dati ISTAT |
di Gianni Lannes
I dati Istat, ovvero dell'istituto nazionale di statistica sono quelli ufficiali. Da noi sbarca frumento proveniente da territori
contaminati dalla radioattività (accertata dall'IAEA e dall'OMS) nonché dall’inquinamento industriale, grazie alle
autorizzazioni concesse dal governo nostrano agli speculatori tricolore, e più
di recente dalle imposizioni del commissario europeo Juncker. I controlli della
mercanzia sono scarsi se non proprio inesistenti, anzi un autentico bluff. Il primo paese da cui oimpirtiamo maggiormente frumento è la Francia, seguita dall'Ucraina, dal Canada e dagli Stati Uniti d'America.
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Il mercato del belpaese è drogato dalla massiccia
presenza di grano straniero, proveniente da 43 nazioni, addirittura da Austria,
Belgio, Cina, Danimarca, Finlandia, Germania, Regno Unito, Lussemburgo,
Finlandia, Svizzera e perfino Malta. La parola magica è dumping: essa indica le
distorsioni cui può condurre un modo spregiudicato e illegale di interpretare
il liberismo in economia. È una pratica speculativa, una sorta di darwinismo
imprenditoriale: il pesce grande divora il più piccolo.
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Lo praticano in modo
sistematico le multinazionali quando devono distruggere un mercato locale nelle
regioni europee. Vendono sottocosto. All’apparenza perdono profitti ma nel
medio periodo il mercato locale non riesce a competere a prezzi così bassi e
chiude i battenti. Chi resta sul mercato è il pesce grosso.
Il nostro mercato potremmo definirlo dumping alla rovescia. In parole povere,
l’industria della pasta importa enormi quantità di grano estero tutto l’anno,
non solo in estate, nel periodo di raccolta. In questo modo, la domanda interna
nazionale di grano è soddisfatta perché il mercato è saturo. L’industriale
acquista magari grano canadese o messicano anche a prezzi alti. In teoria,
sarebbe svantaggioso. In realtà, si costringe l’impresa agricola di Foggia, Altamura,
Matera o Corato a ridurre il prezzo. Perché accade questo? È evidente che lo
Stato nazionale autorizza all’importazione di grano da mercati extraeuropei. Come
e perché vengono autorizzate le importazioni svantaggiose per le imprese
agricole del proprio territorio dai governi?. Questo meccanismo ha un nome:
traffico di perfezionamento attivo (Tpa). L’impresa della pasta chiede al
ministero l’autorizzazione ad importare grano. Tutto però è sottoposto ad
un’autorizzazione preceduta da un’istruttoria che deve certificare che in quel
momento c’è penuria di grano. Questo però contraddice la realtà delle cose che
vede i nostri imprenditori agricoli che producono grandi quantità di buon grano.
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Non è tutto.
C’è un’altra insidia proprio in Italia. E’ un’offensiva di due giganti dell’agrindustria:
la statunitense Cargill che controlla la metà del mercato mondiale di frumento
e la Syngenta, che unitamente alla Barilla stanno imponendo la coltivazione di grano
fabbricato in laboratorio, sempre più a detrimento di quello naturale. Senza contare Casillo.
Il volume di granaglie scambiato tra le nazioni in
un anno è di 244 milioni di tonnellate. Più della metà è negoziato da Cargill,
multinazionale con centro in Minnesota, e circa il 25-30% dalla Archer Daniels
Midland (ADM). La Cargill ha una intensa attività in Brasile dove acquista
immense quantità di soia OGM, prodotta nel centro del paese dove esistevano
estese foreste tropicali. La soia brasiliana viene importata in Italia
attraverso il porto di Ravenna. Proprietaria di montacarichi, silo e navi per
il trasporto di granaglie, Cargill è stata per molti decenni soprattutto un
grande operatore nel commercio mondiale dei cereali, esportati dagli Stati
Uniti all'Europa ed anche all'Unione Sovietica. Cargill è presente in Italia
con diversi impianti produttivi per la produzione di mangimi e di amidi, oltre
che con una struttura commerciale che serve principalmente l'industria
alimentare. La sua struttura attuale è frutto principalmente di numerose acquisizioni
effettuate negli ultimi anni. L'ultima risale al 15 luglio 2011, quando è stata
perfezionata la compravendita dello storico gruppo mangimistico "Raggio di
Sole" di Fiorenzuola d'Arda (Piacenza). La sede europea della Cargill, si
trova a Mechelen in Belgio, ma è presente in diverse località italiane, tra cui
la Basilicata.
Ecco quanto si legge sul portale online del
ministero dell’Agricoltura alla voce “scambi commerciali”:
«- La Commissione subordina l'importazione dei
prodotti cerealicoli alla presentazione di titoli che in Italia vengono
rilasciati dal competente servizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
- Le
importazioni, salvo specifiche quantità contingentate, sono assoggettate a
dazi, calcolati ai sensi del regolamento (UE) n. 642/2010;
- Per le
esportazioni è necessario richiedere, presso lo stesso Ministero dello Sviluppo
Economico, i titoli che consentono di effettuare le operazioni di vendita nei Paesi
terzi;
- Per i
cereali, nella misura necessaria a consentire l'esportazione sulla base delle
quotazioni o dei prezzi praticati sul mercato mondiale ed entro i limiti
previsti dagli accordi conclusi conformemente all'articolo 300 del trattato, la
differenza tra quotazioni internazionali ed i prezzi nella Comunità può essere
coperta da una restituzione all'esportazione;
- Gli
operatori, in determinate condizioni (art 159 del reg. CE n. 1234/2007),
possono richiedere al competente Ministero dell'Economia e delle
Finanze, di operare in regime di
traffico di perfezionamento attivo (TPA) ai sensi del regolamento 2454/1993
della Commissione, come modificato dal 993/2001, avvalendosi del parere - nulla
osta - in ordine alla valutazione economica effettuata dall'ufficio POCOI IV».
Che fare? Sospendere le autorizzazioni delle
importazioni in regime di traffico di perfezionamento attivo (TPA) per evitare ulteriori
speculazioni; attuare il blocco delle importazioni a dazio zero e controlli sul
100 per cento del grano importato; velocizzare l'attuazione delle misure
annunciate nel Piano cerealicolo nazionale con provvedimenti mirati che possano
andare incontro alle esigenze degli agricoltori, come ad esempio potenziare i
centri di stoccaggio, e favorire una maggiore aggregazione dell'offerta; incentivare accordi e contratti di filiera
capaci di garantire una più equa ridistribuzione del valore; indicare in etichetta l'origine del grano
utilizzato nella pasta e nei derivati/trasformati. indicare in etichetta la
data di raccolta (anno di produzione) del grano utilizzato nella pasta e nei derivati/trasformati;
nel caso di miscele, la data da indicare è quella meno recente; vietare
l'utilizzo di grano extracomunitario; attivare immediatamente a Foggia la Commissione
unica nazionale (CUN) cerealicola; perseguire la massima trasparenza delle borse
merci con un ruolo maggiore dei rappresentanti degli agricoltori; rendere
obbligatoria e non facoltativa, come oggi purtroppo è, la comunicazione delle
scorte da parte degli operatori commerciali ed industriali, in modo da avere
dati oggettivi e verificabili e rendere, quindi, più trasparente la valutazione
del mercato e apportare un bilancio previsionale e affidabile alla nuova campagna
di commercializzazione".
Non può funzionare una filiera che vede un
quintale di pasta pagato 180 euro dal consumatore e un quintale di grano duro
pagato 18 euro al produttore agricolo, cioè praticamente la decima parte,
troppo ampio e ingiustificato, quindi, il divario e la forbice. In queste
condizioni e senza interventi imminenti c'è il rischio che molti agricoltori
non seminino il grano e quindi mettano a rischio la materia prima nazionale per
la produzione di eccellenza del made in
Italy agroalimentare, che, come tutti sappiamo, è la pasta.
Fonte ISTAT:
Nazioni da cui l'Italia importa frumento:
Albania, Algeria, Argentina, Austria, Belgio, Bielorussia, Bulgaria, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Egitto, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, India, Iraq, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Messico, Moldova, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tunisia, Turchia, Ucraina, Ungheria, Usa.
riferimenti:
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