? Anche perché gli elementi penali ci sono: l’art 416 del
C.P. prevede l’associazione per delinquere che potrebbe essere contestata laddove
essa sia finalizzata alla commissione di reati legati alla pedopornografia.
«Si certo, tanta richiesta molta richiesta, la richiesta è
molto elevata e la criminalità è veramente molto estesa. Comunque non è che
tutti gli uomini del web di questo pianeta fanno azioni criminali, però certo
l’ illecito, l’immoralità, la criminalità, legate allo sfruttamento dei bambini
è elevatissima, con guadagni incalcolabili. La rete offre la possibilità di
aggregazione e di comunità aggreganti criminali, con sistemi gerarchici dove c’è
una vera e propria cupola che manovra tutto il mercato, e per mercato si intende
dal bambino reale preso condizionato o indotto e schiavizzato per la produzione
digitalizzata del corpo sessuale. È fondamentale poi lo smistamento attraverso
i sistemi di diffusione e di richiesta anche con flussi economici elevatissimi.
Allora se è vero come è vero che esiste questo sistema consolidato e verificato
è molto consolidato, auto cosa si richiede semplicemente la volontà di applicare
le leggi, la volontà di fare delle investigazioni mirate. È una questione di
buona volontà. Le dirò ancora di più ci si vantano molti non so come li hanno
contati uno per uno che ci sono 80 mila italiani che vanno ogni anno all’estero
per il turismo sessuale, come se li avessero contati negli aeroporti uno per uno,
non so questa statistica, i numeri da dove spuntano. Lei lo sa che nonostante
la legge italiana che punisce gli italiani all’estero per sfruttamento
sessuale, abuso sessuale eccetera, in 20 anni è stata fatta solo una
operazione, una sola. Questo significa che veramente mancano fondi, forse
mancano le risorse, forse manca il coordinamento, forse manca l’interesse, forse
si pensa che in fondo in fondo è qualcosa che fino a un certo punto è grave si,
ma non tanto grave da poter intervenire in maniera costante lucida e
determinata. Ecco queste sono tutte domande che io mi pongo, come quella domanda
che le ho fatto, la pedofilia è un crimine contro l’umanità? Questo è il
problema. Io capisco che nel mondo ci sono tanti altri problemi ma lo
sfruttamento sessuale e l’ abuso sessuale distruggono la vita dei bambini per
sempre».
Lapedofilia e la pedopornografia sono reati gravissimi. Ho
parlato con uno psicologo che ha tracciato un profilo, mi ha detto che i
pedofili non vivono in un ambiente familiare tranquillo, di solito c’è la
mancanza della figura paterna, e vivono in condizioni socio economiche
disagiate di di sordine e abbandono. Poi ci sono casi in cui
tali soggetti hanno un comportamento compulsivo di collezionare foto che poi
magari non guardano nemmeno. Ci sono delle situazioni dove i pedofili dopo
essere stati colti in flagranza di reato, anche dopo la reclusione hanno delle
recidive. Don Fortunato, cosa pensa di questa descrizione? È possibile tracciare
un profilo criminologico del pedofilo?
«Certo che lo possiamo tracciare, il pedofilo non è un
malato ma se lo è possiamo dire che è un malato lucido, consapevole di quello che
fa e rientra nella sfera dei perversi, cioè il soggetto pedofilo è colui che è
perverso per eccellenza. La perversione è una distorsione seria, è un disturbo
nella sfera della propria persona nel campo della sessualità in questo caso che
l’oggetto del proprio godimento è solo ed esclusivamente il bambino. Bambini
prepuberi, voglio ribadire questo perché molte volte sui giornali sa cosa
scrivono? Ha abusato un 16 enne, ha abusato un 15enne non è un pedofilo vero, quello
è un abusatore sessuale ma non ha niente a che vedere con lo specifico. Il
pedofilo rientra nelle categorie degli insospettabili, la gente non se ne rende
neanche conto che quella determinata persona è un pedofilo. Essi hanno una
strategia, vanno dove ci sono i bambini, cercano i bambini, vogliono
relazionarsi con loro. Vogliono vivere un amore perverso con loro, li mettono a
loro agio, riempiono i vuoti affettivi che non hanno dato i genitori. Per
questa ragione dico sempre che un bambino amato non sarò mai abusato, il
bambino rispettato non sarà mai adescato, il bambino che ha i genitori o i tutori
che lo difendono e sa chi sono i suoi punti di riferimento, il pedofilo ci pensa
cento volte prima di andare ad adescare il bambino. Ecco i bambini vengono
adescati perché vengono lasciati soli, perché non hanno punti di riferimento,
perché gli adulti hanno perso una cosa fondamentale, vale a dire hanno dei
doveri nei confronti dei figli. Il bambino solo, trascurato, maltrattato già,
deriso, il
bambino anche ‘bullizzato’ può essere oggetto
dell’adescamento di un adulto pedofilo, però certamente il pedofilo è una
persona che richiede di essere fermato, se si fa aiutare. Il pedofilo però sta
vivendo una sorta di tentativo di giustificazione del suo essere pedofilo. Non
a caso poi ci sono i movimenti pro pedofilia che giustificano la pedofilia. Non
c’è un ormai Paese che non ha questo
tipo di realtà, anzi le posso testimoniare che proprio alcuni pedofili
culturali italiani mi hanno minacciato. È un fenomeno molto esteso, è molto
diffusa la pedofilia culturale. Non a caso loro si definiscono pedofili
virtuosi, loro dicono perché non possiamo vivere la nostra pedofilia, il nostro
orientamento sessuale».
Scuola-famiglia: non ci sono più valori o si dà troppo
peso al valore economico e non al tempo, lasciando i bambini troppo spessi soli.
Come accorgersi se un bambino ha un problema? Si è perso il valore del rapporto
interpersonale, sostituendolo con quello virtuale?
«Bisogna avere occhi per saper guardare dentro la realtà
del disagio, questo è di fondamentale importanza. Evidentemente se il rapporto scuola
genitori non è soltanto per un problema di trasmissione nozionistica della cultura,
è vero che la cultura eleva l’uomo, ma è anche vero che la collaborazione
nell’aspetto educativo e formativo è di fondamentale importanza. La domanda che
noi ci poniamo, i genitori e anche le agenzie educative come la scuola e tante
altre anche tutte le realtà religiose che danno un senso particolare alla vita nel
credere in un Dio, nel credere in un qualcosa che dia senso alla vita. Si guarda
più a fare soldi che non poi di fatto ad un investimento educativo culturale
nei nostri bambini? Dovremmo aiutare anche economicamente le famiglie, perché
quando lo Stato dimentica l’investimento nelle scuole, quando non fa un
investimento nella cultura, quando le famiglie sono anche fiscalmente parlando molto
oppresse da ciò che devono pagare e arrivano a stento a vivere, credo che
occorra un atteggiamento che va fuori dai programmi politici, forse una politica
nuova sulla famiglia. La famiglia è sempre più frantumata, divisa, minata al
suo interno: noi sappiamo benissimo la troppa esposizione dei bambini a causa
anche delle separazione e dei divorzi, che non è una cosa secondaria ma seria.
Non c’è più una famiglia unita, oramai le famiglie sono allargate, i
bambini non hanno più punti di
riferimento, questo incide molto nella vita dei bambini e chi lavora con i
bambini si rende conto che è così, non si può dire che non è vero. Si cerca di
offrire
percorsi di aiuto, le famiglie non devono essere lasciate
da sole bisogna, riscoprire i ruoli».
Se c’è percezione del problema pedofilia perché non c’è
reazione, forse per rassegnazione? Come si fa a vivere senza colpevolezza se si
ha consapevolezza della realtà?
«Più che rassegnazione. La rassegnazione in fondo è come
se uno avesse l’Io impazzito, una società impazzita che non vede più il dolore
dell’altro. In una società globalizzata non sappiamo più soffrire con l’altro e
per l’altro quindi se si viene a sapere di un bambino o di una bambina abusata non
fa più neanche effetto, mentre un tempo per una cosa del genere si creava indignazione
e nasceva anche una rete profonda di protesta. Oggi sapere che nel palazzo c’è
una bambina che è stata abusata, non suscita nessuna reazione. Ecco un esempio
concreto. Io sono molto vicino a Domenica Guardato, la mamma di Chicca, la
bambina uccisa tragicamente a completamente isolata, abbandonata ed è dovuta
andare via. Ma anche le istituzioni, l’assenza profonda assordante profonda
delle istituzioni, perché è facile strapparsi i capelli, piangere un po’, ma il
problema è che le vittime subiscono gli effetti collaterali anche per le famiglie,
per chi rimane in vita in un certo qual senso e anche loro devono essere
sostenute, non possono essere abbandonate a se stesse. Manca questa rete di
protezione seria, profonda, nella società».
Dai vostri rapporti risulta che oltre alla pedopornografia
c’è anche l’infantofilia: l’età media delle vittime è molto diminuita. Quali sono
le conseguenze sia fisiche che psicologiche di una violenza subita in
giovanissima età? Può parlarci di un caso che le è capitato mantenendo
l’anonimato?
«Negli ultimi 14 anni abbiamo aiutato 1600 vittime quindi
se dovrei pensare ad uno in particolare. Ci fu anche una bambina che avevamo
noi scoperto online in una foto, e a distanza di 15 anni fu trovata. Lei aveva
oramai 22 anni quando fu
individuata andammo a casa con lo psicologo e con la
polizia e questa ragazza disse: “Oggi sto risorgendo mi avete portate la
speranza”. Si sentono sempre schiavi, isolata abbandonati, con il dolore
interiore. Storie ce ne sono tantissime, anche di vittime che si ripiegano su
se stesse e non riescono a reagire; però è anche vero che se trovano in Meter
nella nostra associazione al centro di ascolto, un punto di riferimento, un
punto di grande speranza».
Parliamo dell’informazione di questa nuova forma di
schiavitù. la sensazione che si ha è quella di una cattiva qualità
dell’informazione.
«Sono molto convinto che chi deve fare informazione la
deve fare correttamente, con competenza e professionalità. L’ informazione è un
potere e può cambiare l’opinione altrui, quindi dipende da come noi facciamo informazione,
dipende da come noi vogliamo comunicare, a cosa vogliamo puntare e a chi
vogliamo arrivare affinché cambino non solo le opinioni ma che migliori il
livello culturale, sociale del disagio in questo caso riferito al bambino.
Allora i media possono dare un grande contributo nel far parlare chi ha
competenza. La cultura è un antidoto anche preventivo agli abusi».
Il turismo sessuale all’estero vede anche gli italiani
coinvolti, in che termini, in quali paesi vanno?
«Come le dicevo del turismo sessuale all’estero si parla
di 80 mila italiani ogni anno che vanno nei paradisi sessuali, dove è possibile
avere non soltanto adulti ma soprattutto minori. La legge italiana è chiara e persegue
chi commette questi tipi di reati all’estero. È come se lo facesse nello stesso
paese di appartenenza. Certo i tour operator potrebbero fare di più, mettendo
non solo in modo leggibile il codice penale, potrebbero fare molto ma molto di
più. Evidentemente quando dicono 80 mila non si sa come li abbiano contati,
sono molti ma questo significa che non è stata fatta nessuna operazione
internazionale. Il problema è che manca la volontà istituzionale, manca una strategia,
manca un’elaborazione intelligente sufficiente per arrestare questi fenomeni
aberranti».
Dai dati del Report 2017 dell’OSMOCOP di Meter osservando il
grafico della geolocalizzazione dei server emerge che Europa e America sono la
culla della maggior parte delle aziende che li gestiscono i server e permettono
il funzionamento di molti siti o piattaforme in cui si divulga materiale
pedopornografico, rispettivamente (8117 in Europa e 6341 in America). Mentre
osservando il dato relativo alla collocazione geografica dell’estensione di
dominio risulta che ci sono 10.843 link in Oceania/ Tonga e in Russia 1150
link. Come interpreta questi dati?
«Le estensioni di domini non significano che questi i
paesi hanno il problema della pedopornografia in loco, l’estensione di dominio vuol
significare che si vendono questi domini dove da tutto il mondo possono
usufruirne l’utilizzo. se manca la collaborazione dei colossi del web e quindi
dei responsabili di domini ed estensioni è una battaglia persa. Quello che noi
abbiamo fatto come Meter è creare dei protocolli di lavoro importantissimi non
soltanto con le polizie estere alcune, ma con i responsabili dell’estensione di
dominio affinché si potesse intervenire subito, celermente e permettendo che
loro stessi possano mandare tutto alle polizie locali. Solo con le collaborazioni
si sconfigge il problema, non c’è altra via».
Parliamo infine di reato di prescrizione, onde evitare che
i reati commessi in passato come nel caso dello scandalo del caso dell’Istituto
Provolo di Verna che accoglie bambini sordomuti, possano ripetersi. Una novità
importante è la recentissima riforma penale (legge 103/2017) riguardo la nuova
disciplina di prescrizione del reato, la riforma modifica la tanto criticata
legge ex Cirielli del 200 e stabilisce che d’ora in avanti la prescrizione
venga sospesa per un periodo massimo di 18 mesi, sia dopo la condanna in primo
grado sia dopo la condanna in appello. Cambia inoltre il periodo di
prescrizione per chi commette reati gravi contro i minori. Attraverso
l’aggiunta di un comma all’art. 158 c.p., la riforma stabilisce che nel caso di
reati gravi nei confronti di minorenni e vittime vulnerabili, come i
maltrattamenti in famiglia, la riduzione in schiavitù e la prostituzione e
pornografia minorile, il termine della prescrizione decorra non da quando il
fatto è stato presumibilmente commesso ma solo dal compimento del diciottesimo anno
di età della persona offesa. In questo caso, dunque, la possibilità di
prescrizione viene fortemente ridotta e limitata».
Lei ritiene che l‘introduzione della sanzione penale in
merito alla repressione dei fatti pedopornografici sia riuscita a conseguire le
direttive che il legislatore si era prefissato?
«Certo io un reato del genere non lo lascerai mai
prescritto, in linea però di sistema di garanzia giudiziario si pongono tante
questioni, perché in effetti un reato commesso 30 anni fa come si fa a pensare
che dopo 30 anni quando non c’è più neanche l’autore del reato perché defunto o
perché non ci sono più le prove da riscontro. È quello che sta accadendo
parallelamente con la Chiesa, stanno emergendo fatti di 70 anni, per carità
gravissimi, prescritti, ma per la Chiesa poi diventa un dovere estremamente morale
poter intervenire, fatti ripeto gravissimi, ma senza poi nessun riscontro
oggettivo, perché dopo 40 /50 anni come si fa. Noi abbiamo seguito di casi di
bambini ormai adulti che hanno voluto denunciare i fatti accaduti 27 anni fa,
ma la magistratura come può applicare, chi deve chiamare? È un problema, o
meglio un interessante principio morale: su un reato di abuso non ci dovrebbe
essere mai un giorno di prescrizione, ma dal punto di vista giuridico può
diventare anche un aberrazione giuridica. Come fai poi a garantire un giusto
processo, i testimoni, i riscontri, le prove, se io sono stato abusato 40 anni.
Posso anche sporgere una denuncia formale ma come fa la magistratura a darti giustizia.
L’intenzione è quella di fare emergere che il reato di abuso sessuale di
violenza sessuale è un reato grave quindi richiede un maggiore allungamento
della prescrizione e soprattutto attenzione. E questo secondo me è molto positivo,
questa è una coscienza sempre più sveglia, però il sistema giuridico
processuale richiede delle garanzie».
Alcune volte i processi diventano interminabili. La pena è
portare a processo, processi che poi sfociano nella prescrizione, perché non si
punta invece in caso di reato, all’arresto immediato del presunto colpevole?
Pena certa e veloce in caso di reato. Lei cosa ne pensa è favorevole?
«Noi siamo convinti di questo anche perché noi siamo stati
una delle poche associazioni a costituirsi parte civile in lunghissimi processi
che durano anche 11 /12 anni. C’è la bambina di 7 anni che ottiene giustizia
quando poi ha 20 anni, quindi in effetti la celerità e l’applicazione della
giustizia forse bisogna avviare una priorità in tal senso. Non sono reati come
tutti gli altri, non è un furto di una bicicletta, sono reati che richiedono
una celerità dell’intervento giudiziario. È fondamentale è importante per la
presunta vittima, per il presunto colpevole e per tutti gli effetti collaterali
che tutto questo crea. Però è anche vero che in Italia i processi sono lunghissimi
e per i loro fini eccessivamente appesantiti anche se c e una garanzia della
tutela del minore e non soltanto per lui, ma è anche vero che forse bisogna accelerare
i tempi dando pene certe e garanzie sostanziose. Possiamo dire che è
fondamentale avere una pena certa e veloce».
*fotoreporter