di Gianni Lannes
Campania, Lazio e Mar Tirreno contaminati da decenni. E lo Stato tricolore, ossia i governi fanno finta di niente, mentre le persone si ammalano e muoiono in un amen. I dati ufficiali del Cnen poi Enea, ma non solo, dal
1969 riportano un inquinamento radioattivo della terraferma, ma anche
di ben 1700 chilometri quadrati del Mar Tirreno, fino all’Isola di Ischia. Il
tasso di mortalità per insorgenze tumorali degli abitanti della Campania settentrionale,
in particolare di Sessa Aurunca e dei dintorni è ormai alle stelle, dopo gli
incidenti nucleari e le esondazioni del fiume. Controllori e controllati si confondono e tranquillizzano, mentre le autorità sanitarie nazionali e regionali negano il pericolo in atto. E come sempre il govewrno Renzi non risponde agli atti parlamentari, come nel caso dell'interrogazione a risposta scritta 4/01483 del 15 gennaio 2014.
Sono stati, inoltre, rintracciati valori anomali
all'interno di una trincea, un'area, ossia, ove negli anni sono stati interrati
rifiuti a bassa radioattività senza alcuna protezione, quali tute da lavoro degli
operai che lavoravano all'interno della centrale, una pratica allora consentita
dalla normativa; il rischio maggiore è quello relativo alle possibili oscillazioni
future delle falda; ulteriore preoccupazione emergeva dai controlli nella vasca
di accumulo, ove confluiscono gli scarichi della centrale e che, attraverso un
collettore, si riversano nel fiume Garigliano; i valori di cobalto 60 e cesio
137 risultavano infatti più elevati della norma, soprattutto se si considera,
come riportato dal sostituto procuratore Giuliana Giuliano, che tali sostanze
hanno tempi di dimezzamento relativamente rapidi.
La procura di Santa Maria Capua Venere ha
successivamente nominato alcuni consulenti per valutare i livelli di
radioattività e la loro possibile connessione con insorgenze tumorali; in
particolare, ai consulenti è stato chiesto di effettuare prelievi di matrice
ambientale all'interno e all'esterno della centrale, prelievi sulle matrici
alimentari, e di verificare i valori della vasche di accumulo, nonché di effettuare
campioni di rifiuti radioattivi all'interno delle installazioni e nella
suddetta trincea, posta sotto sequestro; i risultati delle consulenze risultano,
tuttavia, secretati, a causa del procedimento penale in corso che coinvolge
anche esponenti della Sogin, un elemento che desta significative
preoccupazioni.
La centrale elettronucleare del Garigliano, imposta
dal governo degli Stati Uniti d’America e dalla banca mondiale, situata nel comune di Sessa Aurunca, provincia
di Caserta, in estrema prossimità del fiume Garigliano, entrò in esercizio nel
giugno 1964 e venne disattivata nel 1978 per l'esecuzione di interventi di
adeguamento, a causa di un guasto ad un generatore dovuto all'esondazione del
suddetto fiume; la centrale venne definitivamente chiusa con delibera CIPE del
4 marzo 1982 per gli alti costi derivanti dalle operazioni di adeguamento; la
proprietà della centrale, assunta nel 1964 da ENEL, è passata dal 1999 a Sogin
spa, con l'obiettivo di realizzarne il decommissioning (dismissione e bonifica
del sito).
Nel dicembre 2001 è stata presentata presso
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale un'istanza di
autorizzazione per le operazioni di disattivazione, ex articolo 55 del decreto legge
numero 230 del 1995; conclusa l'istruttoria, l'Ispra ha emesso il proprio
parere tecnico nel 2006 e, su istanza del Ministero dello sviluppo economico,
ha richiesto alla Sogin l'aggiornamento del piano di disattivazione,
soprattutto per ciò che concerneva la strategia di deposito in sito dei rifiuti
radioattivi; soltanto il 28 settembre 2012, a distanza di 6 anni dalla
richiesta di aggiornamento alla Sogin da parte di Ispra, il Ministero dello
sviluppo economico ha emanato il decreto di autorizzazione delle operazioni di
decommissioning-disattivazione accelerata per il rilascio incondizionato del
sito, dopo la ricezione del parere aggiornato dell'Ispra e l'approvazione del
decreto di compatibilità ambientale (VIA) del 2010.
Durante l'ultima riunione del tavolo della trasparenza,
il principale strumento di informazione e partecipazione tra il livello
centrale e locale nel corso della procedura di decommissioning della centrale,
è stato chiesto all'assessore della regione Campania all'ambiente di informarsi
presso la procura in merito allo stato delle indagini; a seguito di un incontro
con il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere Raffaella
Capasso, avvenuto nel dicembre 2014, dall'assessore sono giunte tuttavia
soltanto alcune, generiche, rassicurazioni.
A partire dagli anni Ottanta si sono verificati
numerosi fenomeni di esondazione del fiume Garigliano, che hanno in alcuni casi
invaso il perimetro della suddetta centrale; l'ultima esondazione ha avuto
luogo nel marzo del 2011. I dati emersi dalle prime rilevazioni sui livelli di
radioattività, effettuate nel corso del procedimento penale, appaiono in
contrasto con le rassicurazioni provenienti dall'Ispra.
L’accesso alle informazioni ambientali è un diritto
riconosciuto a livello internazionale dalla Convenzione di Aarhus sul diritto
di accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e
l'accesso alla giustizia in materia ambientale del 1998, ratificata in Italia
con la legge n. 108 del 16 marzo 2001, e dal diritto comunitario attraverso la
Direttiva 2003/4/CE; il percorso di decommissioning degli impianti, iniziato
nel 2000, si prospetta ancora lungo: la Sogin, dopo una prima, ottimistica,
previsione circa una possibile fine dei lavori nel 2016, valuta invece oggi che
le attività dovrebbero terminare tra il 2024 e il 2028 e, solo successivamente,
i rifiuti radioattivi condizionati e stoccati nei depositi temporanei del sito
potranno essere trasferiti al futuro deposito nazionale.
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