Israeli Air Force |
di Gianni Lannes
Da tempo non guardo più la tivvù, così la notizia mi è giunta in differita. Il commento è d'obbligo, poiché ho realizzato un'inchiesta inedita dedicando anni alla ricerca della verità non addomesticata. Ecco una novità di seconda mano, ovvero una cosiddetta fake news appena sfornata dal sistema di disinformazione televisivo tricolore. Mandano in scena un marinaio alleato che per incanto riacquista improvvisamente la memoria. Insomma, roba da farsa. «La sera di Ustica, ero in servizio. Abbattemmo noi i due Mig libici». Ecco la testimonianza telecomandata dopo 37 anni di un marinaio nordamericano a La7, nel programma Atlantide di Andrea Purgatori. A parlare a scoppio ritardato è un certo Brian Sandlin (il 27 giugno 1980 era imbarcato sulla portaerei Saratoga) che come il depistatore professionista Cossiga nel 2007, ora ha riacquistato miracolosamente i ricordi. Toc, toc: il velivolo Kfir e l'aerovia Delta Whiskey 12 vi dicono niente?
Apparentemente più credibile la ricostruzione di
alcuni giornalisti francesi. Il missile partì da un aereo transalpino decollato
dalla portaerei Foche, la quale perciò si trovava nelle acque del Tirreno, e
non nel porto di Tolone, come per anni falsamente sostenuto dalle autorità
parigine. Nel reportage di Canal Plus veniva illustrata anche un’altra pista
(ritenuta però molto meno attendibile della prima): ossia che l’aereo killer
sarebbe partito da una base di terra, acquartierata in Corsica, a Solenzara. Ma esistono due precedenti da non poco per quella prima ricostruzione. Proprio nel
2007, l’ex inquilino del Quirinale Francesco Cossiga aveva dichiarato: «sono
stati i francesi, loro sì che sanno conservare i segreti a tutti i costi.
L’aereo col missile era decollato dalla portaerei Clemanceau». Il primo, comunque,
a indicare quello scenario di guerra fu Franco Piro, addirittura nel 1991,
quando era un parlamentare del Psi. Intervistato dalla allora Voce della
Campania sul giallo di Ustica, pronunciò le stesse parole di Cossiga, anche se
con oltre 15 anni di anticipo.
Parlò della firma francese alla strage e fece il
nome della Clemanceau. Dopo l’esternazione di Cossiga, alla procura di Roma si
è riaperta l’inchiesta, che però in questi dieci anni non ha prodotto grandi
risultati, a conferma che siamo tornati allo storico “porto delle nebbie”, come
ampiamente testimoniano i casi di Ilaria Alpi e di Emanuela Orlandi. A condurre
le indagini per il giallo di Ustica sono i pm Erminio Amelio e Maria
Monteleone.
Peraltro la direttiva varata da Matteo Renzi sulla
accessibilità e la trasparenze di tutte le carte giudiziarie relative ai
misteri di Stato avrebbe dovuto finalmente far luce. Invece, è stata un altro
ceffone alla memoria dei morti e al rispetto dei vivi. Alla prova dei fatti si
è rivelata una presa in giro: si tratta di carte e documenti desecretati ma del
tutto inutili. Da quelle scartoffie, infatti, non emerge alcuna verità: tante
carte inutili e soprattutto una montagna di carte volatilizzate. E nessun documento è stato digitalizzato. Infatti aveva già confermato il presidente
del comitato delle vittime della strage di Bologna, il senatore Paolo Bolognesi:
«una farsa, questa desecretazione, i documenti sono praticamente carta
straccia, non c’è stata alcuna digitalizzazione. La stiamo cercando
faticosamente di fare noi, l’idea di creare un grande archivio della memoria
dal quale possa emergere che tanti fatti, tanti buchi neri della nostra storia
si tengono. E tanti nomi, soprattutto delle istituzioni, tornano».
Non c’è stata alcuna ricerca giudiziaria dei colpevoli, degli assassini e dei mandanti,
ma solo la caccia a chi ha osato alzare il velo su quella tragedia.