13.2.15

I NOSTRI TELEFONINI RUBANO LA VITA IN AFRICA

Caccia all'oro grigio per i telefonini. E il Congo muore. Il coltan è un minerale radioattivo utilizzato per la costruzione di microchip. La sua estrazione insieme a quella dei metalli preziosi sta distruggendo un'intera zona dell'Africa


di Gianni Lannes

I cittadini del Congo e il piccolo popolo dei pigmei Mbuti, i più antichi abitanti del Continente Nero, muoiono a causa dei nostri telefoni cellulari. Allo stesso destino sono esposti gorilla, elefanti e altri animali che vivono nel parco nazionale Kahuzi-Biega e nella riserva faunistica Okapi. E non certo per le onde elettromagnetiche emesse dalle antenne, quanto per le disastrose conseguenze della guerra per l'estrazione del «coltan», un minerale radioattivo, composto di niobio e tantalio, ingrediente fondamentale di telefoni cellulari, computer portatili, telecamere digitali, air bag e altro ancora. L'oro grigio, in particolare, viene utilizzato per ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei microchip di ultima generazione. 


Le riserve principali di coltan, l'oro grigio, si trovano nel Congo orientale e in Australia. Nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dal 1998 incombe una guerra che ha ucciso quasi 2 milioni di persone. Secondo un rapporto dell'Onu «dal saccheggio si è passati allo sfruttamento sistematico delle ricchezze del Paese». Da una parte ci sono i ribelli e i loro alleati - soldati ugandesi e rwandesi - che occupano il territorio congolese - dall'altra le milizie Hutu, Angola, Namibia e Zimbawe che sostengono il governo Kinshasa. I tesori emergono dal sottosuolo: oro, diamanti, rame e soprattutto, coltan. A pilotare lo sfruttamento sono in tanti: statunitensi, inglesi, sudafricani, australiani, belgi, austriaci, russi e kazaki. La guerra si alimenta da sé, con i proventi della vendita delle preziose materie prime. Dopo la scoperta del coltan anche il paesaggio è cambiato: le montagne di Masisi sono diventate gallerie simili al gruviera a furia di perforazioni. Ufficialmente si calcola che gli escavatori africani siano circa 10 mila. A loro spetta un compenso di 10 dollari al chilo, mentre la quotazione media internazionale del coltan si aggira sui 350 dollari. Nella zona di Lubero e, più a sud, a Punia, Kalimo, Lugushwa, come a Walikale e Kalehe, il coltan è di una qualità eccezionale. L'estrazione della preziosa polvere è praticamente monopolizzata dai rwandesi, o meglio dal Rassemblement Congolais pour la Democratie (Rcd) che ne ricava oltre un milione di dollari al mese. L'Rcd ha costituito la società mineraria Somigl (Société minière des grands lacs), che sfrutta il coltan in regime di monopolio. Arrivare nel cuore dell'Africa è un'impresa: scalo aereo a Entebbe e prosecuzione del viaggio a bordo di un camion nel sud dell'Uganda. Approdiamo a Bukavu, la città invasa dagli eserciti rwandese e ugandese nel 1996. Qui molti si sono organizzati in un movimento chiamato «Società Civile», che boicotta pacificamente le iniziative dei rwandesi. «È un'occupazione a scopo di sfruttamento - osserva un intellettuale - il saccheggio del ricco Congo ad opera di un piccolo Paese senza risorse come il Rwanda». La febbre del coltan attrae famelici appetiti. Lo sfruttamento della ricchissima regione sta passando attraverso un piano di destabilizzazione della società, realizzato distruggendo le infrastrutture, spopolando alcune aree ed eliminando i leader tradizionali e gli intellettuali. Ospedali, centri di ricerca, parrocchie, missioni, scuole, interi villaggi vengono attaccati, talvolta svuotati. Gli autori dei misfatti sono truppe regolari dell'Apr, a volte affiancate da militari dell'Rcd. La gente di Bujavu ha sofferto la prima invasione nel '96, che ha portato al potere Kabila, e sta vivendo la privazione di ogni diritto da questa seconda occupazione. I giornali sono tutti spariti e le radio indipendenti chiuse. L'economia locale è al tracollo. Tutto si paga in dollari. In viaggio verso Goma, lo scenario muta. Ci accoglie una città percorsa da un fremito di vita: una fiumana di gente, piccoli artigiani ai bordi della strada principale, bancarelle, piccoli negozi, donne e bambini che tentano di sopravvivere. Lavoro, cibo, medicinali, indumenti, per molti - in particolare, profughi - si rivelano un sogno. Pochi possono disporre al massimo di un dollaro quotidiano. «Le armi dei paesi ricchi e delle multinazionali insanguinano il continente africano - scrive la Società Civile all'associazione "Beati i costruttori di pace". Non possiamo far finta di nulla». Nella regione del Kiwu un bambino su tre è orfano. Per i giovani congolesi, pressati dalle condizioni di sempre maggiore miseria, è forte la tentazione di passare alla lotta armata, per procurarsi da vivere e per liberare il loro Paese. Sparizioni e massacri sono all'ordine del giorno: il Congo dell'est continua ad essere saccheggiato nell'indifferenza del resto del mondo.


fonte: 

L’Unità, 3 Novembre 2003 - (pagina 22) sezione Scienze

 http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/105000/100873.xml?key=lannes&first=21&orderby=1

2 commenti:

  1. Ho partecipato ad una missione come medico volontario, 4 anni fa, nel sud Kiwu, regione nel nord est del Congo,la regione ricca di miniere di oro e coltan, ma teatro del genocidio negli anni 90 fra etnie Hutu vs Tutsi . Missione organizzata dalle onlus Gente in cammino e Medici in Africa ambedue genovesi. E' stata un'esperienza traumatizzante sia dal punto di vista emotivo che fisico. Da Roma ad Addis Abeba, quindi Kampala (Uganda) e Tappa a Kigali, capitale del Rwanda. Da li in macchina fino a Bukawu lungo le belle strade del paese delle mille colline. Superata la frontiere congolese si fa un grande salto indietro nel tempo.La natura è bellissima e a tratti primordiale, non esistono strade ma solo sentieri in terra rossa che, dopo ogni pioggia improvvisa giornaliera, si trasforma in fango tremendamente appiccicoso . Impieghiamo oltre due ore per percorrere 10 km. Questi sentieri che portano sia verso Bukawu che nei villaggi limitrofi, erano percorsi durante tutto il giorno da un fiume ininterrotto di persone a piedi, vestiti di coloratissima povertà. Ci consigliano di non fotografare. Nell'aria si respirano ancora i miasmi dello scellerato genocidio. Frequentiamo dapprima un piccolo ospedale alla periferia di Bukawu dove eseguiamo alcuni interventi chirurgici insieme a una dottoressa locale, quindi ci spostiamo a Luwingja, un piccolo villaggio a 2000 metri di altezza, dove c'è un piccolo ospedale gestito da un medico indigeno nostro amico. Anche li operiamo come volontari. Offriamo il nostro aiuto anche ai componenti maschili di una tribù dei Mai Mai che avevano percorso a piedi 4 giorni di foresta per giungere a farsi curare . Avevano bisogno anche di un dentista...ma purtroppo era rimasto a Bukawu. Scoprirò dopo che era stata una delle tribù più agguerrite durante il genocidio dei Tutsi.Ho ascoltato dai missionari del posto storie inenarrabili di violenza e sfruttamento delle persone, in modo particolare bambini e donne sia nelle miniere di oro che di coltan. Dappertutto nei sentieri intorno a Luwingja transitavano pick up ricolmi di soldati armati fino ai denti che spesso ci ricoprivano di schizzi di fango al loro veloce e violento passare. I bambini allora lavoravano oltre dieci ore al giorno nelle miniere, a mani nude e privi di qualsiasi altra protezione. La loro vita non valeva nulla. Infatti raccontavano storie che spesso feriti sul lavoro, venivano finiti a bastonate dalle guardie per non sprecare un dollaro, il costo di una pallottola. Quando vedo persone comprare oggetti d'oro o rinnovare continuamente il proprio telefonino,mi tornano alla mente le immagini di quei luoghi, i volti rassegnati dei loro abitanti, le persone operate che ti ringraziavano con un sorriso e cercavano di baciarti le mani, le lunghe file di camion stracolmi di persone e bambini che si recavano alle miniere del sud Kiwu per un giorno di lavoro. Ma un fatto bello e inaspettato mi è accaduto a Bukawu. Un giorno sapendo della nostra presenza è venuta a trovarci una suora francescana, suor Paola. Chi era ? Una mia compagna di studi universitari di Medicina a Genova. Facevamo spesso il tragitto insieme per raggiungere l'Università e avevamo dato molti esami dati lo stesso giorno. Dopo la laurea non l'avevo mai più veduta. Mi raccontò che divenuta anestesista a 40 anni aveva scelto la via religiosa ed ora era missionaria in una tremenda e poverissima periferia di Bukawu. Era distrutta dalla stanchezza e dai ripetuti episodi di malaria sofferta negli anni di missione. Il suo incontro in quel luogo sperduto del mondo fu per me un fatto eccezionale, magico e meraviglioso che solo l'Africa ha saputo donarmi e custodirò sempre gelosamente nei mie ricordi.

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  2. Spero nella legge karmica....quelli che stanno subendo simili nefandezze sono gli stessi che in altre vite le hanno imposte.
    E ' solo cosi' che si paga....Non fare algli altri quello ecc.ecc...

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