Platamona- foto Giovanni Cossu |
di Gianni Lannes
In Italia la rapina in mare di gas e petrolio uccide i
cetacei. E nonostante il diniego ufficiale si pratica lo stesso, in barba ai
controlli. L'ultima a pagare con la vita è stata una balenottera. La ricerca di idrocarburi con la tecnica «air gun» nella costa nord
occidentale della Sardegna non si può fare. Il diniego arriva dal ministero
dell’Ambiente. «La commissione tecnica Via-Vas – si legge in una nota
ministeriale – ha espresso parere negativo alla richiesta, pervenuta al
ministero dell’Ambiente nel febbraio del 2015 di prospezione geofisica mediante
tecnica “air gun” al largo della costa nord-occidentale della Sardegna da parte
della società norvegese TGS-NOPEC». Eppure le multinazionali straniere premono comunque il grilletto. Le continue esercitazioni militari fanno anche peggio, ma tanto chi se n'accorge?
Trivelle in Sardegna: 21 mila chilometri quadrati a rischio. Una quindicina di richieste di permessi, tra dormienti, concessi o in attesa di autorizzazioni. Su terraferma e a largo delle coste, per una superficie totale di oltre 21 mila kmq tra mare e terra. In Sardegna la superfice potenzialmente interessata dalle trivellazioni è di poco inferiore a quella dell’intera isola.
A fare la parte del leone è l’area perimetrata
dalla società norvegese Tgs Nopec che ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di
utilizzare le bombe ad aria compressa note come airgun per rilevare la presenza
di giacimenti di gas e petrolio sottomarini su 20.000 kmq di fondali
sottomarini del mar di Sardegna. Ai norvegesi non sono infatti bastate le
prospezioni geofisiche (questo il nome tecnico dell’intervento) effettuate nel
2001, quando bombardarono nel silenzio il mare a largo della costa ovest della
Sardegna. Obiettivo della società è vendere i dati alle società
dell’oil&gas attrezzate per l’estrazione.
Dell’intervento della norvegese
Tgs Nopec si è parlato in relazione al trattato che ha modificato i confini
marittimi tra Italia e Francia, che ha di recente le trivellazioni off-shore.
L’articolo 4 dell’accordo prevede infatti lo sfruttamento congiunto dei
giacimenti situati a cavallo dei confini marittimi dei due paesi. Dopo aver
battuto il lato francese, la Tgs Nopec oggi vuole effettuare ricerche sul
versante italiano, proprio a ridosso dei confini tra i due stati. Sulla stessa
area, la Schlumberger aveva presentato un permesso di ricerca analogo che non è
stato accolto dai ministeri romani. E attualmente sul sito del ministero
dell’Ambiente, ente preposto alla valutazione dei progetti off-shore non c’è
traccia del nuovo intervento che la Schlumberger – stando a indiscrezioni di
stampa – avrebbe ripresentato in seguito alla bocciatura.
riferimenti: