di Pasquale Montilla*
Non dobbiamo essere attratti dal Tenorm e dall’ambiente
contaminato. È l’essere umano che maggiormente risente di queste forme di
inquinamento ambientale. Il bioaccumulo di sostanze tossiche si traduce in
malattie. David le Breton afferma che “il corpo è comunque il filtro attraverso
il quale ci appropriamo delle sostanze dell’ambiente che ci circonda”.
Cristopher Hitchens definisce la devastante esperienza con il cancro da
contaminazione come una “deportazione ferma e gentile dal paese dei sani oltre il
desolato confine della terra della malattia”.
È obbligatorio ammettere che la fosforite e i prodotti di scarto del processo di lavorazione presenta una tipica concentrazione di metalli tossici
contaminanti: uranio, torio, radio, piombo, zinco. La sostanza in questione,
trattata ad alte temperature in altoforno, produce isotopi di polonio in forma di gas. Inoltre, dalla catena di decadimento dell’uranio si ha la formazione di radon, un gas nobile estremamente pericoloso e altrettanto cancerogeno per la specie umana.
Gli scarti di lavorazione industriale che contengono o sono contaminati da radionuclidi sono classificati rifiuti radioattivi solidi condizionati. In violazione della direttiva Euratom, i rifiuti radioattivi di produzione industriale come prodotto di scarto della ex Pertusola sono stati interrati con impressionante disinvoltura nel
territorio di Crotone secondo una gestione di smaltimento e stoccaggio anomala e senza avere tenuto conto dei gravi effetti sull’ambiente e sull’uomo con totale disattenzione verso il protocollo Euratom di sicurezza standard di smantellamento e
bonifica del sito industriale di origine non nucleare contaminato da radiazioni ionizzanti.
È mancato l’intervento programmato di Decommissioning, ovvero della messa in sicurezza e mantenimento della stessa all’interno dell’impianto e la sua rapida decontaminazione seguita da smantellamento. Il territorio di Crotone rappresenta un modello di grave contaminazione subita – a causa di metalli tossici - dalla popolazione
residente dove sarà possibile correlare in futuro attraverso algoritmi
di modelli tossicocinetici e tossicodinamici il grave danno biologico subito sulla popolazione. È mancato sino ad ora l’approfondimento tossicologico su matrice biologica umana, fatto che ha impedito di quantificare l’effettivo livello di intossicazione e avvelenamento dei soggetti esposti alla contaminazione ambientale. Tale quantificazione avrebbe potuto essere raggiunta attraverso un approccio onco-
tossicologico mirato, da incrociare e integrare con i dati epidemiologici elaborati dai registri tumori. L’approccio onco-tossicologico avrebbe raggiunto in tal modo con massima precisione e incontestabilità il nesso di condizionamento tra esposizione
e danno genotossico prodotto dal sito contaminato classificato dall’ISS
come SIN (Sito di Interesse Nazionale), quindi la correlazione provata
tra esposizione a contaminantiambientali e l’insorgenza di patologie
tumorali e degenerative da avvelenamento cronico da metalli tossici. Non è stato valutato il calcolo oncologico predittivo (Slope Factor Cancer) da esposizione acuta e cronica dei contaminanti genotossici e cancerogeni sulla popolazione. Non sono
stati rispettati i concetti essenziali di tossicologia clinica applicata e di
tossicologia genetica. Le patologie neoplastiche contratte nel territorio avrebbero dovuto essere analizzate da un’altra angolazione e cioè come il prodotto genetico terminale da insulto cronico di nanoagglomerati genotossici poco compatibili con i
sistemi biologici della specie umana, come un incidente genetico indotto da un degrado etico-industriale responsabile di imperdonabili fratture esistenziali umane.
Sappiamo che l’oncologia clinica moderna, per quanto potente, non ha ancora raggiunto per molti tumori solidi un buon contatto terapeutico, una risposta concreta, ma propone un accordo di speranza. Pazienti subiscono, in stanze-scatole bianche piene di buone intenzioni, continui e non casuali disagi fisici e trasformativi per lottare contro un modello di malattia neoplastica da collaterale al danno
industriale. Approfondire argomenti di nanodiagnostica e di farmacopea epigenetica in nanoterapia rappresenta un motivo di riflessione scientifica
e un obbligo morale che, per alcuni risultati ottenuti, merita un approfondimento per una possibile ricercanscientifica di base sul SIN di Crotone.
Screening oncologici innovativi, sequenziamento tumorale e una mirata chemioprevenzione primaria offriranno in futuro vantaggi di cura e maggiore sopravvivenza. Di sicuro test molecolari per lo studio sulle mutazioni driver ci daranno maggiori informazioni farmaco-genetiche su come anticipare malattie attualmente letali e prodotte dall’uomo.
Approcci combinati tra farmaci di ricondizionamento epigenetico, drug
decorporation di analiti tossici e nanodiagnostica oncologica potrebbero
rappresentare, insieme alle attuali terapie, un possibile salto di qualità nelle cure per patologie degenerative e neoplastiche indotte da un elevato
impatto ambientale. L’ambiente truccato ci ricorda che siamo esseri che
apparteniamo ad una specie sensibile e vulnerabile, una sorta di astronauti nello scafandro della nostra identità genetica fragile e condizionabile.
*medico, specializzato in oncologia