Antartide - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
di Gianni Lannes
I
13 milioni di chilometri quadrati del continente bianco - a cui si accostò il
capitano James Cook nel 1773 - hanno il
tempo contato. I Paesi che hanno firmato la Convenzione per la regolamentazione
delle attività minerarie hanno trovato recentemente una serie di scappatoie che
sembrano accontentare tutti e che ora potrebbero dare il via libera definitivo
allo sfruttamento intensivo di questo territorio.
Un gruppo di Stati rivendica
una forma di sovranità sulla terra ricoperta di ghiaccio: Gran Bretagna, Francia, Australia, Nuova Zelanda e Norvegia hanno
riconosciuto le rispettive rivendicazioni. Cile
e Argentina, che fanno parte dei sette paesi rivendicanti, hanno contestato
le pretese della Gran Bretagna, preferendo ignorare le loro rispettive
richieste.
Antartide: scie chimiche - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Nel 1983 i francesi costruirono
un aeroporto per la loro base nella Terra di Adelaide. L’opera ha
disintegrato 5 isolotti: migliaia di metri cubi
di terreno sono stati rimossi con gli esplosivi.
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Nei lavori per la costruzione
della pista sono stati violati ripetutamente gli accordi del Trattato
internazionale del 1959. I pinguini imperatori sono notevolmente diminuiti a
causa degli insediamenti e della presenza umana.
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L'arteria stradale francese, infatti, ha
tagliato la via abituale di accesso dei pinguini imperatori alla loro colonia
di cova e numerosi altri sono minacciati di estinzione. E gli USA hanno
costruito una strada lunga 1500
chilometri tra la loro base di McMurdo e la costa. Non è tutto.
Antartide - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
L'ente
ecologista United Kingdom Antartic Heritage Trust ha censito «200 siti
abbandonati, tutte potenziali bombe ecologiche a orologeria, pronte a esplodere
per minare la salute del continente bianco».
Il
4 ottobre 1959 dodici Stati (Argentina, Australia, Belgio, Cile, Francia,
Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Sud Africa, Unione Sovietica, Regno Unito e
Stati Uniti) hanno firmato un accordo in cui non si riconosceva, ma neanche
ignoravano pretese di possesso, e con l’articolo 9 si consentiva a nuovi membri
il diritto di voto qualora «avessero intrapreso attività scientifiche di
ricerca continue e sostanziali».
Antartide - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
Il Trattato prevedeva la sospensione di
qualunque rivendicazione territoriale per 30 anni e destinava il continente alle
indagini scientifiche. Per l’Italia
un’attività di ricerca stagionale, supportata dal Cnr, ha portato nel 1985 al
progetto Antartide, affidato all’Enea, e infine, a una base italiana (Baia di Terranova) permanente che
funziona da allora, raggiunta ogni anno dalla nave Italica. I dodici firmatari
del Trattato del ’59, più 19 paesi aggiunti come membri consultivi - fra cui il
nostro - hanno firmato a Wellington
(Nuova Zelanda), la Convenzione mineraria dopo sette anni di trattative.
Fra le pieghe della Convenzione è nascosto un accordo tacito che consente lo
sfruttamento dell’Antartide senza richiedere alcuna unanimità di voto. Ed è oltretutto
sparito un principio stabilito nel trattato del ’59, ossia la paritarietà dei
paesi membri che presupponeva decisioni unanimi.
Antartide - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati) |
In sostanza, uno sparuto
gruppo di nazioni prende decisioni valide per tutti. All’organo che prende
decisioni di carattere generale - la Commissione formata da almeno 16 Paesi -
spetta il compito di individuare le aree di possibile sfruttamento minerario. E
il Comitato regolatore, formato da 10 paesi, può concedere la autorizzazioni
necessarie. Una volta acquisiti i diritti di prospezione, le licenze di
esplorazione e di sfruttamento seguono facilmente.
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Francia, Gran Bretagna, Usa, Russia e
Giappone si apprestano a far tabula rasa di un ricco bottino, in barba al
Protocollo sulla protezione ambientale (siglato nel '91) che stabilisce la
messa al bando per i prossimi 50 anni, di ogni sfruttamento minerario e la
valutazione dell'impatto ambientale per qualsiasi attività.
Depositi
certi di minerali di ferro sono indicati nei monti del Principe Carlo e nella
Catena Transantartica sonnecchia il
giacimento di carbone più ricco del mondo. Nella penisola sono state trovate
tracce di titanio, oro, stagno rame, cobalto e uranio. Sinora per le condizioni
assai critiche di lavoro e lo spessore del ghiaccio, non è stata presa in
considerazione la coltivazione di miniere sulle coste, ma è ben diversa la
situazione per l’estrazione di idrocarburi al largo.
Le
tecnologie attualmente disponibili consentono di esplorare giacimenti come
quelli del Mare di Ross e di
sfruttarli. Ricerche ed estrazioni di
idrocarburi in mare sono già iniziate. Il Geological Survey ha ipotizzato «riserve
petrolifere sull’ordine di 45 miliardi di barili e 3 milioni di metri cubi di
metano».
Mentre la Gulf Oil ha stimato che «nel mare di Weddel e di Ross sono
presenti sedimenti per 50 miliardi di barili». La Glomar Challenger ha
effettuato numerose trivellazioni e nella Baia di Ross, ha trovato alcuni
giacimenti di petrolio.
Le
perdite di idrocarburi, impossibili da controllare per le proibitive condizioni
climatiche, hanno conseguenze devastanti sui fragili ecosistemi locali,
soprattutto sulla scarse aree costiere prive di ghiacci, dove si concentrano,
uccelli, pinnipedi, pesci e microfauna marina. Le piattaforme al largo
richiedono inoltre ingombranti installazioni di appoggio sulla costa. Le
prospezioni geosismiche inducono poi gravi alterazioni nei sistemi biologici
marini. Le onde d’urto disturbano i cetacei durante l’alimentazione e
influiscono sulla vita di molti altri organismi.
Tutto! Distruggono tutto!
RispondiEliminaSe i racconti dell'Ammiraglio Richard E. Byrd fossero veri...sarebbe comico immaginare UFO con la svastica fuoriuscire dal "buco" e fare fuoco...ahinoi invece dai buchi fuoriusciranno materie prime soltanto...peccato soprattutto per quel magico lago Vostok nelle mani Russe!
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