foto Gilan |
di Gianni Lannes
La primordiale immensità esisteva dall'alba e dalla notte dei tempi, insomma da sempre. Tutto era in lei: luce, bellezza, armonia. Una musica melodiosa risuonava in ogni dove e tutto risplendeva di straordinaria gioia per la vita. Nella danza dell'esistenza tutto e ogni cosa sbocciavano, fiorivano e svanivano nel segno dell'amore.
Di tanto in tanto accadeva che qualche danza perdesse il ritmo. Un bel giorno, in un certo punto dell'immensità, si udirono strani suoni. Rumori e bagliori mai visti prima s'erano messi a lampeggiare all'improvviso e senza preavviso della suprema autorità.
Proprio in quel minuscolo punto dell'immensità tutto sembrava perduto: era il caos...
Osservata da lontano tutta questa confusione non incuteva paura. La chiamavano libertà: il grandioso principio. Nell'immensità tutto era possibile, ma solo le cose belle si diffondevano subito e si tramandavano da una generazione all'altra. Così, ad un tratto, questa nuova melodia arricchiva il canto naturale, mentre quelle stonate, un po' come piante che non portano frutto, venivano in un lampo presto dimenticate.
Erano in tal modo germogliati mondi paralleli e d'ogni specie. Uno di questi scrutato da orbite stratosferiche appariva azzurro. Si chiamava Gaia e nell'immensità danzava sempre con Luna. Armonia e libertà avevano infuso la vita al globo terrestre: a immagine dell'immensità.
Tutti partecipavano alla danza vitale: fecondare, risplendere, generare, vivere, svanire e poi riapparire sotto rinnovata forma era il cuore dell'armonia.
Tutte le creature – minerale, vegetale, animale – ognuna con la sua voce, affidavano il loro incantevole canto al vento, unendosi al coro dell'armonia. Tra esse una in particolare amplificò tutte le voci delle altre creature, ma ad un certo punto iniziò a procedere per una strada sua.
Libertà, il grande principio lasciò fare. Fu così che nacquero il prima e il dopo, tu ed io e tante altre cose belle e brutte. Molte stagioni erano trapassate. Era stato inventato il tempo, il denaro e moltissime altre cose ; ed infine era spuntato l'egoismo.
In quel punto dell'immensità si videro sempre più bagliori spaventosi, rumori assordanti da far accapponare l'animo e poi tante nubi grigie soffocavano l'azzurro e i cori dell'arcobaleno. Libertà lasciò fare.
Quella voce che tutto i suoni poteva imitare ed ogni armonia suonare o cantare, conobbe una parole terribile: morte.
Da allora gli eventi andarono sempre più di degenerazione in peggio. Le creature dai variegati colori di pelle, avevano già da tempo iniziato a dividersi e cercavano di avere tutte le cose. Nel frattempo erano nati anche il sopra e il sotto, la destra, la sinistra e pure il centro. Quelli che abitavano di sopra, spavaldi per le loro scoperte, da tempi remoti avevano iniziato a depredare il resto del mondo. Tutto, ma proprio tutto, veniva sgraffignato e trasportato lassù. E ogni discorso serviva a per dimenticare l'orrenda parola che non lasciava scampo a nessuno.
Luna iniziò a notare che Gaia non sapeva più danzare, incespicava e spesso si fermava. Tutte le risorse che armonia aveva donato affinché tutti ne potessero godere, gli esseri dai molteplici colori avevano concentrato in un solo luogo.
Quelli di sopra non lasciavano perdere occasione per far notare a quelli di soto quanto erano superiori. E fu così che quelli considerati inferiori decisero di voler andare nel mondo di sopra. Fu proprio allora che nell'immensità anche i ciechi notarono cose mai viste. Il pianeta azzurro era ormai grigio; e la povera Luna col ritmo delle maree cercava di rimediare invano. Libertà, il nobile principio lasciò fare.
Un bel dì un impensabile presagio veleggiò per i quattro venti. Un terribile, anzi odiosissimo mostro si aggirava per la Terra. Niente e nessuno poteva fermarlo. Nemmeno i sapientoni in camice sbiancato e prezzolato, sapevano cosa diamine fare. Alcuni raccontavano che il terribile mostro era fuoriuscito dagli incubi del covidiota Bill Gato. Il virus coronato tracimava perfino dai rubinetti e dai clarinetti. Lui, però, era invisibile e famelico assai. Comunque il suo piatto preferito erano i nonni, possibilmente malconci e malandati. Tutti per ordine dell'indiscutibile autorità, furono rinchiusi in casa con striminzito decretino. Niente da fare: il nuovo coronavirus, così soprannominato da chi sapeva tutto, non dava pace e da quando erano stati scoperti i numeri, erano stati usati per contare i poveretti che il mostro di laboratorio aveva divorato senza pietà, però solo a metà. I numeri correvano all'impazzata: ogni momento gli scenzioti li davano, o meglio, li gonfiavano e c'era perfino chi li giocava alla borsa e ne approfittava.
I bambini mascherati dai maggiordomi dell'ordine piangevano un giorno sì e l'altro pure perché volevano abbracciare il sole della libertà e così tornare a vivere. Ma niente: i nonni erano a dir poco sordi assai. Quei covidioti che le nazioni comandavano a bacchetta in regime di operetta, non ne volevano sapere di liberarli a dovere.
“State a tutti a casa e guai a chi esce dal guscio”: gracchiavano i minacciosi e mega altoparlanti, lo ripetevano i manifesti giganti e lo ripetevano minacciose guardie tuonanti. Mai visti insettoni meccanici rincorrevano e spaventavano dall'alto chiunque osasse anche solo uscire per prendere una boccata d'aria. Passarono i giorni, poi i mesi e addirittura un anno, quando a forza e col ricatto furono iniettati nel sangue i sieri sperimentali. Però, questi toccasana invece di guarire ed immunizzare i malcapitati più o meno forzati, li facevano tanto ammalare. Nessuno comunque lo doveva dire in giro. E, allora, il nobile principio della verità così scomparve.
Ma un bel giorno quel piccolo mondo antico fece uno starnutone. Il fumo grigio era sparito, la luce dell'immensità raggiungeva il profondo, l'armonia risuonava e Gaia finalmente tornava a risplendere.
I bambini imprigionati nel dentro tornarono a sorridere e a popolare il fuori. In un battibaleno la vita rifiorì come per inaudita magia. Da quel giorno ogni anno per quaranta giorni esatti e precisi, la festa avrebbe invaso e rallegrato tutto il mondo e gli umani, ormai rinsaviti dalla covidiozia virale. Gaia potè così respirare e nuova linfa vitale rigenerare.
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