Graziella De Palo Italo Toni |
di Gianni Lannes
Il 27 giugno si consumava la strage di Ustica, poi in sequenza la strage di Bologna. Entrambe ancora senza giustizia in uno Stato di diritto
teorico a sovranità azzerata dal 1943. Anche a Beirut correva l’anno 1980, il
due settembre. Quel giorno Graziella De
Palo (24 anni) ed Italo Toni (50 anni) sono stati eliminati
senza pietà. Due ricercatori della verità al prezzo della vita, sono stati inghiottiti
dal buco nero del traffico di armi, orchestrato
dallo Stato italiano. Questi temerari
giornalisti free lance, liberi e indipendenti, sono stati assassinati da
terroristi palestinesi, grazie alla copertura del Sismi. Nonostante sia scaduto ampiamente il termine temporale di
validità del segreto di Stato, confermato espressamente nel 1985 dall’allora
primo ministro Bettino Craxi, i
governi italiani, in particolare l’esecutivo Berlusconi e quello
Monti, non hanno disposto l’apertura
dell’archivio blindato anche ai familiari. L’imbarazzante vicenda (un duplice
omicidio con mandanti altolocati nelle sfere di potere ancora al comando) è
troppo scottante, anzi destabilizzante per il sistema di potere imperante nello
Stivale a stelle e strisce, perfino a distanza di 32 anni. Come ben sa Giulio Andreotti (organico a Cosa
Nostra fino al 1980, come ha stabilito inequivocabilmente la Cassazione nel
2004, dopo è scattata la prescrizione dei reati). L’attuale presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la
sicurezza della Repubblica) è Massimo
D’Alema, già noto in qualità di “premier” per i bombardamenti nell’ex
Jugoslavia (anno 1999). L’ex comunista D’Alema, recentemente, si è limitato a
presentare una cosiddetta riforma dell’intelligence tricolore. In sostanza: più
poteri di controllo per il Copasir, anche sul segreto di Stato, piano di
rafforzamento del ruolo del Dis, alta attenzione alla minaccia cibernetica. Ma
questa è un’altra storia.
Ilaria Alpi e MIran Hrovatin. |
Cronologia fatale - Il 16 giugno 1980 i giornalisti
Graziella De Palo, collaboratrice di Paese
Sera nonché de L’Astrolabio ed
Italo Toni, segugio dell’Agenzia Notizie,
chiedono all’ambasciata della Siria il visto d’entrata. Obiettivo ufficiale del
loro viaggio: un reportage sui campi profughi palestinesi in Siria e Libano. In
realtà, indagavano sul trasferimento clandestino di armi e esplosivi dallo
Stato italiano all’Olp. Il 22 agosto partono da Roma con il volo Syrian Arab
Airlines, alla volta di Damasco. L’Olp (Organizzazione per la Liberazione della
Palestina) procura loro il biglietto aereo e la permanenza gratuita presso un
albergo a Beirut. Arrivano in serata a Damasco dove vengono accolti da un
rappresentante locale dell’Olp, grazie ad una lettera di presentazione di Nemer Hammad (capo della delegazione
italiana dell’Olp). I due cronisti con un lasciapassare proseguono per Beirut.
Vengono alloggiati presso l’hotel
Triumph (zona ovest della capitale libanese sotto il controllo dell’Olp).
Il 31 agosto Toni contatta il Fronte Democratico per la Liberazione della
Palestina di Nayef Hawatmeh, che organizza le visite nei giorni successivi alle
postazioni militari palestinesi nel sud del Libano. Il primo settembre i due
giornalisti si recano per la prima volta all’ambasciata italiana in Libano.
Dopo aver spiegato le ragioni del loro viaggio, Toni chiede al primo
consigliere Tonini di cercarli, nel
caso in cui non fossero rientrati in albergo entro tre giorni dalla partenza. Il
2 settembre lasciano l’hotel Triumph.
Da questo momento, Graziella ed Italo scompaiono
per sempre. Il 15 settembre Graziella sarebbe dovuta rientrare in Italia.
Né l’Olp, né il personale d’albergo segnalano la scomparsa dei due italiani
alle autorità libanesi, italiane e alle famiglie dei giornalisti. Il 17
settembre i familiari della De Palo si recano presso l’ufficio dell’Olp a Roma per
avere notizie. Solo 12 giorni più tardi il capo ufficio dell’Olp, Hammad,
telefona alle famiglie di Toni e De Palo fornendo vaghe rassicurazioni. Il 2
ottobre viene pubblicata la notizia della scomparsa dei due giornalisti. L’11
ottobre Vincenzo De Palo, ufficiale dei carabinieri, padre di Graziella,
denuncia la scomparsa all’Interpol.
Il 18 ottobre l’ambasciatore D’Andrea invia alla Farnesina un telegramma riservato, informando che
il rapimento sarebbe opera di Al Fatah su richiesta siriana. L’ambasciatore
è stato messo al corrente del nome dei rapitori. Il 22 ottobre un funzionario
del ministero degli esteri impedisce ai familiari di Toni e De Palo di partire
per Beirut. I parenti vorrebbero recarsi sul posto per partecipare attivamente
alle ricerche. Nel frattempo il diplomatico Tonini viene improvvisamente
trasferito all’ambasciata di Bruxelles. Il 27 novembre il presidente della
Repubblica Sandro Pertini riceve i
familiari di Graziella De Palo. Questi gli fanno presente che Graziella aveva
denunciato a più riprese, nei suoi approfondimenti giornalistici, il ruolo dei
servizi segreti italiani nella copertura del traffico internazionale
clandestino degli armamenti, venduti dallo Stato italiani ai Paesi del terzo
mondo. I familiari si mostrano perplessi sul fatto che siano gli stessi servizi
ad interessarsi alle ricerche dei giornalisti scomparsi. Il Presidente telefona
in loro presenza al segretario generale della Farnesina, Francesco Malfatti di Montetretto, membro di diritto del Cesis,
l’organismo che coordina le attività dei sevizi segreti. Malfatti però nasconde
anche a Pertini le notizie reali sul sequestro, già fornite dall’ambasciatore
D’Andrea. Il 30 novembre Giancarlo De Palo (fratello di Graziella), munitosi di
un microregistratore incontra per la prima volta il colonnello Stefano Giovannone, il quale lo
rassicura di essere in trattative per la liberazione dei due giornalisti.
Il primo febbraio 1981
il funzionario del Sismi Giovannone riferisce alla famiglia De Palo che
Graziella è viva e si trova in una casa sorvegliata da alcune donne arabe.
Conferma, inoltre, ai suoi genitori, la sua intenzione di riportarla in Italia,
mentre sostiene la tesi che Toni sarebbe stato assassinato. Il 20 febbraio Umberto Vattani convoca la famiglia De
Palo a Palazzo Chigi, dove incontreranno il generale Santovito e il presidente
del consiglio Arnaldo Forlani.
Forlani conferma che Graziella è viva e prigioniera dei Falangisti cristiani. A
fine febbraio l’ambasciatore Stefano D’Andrea viene di punto in bianco
trasferito all’ambasciata di Copenaghen. Gli subentrerà Francesco Lucioli
Ottieri. Il 19 aprile Renata Capotorti e Giancarlo De Palo vengono ricevuti da Arafat. Sono presenti all’incontro Afif
Safieh, segretario particolare del leader palestinese e la giornalista Dina
Nascetti. Arafat dice ai che Graziella è
viva e prigioniera dei Falangisti e che si prodigherà per il suo rilascio.
Il 27 maggio scoppia lo scandalo P2.
Negli elenchi pubblicati della Loggia “coperta” di Licio Gelli, risultano i nomi del segretario generale della Farnesina
e membro del Cesis Francesco Malfatti di
Montetretto, del generale Giuseppe Santovito capo del Sismi, del prefetto Mario
Semprini, capo di gabinetto di Forlani, di Massimiliano Cencelli,
segretario dell’onorevole Mazzola. Il 2
giugno Arafat dichiara alla stampa italiana che Graziella è ancora viva,
detenuta dai Falangisti. L’11 agosto il nuovo presidente del consiglio Giovanni Spadolini riceve i De Palo e
minaccia di apporre il segreto di Stato. In autunno l’intera vicenda passa
nelle mani del pubblico ministero Giancarlo
Armati della Procura presso il tribunale di Roma. Secondo le successive indagini
giudiziarie è stato definitivamente assodato che la pista falangista sia stato
un tentativo messo in atto dai servizi segreti italiani per coprire le
responsabilità dell’Olp.
Il 9 febbraio 1985 il giudice istruttore Renato Squillante
accoglie l’istruttoria di Armati e rinvia a giudizio il colonnello Giovannone
ed il generale Santovito per aver orchestrato un disegno criminoso teso a
coprire gli autori del sequestro e dell’omicidio dei due giornalisti, ostacolando
le indagini con false testimonianze, accreditando fatti inesistenti e
strumentali, depistaggi, abuso di potere e violazione dei propri doveri
istituzionali. Assieme a loro viene imputato di omicidio il leader del FPLP
(Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) George Habbash con altri ignoti. Il 28 marzo durante il dibattimento Giovannone oppone ai giudici il
segreto di Stato. Il primo ministro Bettino Craxi ufficializzata tale vincolo
riguardante i rapporti tra la Repubblica italiana e l’Olp.
Nel febbraio 1986
il giudice istruttore Renato Squillante archivia il procedimento nei confronti
di Habbash per insufficienza di prove e quello nei confronti di Santovito e
Giovannone per il loro sopravvenuto decesso. Le famiglie De Palo e Toni non
sono ammesse a costituirsi come parti lese nel procedimento a carico
dell’appuntato dei carabinieri, impiegato all’ambasciata italiana di Beirut,
che su istigazione del colonnello Giovannone, gli consegnava copia dei messaggi
cifrati segreti tra l’ambasciatore e la Farnesina.
Giornalisti a perdere - A loro ho dedicato un capitolo
della mia ultima fatica sul campo (IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO). Va
precisato che spicca per disinteresse conclamato e reiterato, la casta dell’Ordine
nazionale dei giornalisti. L’assassinio di Graziella De Palo ed Italo Toni mostra evidenti analogie (il
coinvolgimento attivo del Sismi ed il traffico illecito di armi tra Stati) con
l’omicidio in Somalia (20 marzo 1994) dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Casi a tutt’oggi ancora impuniti in uno Stato italiano di diritto calpestato e
di giustizia negata. Impossibile dimenticare un altro caduto italiano sul campo
di guerra: il fotoreporter Raffaele
Ciriello, assassinato dall’esercito israeliano a Ramallah in Palestina il
13 marzo 2002. Quattro esploratori della
realtà inghiottiti in un buco nero dal quale finora sono usciti che frammenti
di verità (maldestramente negate dalle autorità) e valanghe di menzogne
governative.
Raffele Ciriello. |
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