Augusta: il sommergibile nucleare Scranton |
di Gianni Lannes
Da martedì 28 giugno 2016 non si hanno più notizie
di Giovanni Costanzo, 62 anni, comandante del peschereccio "Santo
Primo", naufragato davanti alle coste di Porto Palo nel territorio di
Siracusa.
L’imbarcazione è affondata per cause ancora da
accertare. Salvati da un diportista i due componenti dell’equipaggio: i due
superstiti erano da quasi 24 ore sopra un pezzo di legno a circa 10 miglia a
sud della costa di Portopalo. Il
peschereccio probabilmente si è inabissato sul fondale di circa 60 metri.
Ma cosa ha determinato il repentino affondamento del motopesca? Un'azione del genere Cermis? In passato esiste una copiosa casistica di inabissamenti provocati dalle manovre azzardate di sommergibili della sesta flotta statunitense, addirittura nelle acque territoriali italiane. Perché la Marina Militare non recupera l'imbarcazione e il corpo del pescatore catanese? Forse perché sarebbe lampante la dinamica del cosiddetto "incidente"?
In ogni caso i lavoratori del mare, soprattutto italiani, non contano niente a qualsiasi latitudine: sono povera gente, da dimenticare senza neanche seppellire nella nuda terra. La vicenda ricorda quella recente accaduta al peschereccio Rosinella, affondato inspiegabilmente il 19 aprile scorso al largo di Gaeta, che ha provocato la morte di tre pescatori. E addirittura quella antecedente del 28 ottobre 2015 del peschereccio Giumar. In tutti e tre i casi nessuno tipo di allarme è partito dalle imbarcazioni, come se l'affondamento fosse stato rapido e inesorabile. Maltempo? E' già accaduto in un recente passato: un sommergibile da guerra dello zio Sam aggancia le reti da pesca e trascina sul fondale l'ignara motobarca.
Sarebbe il caso di telefonare all'ambasciatore John R. Phillips e chiedere urgenti chiarimenti. E' opportuno, inoltre, che qualche valido avvocato aiuti gratuitamente la famiglia del pescatore italiano.
Augusta: il sommergibile nucleare Scranton |
“Rivogliamo mio padre, vivo o morto che sia. Ma lo
rivogliamo - tuonano così le parole di Rosanna Costanzo, una delle figlie del
capitano - Mio padre usciva con la barca per 40-50 euro alla settimana. Veniva
fino a Portopalo perché a Catania non si può pescare».
«Nessuno lo sta cercando. La capitaneria di porto,
la Guardia Costiera di Siracusa e anche quella di Catania, ci hanno detto che
non possono far venire i sommozzatori perché è costoso. E soldi, ovviamente,
non ne hanno».
Secondo quanto raccontato da uno degli uomini
presenti al momento dell’accaduto, Giovanni Costanzo avrebbe sbattuto il capo e
perso i sensi. Al momento della tragedia, il capitano, si trovava nella cabina
dell’imbarcazione. Se così fosse, il corpo dovrebbe essere rimasto incastrato.
«Quando esci in mare lo sai che forse non torni».
I parenti di Giovanni Costanzo, il pescatore 61enne disperso al largo di
Portopalo da mercoledì, sono rassegnati. Sanno che l'uomo, che avrebbe compiuto
62 anni tra pochi giorni, probabilmente non tornerà. «Dev'essere rimasto dentro
la barca», dicono. Il peschereccio Santo I, un'imbarcazione di 16 metri con la
quale era andato a fare pesca a strascico nel Siracusano, partendo all'alba dal
porto di Catania. Con un equipaggio composto, in totale, da tre persone: oltre
a Costanzo, un pescatore catanese e uno di origini tunisine.
Una famiglia di pescatori da tutta la vita. Cinque
fratelli, tre sorelle e una tragedia vecchia di 35 anni: la morte, sempre in
mare, di uno di loro. «Ne doveva fare 22 quando se l'è portato il mare»,
raccontano i parenti. Sono tutti riuniti davanti agli uffici della Capitaneria
di porto. Sono arrivati a dare indicazioni alla guardia costiera, per spiegare
dove di preciso Giovanni Costanzo era andato a pescare. «A Catania non c'è
niente, bisogna arrivare fino a Portopalo per prendere qualcosa - sostiene un
cognato - Quella mattina si sapeva che c'era un poco di cattivo tempo. Ma che
fai? Non esci? Quelle barche reggono fino al mare forza otto, quel giorno era
forza sei. Però in questo lavoro non si può mai dire: un colpo di vento,
un'onda che ti prende male e finisci sott'acqua».
L'onda che avrebbe fatto inabissare il Santo I
sarebbe arrivata intorno alle 10.30 del mattino. Più o meno a metà della
battuta di pesca iniziata alle prime luci dell'alba. Il peschereccio si
dovrebbe trovare a circa 60 metri di profondità, a otto miglia al largo della
costa siracusana. «Il relitto non si deve essere spostato di tanto - continua
la famiglia Costanzo - Anche se ai due pescatori che erano sulla barca li hanno
trovati uno a dieci e l'altro a 18 miglia al largo. Erano attaccati a pezzi di
legno, sono stati più fortunati».
L’unità era dispersa dal 19 aprile scorso dopo
essere partita dal porto di Formia con a bordo il comandante di Ercolano
(Napoli) e due marinai di origine tunisina. Nonostante l’accurata ispezione dei
palombari della Marina Militare, non è stato ancora trovato all’interno del
motopesca Rosinella il corpo del comandate Giulio Oliviero. È questo il
responso dei palombari che si sono inabissati dalla nave Anteo per cercare
all’interno del relitto la salma del comandante scomparso. Il peschereccio era
disperso dal 19 aprile scorso dopo essere partito dal porto di Formia con a
bordo il comandante di Ercolano (Napoli) e due marinai di origine tunisina. Il
22 aprile l’individuazione del relitto a 8,6 miglia dalla costa antistante
Gaeta su fondali di oltre 60 metri. La Nave Anteo, arrivata nell’area dove
giace il relitto del motopesca Rosinella - per cercare proprio la salma del
comandante , si è posizionata proprio sulla verticale del del peschereccio
inabissato nella notte del 27 maggio, dando subito inizio alle operazioni
subacquee dei palombari. Gli uomini della Marina Militare si sono infatti
immersi attraverso la camera di decompressione subacquea e dell’impianto
integrato per immersioni profonde di Nave Anteo. «Le delicate attività
d’immersione - si legge in una nota della Marina militare - si sono svolte in
uno scenario operativo molto impegnativo sia per la profondità superiore ai 60
metri e l’orario notturno delle prime immersioni, sia per la presenza delle reti
che si sono adagiate sulla coperta e sulla plancia del Rosinella. Le operazioni
si sono protratte fino alla tarda mattinata del 28 maggio: con il veicolo
subacqueo filoguidato Sirio, gli operatori palombari hanno effettuato una
accurata ispezione anche all’interno del peschereccio entrando nell’alloggio
del comandante, nella plancia, nella sala mensa e nella sala macchine. Non è
stata però rinvenuta la salma di Oliviero. Sul posto c’è anche il cacciamine
Gaeta che nei giorni scorsi ha recuperato due le salme nei pressi del relitto».
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