di Gianni Lannes
Correva il 26 aprile 1986. Le prime navi imbottite
di frumento radioattivo giunsero in un baleno nel belpaese spacciandolo per
grano della Grecia, a fronte di controlli scarsi o inesistenti. L’inquinamento
nucleare non si dissolve in decenni, bensì in millenni. 31 anni dopo il
disastro nucleare di Chernobyl, i residenti delle zone contaminate che
circondano i resti della centrale sono ancora pericolosamente esposti ad alti
livelli di radiazioni. I frutti di quella terra avvelenata per millenni,
soprattutto il frumento, giungono massicciamente in Italia, dove le autorità
locali e quelle europee non rispettano il principio di precauzione, sancito
dalla Convenzione di Aarhus del 1998, ratificata dalla legge 108 del 2001. Peggio,
il commissario europeo Juncker - un faccendiere che nessuno ha votato - a parte
la manipolazione affaristica del Codex
alimentarius, ha imposto l’acquisto a ben 27 nazioni, dei prodotti agricoli
dall’Ucraina con ampi sconti sui controlli sanitari. La letteratura scientifica
certifica in ogni caso, che anche dosi infinitesimali di radioattività possono
innescare processi di mutagenesi, cancerogenesi e teratogenesi.
Manfredonia, 2 gennaio 2017 - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Nel 2017 le prime due navi che ho scoperto a scaricare grano importato dall’estero sono il cargo Azov Coast proveniente dal porto russo di Yeysk, e la bulk carrier Matteo Br giunta da Nikolaev in Ucraina. Entrambe sventolano il vessillo maltese, ovvero una bandiera di comodo, ossia ombra. Il 2 gennaio 2017, alle ore 15, erano entrambe ormeggiate al cosiddetto porto “alti fondali” di Manfredonia, un attracco fantasma, ufficialmente inagibile, e dunque secondario dove, singolare coincidenza, non c’erano controlli della Guardia di Finanza o dell'Agenzia delle Dogane, eppure il loro arrivo era ben noto alla locale capitaneria di porto. Comunque, nelle piazzole di sosta i camion facevano la spola per caricare la mercanzia e tagliare la corda. Chi sono i clienti industriali nostrani che si approvvigionano così e spacciano infine pasta italiana solo di nome? Per avere delucidazioni comunque di parte ho scritto inviando un'e-mail, a Casillo, Divella, De Cecco, Barilla, Tamma, Granoro, La Molisana, Garofalo e così via. Nessuno ha risposto. Mi sono rivolto anche all'Agenzia delle Dogane, ma la trasparenza amministrativa sancita dal decreto legislativo numero 33 del 2013, forse a certi funzionari dello Stato è letteralmente sconosciuta. A proposito: l'Istituto Superiore di Sanità nel 2016 e nel 2017 quanti carichi di frumento straniero ha analizzato Sia chiaro: cittadine e cittadini non sono consumatori o cavie, ma esseri umani.
I ricercatori che hanno studiato la contaminazione dei cibi prodotti in Ucraina e in Russia, hanno scoperto che il livello degli isotopi radioattivi è significativamente più alto - in alcuni casi fino a 16 volte - dei limiti per il consumo umano. I risultati dello studio sono stati diffusi da un rapporto di Greenpeace. «Questi disastri continuano non solo per decine o centinaia di anni, ma forse per millenni - ha dichiarato Shawn-Patrick Stensil, analista di Greenpeace e co-autore dello studio - Abbiamo rilevato livelli di contaminazione ancora molto più alti dei limiti accettabili». Già nel 2006 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva pubblicato una significativa analisi della situazione.
Secondo l'OMS «l'incidente di Chernobyl, avvenuto il 26 aprile 1986, ha rilasciato livelli di radioattività 200 volte superiori alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki». I ricercatori ritengono che l'isotopo nucleare cesio-137 sia particolarmente preoccupante, visto che viene assorbito facilmente dalle piante. Livelli alti di questo isotopo sono stati individuati nel latte, nei funghi selvatici e nella carne. I 50 campioni di latte raccolti nella regione di Rivne, che dista 200 chilometri da Chernobyl, «contenevano tutti livelli di cesio-137 sopra i limiti stabiliti in Ucraina per il consumo di umani adulti, ed erano tutti significativamente sopra i limiti per i bambini» come si legge nel rapporto. I campioni di grano raccolti nei campi della regione di Kiev, a circa 50 chilometri da Chernobyl, avevano livelli di isotopi radioattivi che, in alcuni casi, avevano più del doppio dei livelli consentiti per il consumo umano. «Questi isotopi circolano nell'ecosistema in modi che non avevamo mai immaginato - ha spiegato Stensil - Se vivi vicino a un bosco, fa ormai parte del tuo stile di vita: queste comunità dovranno essere continuamente decontaminate». Anche gli incendi boschivi potrebbero presentare un rischio di ricontaminazione, perché rilasciano nell'atmosfera le particelle radioattive contenute negli alberi. Il rapporto ha rilevato che tra il 1993 e il 2003 sono divampati più di 1.100 incendi nella cosiddetta "zona di esclusione" di Chernobyl. L'incidenza dei tumori alla tiroide nei bambini che vivono in Ucraina, e che sono stati esposti alle radiazioni dopo il disastro di Chernobyl, è 9,7 volte più alta di quelli che non sono stati esposti. Secondo il rapporto, le persone che hanno lavorato per ripulire il sito della centrale presentano un'incidenza più alta di leucemie e tumori al seno. Stabilire un nesso causale tra eventi specifici e alti tassi di tumori è difficile. Le persone sono esposte continuamente anche a fonti naturali di radiazioni da cibo, aria e sole. Ma uno studio effettuato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilevato che il forte aumento nell'incidenza di tumori alla tiroide nei bambini che vivono nelle zone contaminate in Ucraina, Bielorussia e Russia «è dovuto agli alti livelli di iodio radioattivo rilasciato dal reattore di Chernobyl nei giorni seguenti al disastro».
Gli esperti indipendenti ammettono di non sapere
ancora quale possa essere l'impatto nel lungo termine dei disastri nucleari. «Stiamo
facendo degli esperimenti su due gravi incidenti per capire come i radioisotopi
si spostano nell'ambiente col passare del tempo - ha spiegato Stensil, facendo
riferimento al disastro di Chernobyl e a quello di Fukushima avvenuto in Giappone
nel 2011 - Stiamo scoprendo che ci vorranno generazioni perché questi
radioisotopi siano nuovamente stabili. In tutto questo tempo, i sopravvissuti
che vivono nella zona saranno ancora a rischio». In sostanza, «Gli effetti di
questi disastri sono irreversibili, dal punto di vista ambientale e da quello
sociale. Abbiamo delle soluzioni che possono sostituire l'energia nucleare.
Dovremmo usarle» attesta Stensil.
Le dimensioni del disastro sono enormi: l'area
ufficialmente contaminata copre 145 mila chilometri quadrati, circa il doppio
dell'Irlanda, che è la terra di oltre dieci milioni di persone di Ucraina,
Bielorussia e Russia. In Ucraina sono oltre 35 mila chilometri quadrati ad avere livelli
di radioattività di
Cesio 137 superiori
ad un Curie
per chilometro quadrato
(più del 5 per cento
dell'intero territorio) e la maggior parte (26 mila chilometri quadrati)
è costituito da terreno agricolo. Nel
raggio dei 30 chilometri intorno
al reattore vi
sono circa 800 siti
di seppellimento di
scorie e macerie,
allestiti in totale
stato di emergenza,
quindi senza particolari sistemi
di protezione, se non uno strato di
argilla. Queste discariche radioattive potrebbero essere responsabili degli
elevati livelli di contaminazione dei sedimenti del fiume Dnepr e del suo
affluente Pripjat, che forniscono acqua
a 30 milioni
di persone. In
Ucraina ed in
Bielorussia, più di 250
mila persone sono state costrette all’evacuazione perdendo
casa, i beni ed il lavoro insieme ai loro legami economici, sociali e familiari. La Bielorussia in cui si è
riversato il 70 per cento del fall-out radioattivo, presenta il 23 per cento
del suo territorio con un livello di contaminazione superiori ad 1 Cu/kmq e fra
questi 16.000 sopra i 5Cu/kmq addirittura 2.200 sopra i
40Cu/kmq. La ricerca
del livello e
della natura della
contaminazione radioattiva dell'intera
area evidenzia che il pericolo
della contaminazione non è dovuto solo alla quantità di radioisotopi rilasciati
dal fall out, ma
dipende considerevolmente dalla
struttura chimica e
quindi dalla capacità
di penetrazione di
tali isotopi negli strati
superficiali del suolo.
Ciò determina conseguentemente la loro mobilità
e capacità di ridistribuzione nel
terreno, nelle acque
superficiali e profonde,
nelle piante e
quindi nell'intera catena biologica. Il
20 per cento del territorio boschivo (1,3
milioni di ettari)
della Bielorussia risulta
contaminato; circa 257.000 ettari
di terreno agricolo
delle ragioni di
Gomel e di
Mogilev sono inutilizzabili per
l'agricoltura. La produttività
agricola e l'allevamento del bestiame hanno subito ingenti danni e risultano
tuttora deficitari per il fabbisogno
interno. Il danno economico viene stimato in oltre 200 miliardi di dollari(più
di 300 miliardi di lire italiane).
Più che per i dati sul commercio di grano, che
confermano la spiccata vocazione agricola dell’Ucraina, questa carta sorprende
per la delimitazione del paese, indicata in legenda come “limite dell’Ucraina”:
la linea blu che la identifica comprende infatti una vastissima area che va
dall’alto Dniepr al Caucaso settentrionale.
E non poteva mancare all’appuntamento con la
storia anche la geopolitica. A metà
dicembre 2014, nel momento stesso in cui Stati Uniti, Canada e Unione europea
annunciavano una serie di nuove sanzioni contro la Russia, l’Ucraina riceveva
aiuti militari USA per 350 milioni di dollari, che andavano ad aggiungersi al
miliardo già approvato dal Congresso degli Stati Uniti a marzo dello stesso
anno. Il fatto che i governi occidentali siano sempre più coinvolti nel
conflitto ucraino dimostra che essi hanno fiducia nel gabinetto nominato dal
nuovo governo a dicembre 2014. Questo nuovo governo è particolare: tre dei più
importanti ministeri sono stati assegnati a persone nate all’estero, ai quali
la cittadinanza ucraina era stata concessa solo poche ore prima della loro
nomina. Per esempio il ministero delle finanze è stato assegnato a Natalie
Jaresko, imprenditrice nata negli Stati Uniti dove ha completato gli studi e
che dalla metà degli anni Novanta lavora in Ucraina, dove ha supervisionato un
fondo di private equity, istituito
dal governo americano al fine di investire nel paese. La signora Jaresko è
anche il CEO di Horizon Capital, società di investimento che gestisce un certo
numero di investimenti occidentali in Ucraina. L’Istituto di Oakland ha esamina
la scalata occidentrale, in particolare per quanto riguarda il settore
agricolo, in due relazioni: The Corporate
Takeover of Ukrainian Agriculture -
nonché - Walking on the West Side : The
World Bank and the IMF in the Ukraine Conflict.
Uno dei principali fattori della crisi che ha
portato alle sanguinose proteste e infine alla destituzione del presidente
Viktor Yanukovich a febbraio 2014 è stato il rifiuto di quest’ultimo di firmare
l’accordo di associazione con l’Unione europea (UE), finalizzato allo sviluppo
del commercio e all’integrazione con l’Unione europea. Legato a questo accordo
era un prestito all’Ucraina di 17 miliardi di dollari da parte del fondo
monetario (FMI). Dopo l’allontanamento del presidente e l’insediamento del
nuovo governo filo-occidentale, il FMI ha lanciato un programma di riforme,
alle quali era subordinato il prestito, tese ad aumentare l’investimento
privato in Ucraina. L’insieme delle misure imposte alla popolazione prevede una
riforma dei servizi pubblici per quanto riguarda la gestione dell’acqua nonché gli
investimenti e delle attività commerciali. Il settore agricolo ucraino è stato
il primo obiettivo degli investimenti privati stranieri e ovviamente è
considerato dal FMI e dalla Banca mondiale come area prioritaria della riforma.
Queste due istituzioni elogiano la solerzia del nuovo governo nel seguire i
loro consigli. Ad esempio, il piano d’azione fornito all’Ucraina per la
riforma, fortemente spinta da forze straniere, facilita l’acquisizione di
terreni agricoli, alleggerisce la regolamentazione e i controlli
nell’agro-alimentare e riduce le tasse per le imprese e i dazi doganali. La
posta in gioco intorno al vasto settore agricolo ucraino è immensa: al terzo
posto mondiale nell’esportazione di mais e al quinto per quanto riguarda il
frumento, l’Ucraina è nota per le sue immense distese di ricche ”terre nere”,
particolarmente fertili, e vanta più di 32 milioni di ettari di terra
coltivabile e fertile, l’equivalente di un terzo dei terreni agricoli
dell’Unione europea. La presenza di aziende straniere all’interno
dell’agricoltura ucraina sta crescendo rapidamente, con più di 1,6 milioni di
ettari di terreni coltivabili passati nelle mani di società straniere in questi
ultimi anni. Monsanto, Cargill e DuPont erano presenti in Ucraina già da
qualche tempo, ma i loro investimenti sono aumentati notevolmente negli ultimi
anni. Cargill notoriamente vende pesticidi, sementi e fertilizzanti, ma ha
ultimamente esteso i suoi investimenti agricoli, includendo lo stoccaggio dei
cereali e l’alimentazione per animali, e acquisendo azioni della società
agricola più grande del paese, la UkrLandFarming. Invece Monsanto ha
raddoppiato il proprio organico negli ultimi 5 anni. A marzo 2014, appena poche
settimane dopo la rimozione del Presidente Yanukovich, l’azienda ha investito 140
milioni di dollari nella costruzione di un nuovo impianto di produzione di
sementi nel paese. Anche la DuPont ha ampliato i propri investimenti e, a
giugno 2013, ha annunciato che avrebbe a sua volta investito in un nuovo
impianto per la produzione di sementi. Le multinazionali occidentali non si
sono accontentate di prendere il controllo di redditizie attività agro-alimentari
e agricole, hanno anche intrapreso un’integrazione verticale del settore
agricolo ed esteso la loro morsa su infrastrutture e trasporti. Ad esempio, Cargill
ha ora almeno quattro silos granari e due impianti di trasformazione per la
produzione di olio di semi di girasole. A dicembre 2013, la società ha
acquisito una partecipazione del “25% + ” in un terminale granario della
capacità di 3,5 milioni di tonnellate l’anno, situato a Novorossijsk. Singolare
coincidenza: è un porto sul Mar Nero da dove partono le carrette di grano che
approdano in Italia.
Ormai tutta la filiera agricola - dalla produzione
di sementi e altri fattori fino all’effettiva spedizione dei prodotti stessi
all’estero - sono sempre più sotto il
controllo di aziende occidentali. Le istituzioni europee e il governo degli
Stati Uniti hanno incoraggiato attivamente questa espansione. Si è cominciato
con le pressioni per cambiare il governo, nel momento in cui il Presidente
Yanukovitch è stato percepito come filo-russo. Poi si è andati più in là, a
febbraio 2014, con il lancio di un piano di riforme per incoraggiare gli
investimenti e lo sviluppo, descritto “pro-business” dal segretario americano
al commercio Penny Pritzker nel suo incontro con il primo ministro Arsenly
Yatsenyuk a ottobre 2014. L’Unione europea e gli Stati Uniti camminano di pari
passo in questa scalata all’agricoltura ucraina. Benché l’Ucraina abbia vietato
la produzione di colture geneticamente modificate, l’accordo di associazione
tra l’Ucraina e l’Unione europea, all’origine del conflitto che ha destituito
Yanukovich, include una clausola (articolo 404) che impegna le due parti a
cooperare per “estendere l’uso della biotecnologia” nel paese. Questa clausola
è per lo meno sorprendente, dato che la maggior parte dei consumatori europei
rifiuta le coltivazioni geneticamente modificate. Ciò deve essere interpretato
come una breccia per la penetrazione degli OGM in Europa, una opportunità
costantemente ricercata da grandi aziende agro-alimentari come Monsanto. Aprire
l’Ucraina alla coltivazione degli OGM sarebbe andare contro la volontà dei
cittadini europei, e non è certo che questo cambiamento apporti benefici agli
ucraini.
La Russia, entro il 2023, diventerà il terzo paese
per volumi di esportazioni dopo USA e Ucraina, raggiungendo i paesi dell’Unione
Europea e l’Australia. Lo si dice nel rapporto dell’Organizzazione per
l’Alimentazione e l’Agricoltura dell’ONU (FAO). Secondo i dati
dell’organizzazione, le esportazioni di grano dalla Russia cresceranno fino a
otto milioni di tonnellate. Per fare un confronto, secondo i dati dell’anno
agricolo conclusosi il 30 giugno, dalla Russia sono stati esportati 25,4
milioni di tonnellate di grano, tra cui 18,3 milioni di tonnellate di grano, 4
milioni di tonnellate di granturco e 2,7 milioni di tonnellate di orzo. Si
tratta del secondo risultato in tutta la storia della Russia, ma il record è
stato fissato nel 2013, quando i produttori russi hanno esportato 28,1 milioni
di tonnellate. Per fare un confronto quest’anno l’Ucraina ha esportato 31,7
milioni di tonnellate di grano, mentre l’Unione Europea 36,1 milioni di
tonnellate di grano. Secondo l’opinione dell’analista principale della Wild
Bear Capital, Viktor Neustroev, la Russia cede posizioni all’Ucraina sul
mercato mondiale soprattutto perché molto del grano viene consumato all’interno
del paese. E così nel 2013 il consumo interno di grano in Russia ha raggiunto all’incirca
67 milioni di tonnellate. Si consideri che in Ucraina in tutto nel 2013 sono
stati raccolti 63 milioni di tonnellate di cereali, record assoluto in tutta la storia del paese,
e questa cifra include già le esportazioni. La Russia e l’Ucraina vendono grano
a compratori differenti. “I principali compratori di grano russo nell’anno
corrente sono la Turchia e l’Egitto, che hanno conservato il primato per il
secondo anno di seguito. Il primo dei due paesi ha già comprato 3,746 milioni
di tonnellate di grano , il secondo 3,306 milioni di tonnellate. Oltre a questo
nel trio rientra anche l’Arabia Saudita con 1,413 milioni di tonnellate”, dice
il direttore del dipartimento analitico della società di investimenti “Golden
Hills-Kapital AM”, Natalya Samoylova.
Le posizioni dominanti tra gli importatori di
grano ucraino sono state occupate nell’ordine da Bangladesh, Belgio e Bielorussia, si dice nel
rapporto del Ministero delle Finanze dell’Ucraina. “Le condizioni climatiche
dell’Ucraina le consentono di portare avanti con successo le coltivazioni di
grano vernino e in estate quelle di granturco”, afferma Viktor Neustroev.
Secondo le sue parole, in Russia simili condizioni climatiche possono
essere ritrovate solo nella parte
centrale nel sud del paese, mentre in Siberia e nell’Estremo Oriente russo si
coltiva per lo più il grano primaverile, benché una gran parte delle terre in
queste regioni rimanga comunque non colitivata. “La maggior parte delle regioni
che producono grano in Russia, a differenza dell’Ucraina sono concentrate in
zone in cui l’attività agricola è rischiosa , cosa che non consente di ottenere
buoni raccolti”, ha raccontato a RBTH il
vice direttore del dipartimento per la regolazione del mercato
agroalimentare, della pesca e dell’industria alimentare e di trasformazione del
Ministero dell’Agricoltura, Mihail Stolbov.
Nel 2010 la Russia ha interrotto le esportazioni
di cereali a causa di un’anomala siccità e gli esperti avevano previsto che non
le sarebbe riuscito di rientrare tra i leader mondiali, è signigicativo che
queste previsioni non siano state confermate. Secondo Mihail Stolbov “la Russia
intende utilizzare praticamente le possibilità in suo possesso per incrementare
la produzione di grano nei prossimi 10-15 anni fino a 115-130 milioni di
tonnellate, cosa che consentirà di garantire esportazioni stabili di grano, al
livello di 35-40 milioni di tonnellate l’anno”. La crescita delle esportazioni
russe è ostacolata dall’inadeguatezza delle infrastrutture portuali. «L’Ucraina
ha una posizione più favorevole per le potenze portuali, in Russia la maggior
parte delle regioni che producono cereali sono lontane dai porti e i produttori
di grano sostengono grossi costi per il trasporto del grano dalla propria
regione ai porti”» afferma Mihail Stolbov.
Secondo Ekaterina Donskih, l’addetto stampa della
United Grain Company (associazione russa dei trader in cereali), il metodo più
conveniente e comodo per il trasporto dei carichi di grano in tutto il mondo è
il trasbordo marittimo. In particolare, stando alle sue parole, a breve la
United Grain Company dovrebbe lanciare un progetto di investimenti per la
modernizzazione del Novorossiysky Kombinat Hleboproduktov (Complesso
industriale per la lavorazione dei cereali di Novorossiysk) uno dei più
importanti terminali del paese per il trasbordo marittimo, attraverso il quale
si esporta la maggior parte del grano russo. Durante la modernizzazione la capacità di trasbordo sarà aumentata dai
3,8 ai 5,6 milioni di tonnellate. Inoltre la società ha in progetto di
sviluppare il “corridoio orientale del grano” per agevolare le consegne dalla
Siberia, dove si osserva un incremento nella produzione del grano pari a 3 milioni di tonnellate l’anno. « questo
scopo nel Primorsky kray (Estremo Oriente russo) nel porto di Zarubino, la
United Grain Company costruirà insieme al gruppo “Summa” un terminale di
trasbordo marittimo» conclude Ekaterina Donskih.
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http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?PHPSESSID=k190ee7c73gjdhpbia06jj4ik7&topic=2375
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