Taranto cimitero. |
di
Gianni Lannes
«Mi
chiamo Anna Carrieri, ho
cinquantadue anni, abito da quando sono nata al quartiere Tamburi (a Taranto,
ndr). Il 16 maggio 2004 nel giro di 5 minuti perdo l’uso delle gambe». Il
destinatario della missiva è il potente pluripregiudicato Emilio Riva, fondatore del Gruppo Riva a cui l’Ilva fa capo,
riverito da Vendola in persona. Ma Anna ha inviato la lettera anche al
Governatore della Regione Puglia. Nichi
Vendola non ha ancora offerto uno straccio di risposta plausibile. Sarà un
caso, ma il guru pugliese trova però il tempo di lasciarsi intervistare dalla
patinata rivista IL PONTE, pubblicata, manco a farlo apposta dal patron Riva. Un
periodico dove già nel primo numero si leggono amenità del presidente Vendola e
della sua amica che l’ha adottato, tale Emma Marcegaglia, discendente di una
casato dedito al traffico illecito di rifiuti, come hanno accertato alcune
indagini giudiziarie e condanne penali di Steno ed Antonio (padre e fratello
dell’ex presidente di Confindustria).
«L’Ilva mi ha condannata per tutta la vita
sulla sedia a rotelle. La mia paralisi è stata provocata dall’inquinamento da
metalli pesanti. Il mio organismo è pieno di minerali che tra i vari danni
colpiscono il sistema nervoso centrale, attaccano la mielina con conseguente
paralisi» prosegue la lettera di Anna.
Cemerad, rifiuti radioattivi. |
PUGLIA INFELIX - Secondo i dati dell’Ines (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) «il 92
per cento della diossina fuoriesce dall’Ilva»: le ciminiere dell’impianto
siderurgico -graziato a più riprese dal Governatore della Puglia con accordi
segreti in violazione della Convenzione
di Aarhus (un atto europeo sull’accesso alle informazioni, la
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia
in materia ambientale) ratificata dall’Italia con la legge 108/2001- sputano
nell’atmosfera perfino veleni radioattivi, in assenza di controlli specifici
dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente).
Con
la compiacente disattenzione dello Stato italiano e di questa Regione orientale
dello Stivale, a Taranto e provincia i veleni chimici e radioattivi devastano
aria, acqua, cibo e terra. La vita, soprattutto dei bambini che succhiano latte
materno già contaminato, qui è segnata per sempre. E l’inquinamento ambientale,
che miete vittime a migliaia, alletta il business sanitario dei privati,
specialmente se l’investimento iniziale è a carico delle casse regionali. E’ il
caso dell’ospedale privato della
Fondazione San Raffaele del Mediterraneo:
Vendola a più riprese, fino ad agosto 2011, aveva stanziato
210 milioni di euro (denaro pubblico) per la struttura clientelare di don
Verzè. Il prete-manager prima di spirare aveva insignito Berlusconi e Vendola
con lo stesso ambito premio, ovvero il “cedro d’oro”.
«Da
noi la salute è un mercato», taglia corto Saverio
De Florio, portavoce dell’Associazione malati cronici e immunitari di
Taranto «invece di intervenire sulle cause di questa situazione si specula».
Insomma, ‘Puglia infelix’, vedi Brindisi (Enel),
Margherita di Savoia (Saibi-Montedison)
e Manfredonia (Enichem) e poi muori.
Si tratta di aree urbane altamente inquinate - segnalate oltretutto a metà
degli anni ’90 dall’Organizzazione mondiale per la sanità - e nonostante i
quattrini pubblici erogati, tutt’oggi, non bonificate.
In
loco la mortalità generale oltrepassa del 17 per cento la media regionale, già
elevata. I casi di cancro registrano un aumento vertiginoso senza distinzioni
d’età. Anche nel Salento i tumori aumentano a dismisura. «Qui ormai si è perso
il conto delle vittime» racconta Adele
Dentice del movimento politico PER
IL BENE COMUNE.
«Città
ad alto rischio ambientale» ha decretato il 23 aprile 1998 un decreto del
Presidente della Repubblica. Rimedi concreti? Zero. Il Governatore Vendola ha
pubblicamente affermato che «a Taranto non c’è emergenza», e lo stesso ha fatto,
mentendo spudoratamente, il suo Assessore all’Ambiente Nicastro (magistrato in aspettativa). Mentre patron Riva ha finanziato
le campagne elettorali di Bersani e
di Berlusconi, nonché dei politanti
locali, tutti sul ‘libro paga’ dapprima che l’Iri di Prodi, vale a dire lo Stato, senza risanare svendesse per poche lire, pur di togliersi dall’impiccio.
LOGGE RADIOATTIVE - Lo stato di abbandono è inquietante. Il
portone scricchiola e si spalanca sotto le folate del maestrale in riva allo
Ionio. Alla Cemerad di Statte, ad un
tiro di schioppo da Taranto, proprio ad un soffio da un ospedale, il contatore
Geiger segnala pericolo. Torno ad occuparmene, dopo tanti anni.
L’azienda
di Giovanni Pluchino, da Mottola.
era dedita al trasporto e stoccaggio di rifiuti radioattivi e tossico-nocivi,
tutti provenienti dall’Italia centro-settentrionale, da un ventennio, sulla
base di una mera autorizzazione dell’Ufficio del medico provinciale di Taranto
(nulla osta del 28 luglio 1984, protocollo n. 12478) e, in seguito della giunta
provinciale (n. 1889 dell’11 ottobre 1989).
Malgrado
il sequestro preventivo disposto il 19 giugno 2000 dal Gip, Ciro Fiore, effettuato dal Nas
Carabinieri il 4 luglio successivo, «dell’intera area comprensiva di locali,
impianti, depositi e terreni pertinenziali recintati» attesta il procedimento
penale n. 5662/2000 G.I.P., ben «30 mila fusti metallici arrugginiti», segnala
il verbale di sequestro dell’Arma, «60 containers e 42 silos» risultano ancora
dimenticati in un’area di 4 mila metri quadrati. Contengono scorie a media
radioattività con tempi di dimezzamento ultratrentennali.
Non
è tutto. «All’interno di un capannone abusivo di 5 mila metri quadrati», dichiarano i carabinieri «vengono stoccati
circa 18.000 fusti di rifiuti radioattivi». Un altro verbale del Nas, datato 9
agosto 2000 certifica alla presenza dell’impiegato Colao Francesco, la
sparizione di «documenti dai faldoni 50-55». Epilogo intermedio il 10 giugno
2003 il Tribunale di Taranto ha condannato Giovanni Pluchino a «1 anno di
reclusione e al pagamento di una sanzione pecuniaria di 12 mila euro».
L’autorità giudiziaria ha disposto anche il dissequestro del deposito e la
bonifica del sito entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, oltre alla
restituzione dell’immobile al proprietario Mario Soprano. Ed ecco le
motivazioni. Il titolare della Cemerad, secondo l’impianto accusatorio della
magistratura, «realizzava una discarica di rifiuti pericolosi e senza la
prescritta autorizzazione e gestiva un impianto di raccolta di rifiuti
radioattivi senza rispettare le specifiche norme di buona tecnica al fine
evitare rischi di esposizione alle persone del pubblico». La sentenza, passata
in giudicato, non ha avuto seguito. In Italia il sistema giudiziario non
consente di imprigionare nessuno per reati ambientali che mettono a repentaglio
la vita di migliaia di persone e l’ecosistema naturale? Tutto tranquillo? Il
pericolo permane: l’ordigno a orologeria, infatti non è stato ancora
disattivato. Il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco e l’Azienda sanitaria
locale Taranto/1 avevano denunciato «gravissimi rischi per la salute e
l’incolumità pubblica e privata, gravissimi rischi di inquinamento e
contaminazione ambientale a causa delle notevoli quantità di rifiuti
radioattivi, speciali e tossico-nocivi stoccati nella struttura Cemerad».
Per
metà della Puglia e un pezzo di Basilicata, nel deposito nucleare, in località
“masseria Vocchiaro-Grottafornara”, a ridosso della statale 172 per Martina
Franca, a un sputo dal centro abitato stattese di 15 mila anime, il peggio
sarebbe lo scoppio di un incendio provocato da un malintenzionato, o, peggio
ancora, da un terrorista. Oltretutto, a poche decine di chilometri, proprio in Lucania (Trisaia di Rotondella), in riva allo Jonio, lo Stato al termine
degli anni ’60 ha realizzato un cimitero nucleare, inaugurato dall’onorevole Emilio Colombo, camuffato da centro
ricerche Enea. Comunque, nell’ex
feudo del clan Modeo si accumulano
ritardi e silenzi istituzionali. L’Enea è da tempo al corrente della
situazione, come documenta una propria nota epistolare risalente al 29 novembre
1990. E lo è il Ministero dell’Industria, addirittura dal 28 luglio 1984. Idem
la Presidenza del Consiglio dei Ministri di cinque governi. L’ANPA (Agenzia
Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), addirittura, non dispone un
accertamento in loco e in una comunicazione del 20 luglio 2000, siglata dal dirigente
Mario Paganini Fioratto, prende per
buona l’autocertificazione sulla sicurezza, redatta dall’ingegner Luigi Severini per conto della stessa
Cemerad: «Non si sono riscontrate inosservanze alla normativa vigente». Eppure
l’8 luglio 2000, il sostituto procuratore Filomena
Di Tursi e l’allora procuratore aggiunto della Repubblica, Franco Sebastio (oggi capo) scrivono al
Ministero dell’Ambiente, al Presidente della regione Puglia, nonché al Prefetto
e al Presidente della Giunta provinciale: «La normativa vigente prevede il
potere-dovere di intervento dei competenti organi amministrativi al fine di far
realizzare, o di realizzare direttamente la messa in sicurezza e la successiva
bonifica delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva pericolo di
inquinamento. Si prega di far conoscere con la massima urgenza le misure
precauzionali adottate per assumere la messa in sicurezza dell’impianto
Cemerad, specialmente per quanto concerne il pericolo di incendi».
Parole
al vento, come le interrogazioni del parlamentare Giovanni Battafarano. Nel novembre 2001 il sindaco Giuseppe Mastromarino (esponente di una
giunta di centro-destra) chiede al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «un intervento
concreto che favorisca la bonifica». L’istanza del primo cittadino, a
tutt’oggi, non ha ottenuto alcun risultato concreto, mentre altri hanno preso
la sua carica.
In
Parlamento giace ancora senza riscontri un’interrogazione del 16 novembre 1995,
a firma di Franco Carella,
indirizzata ai Ministri dei Lavori Pubblici e dell’Ambiente. Il senatore dei
Verdi segnalava che «è constatabile l’assoluta inidoneità delle strutture del
capannone della ditta Cemerad a contenere un deposito di materiali nucleari;
inoltre non viene documentata la idoneità dei contenitori utilizzati per lo
stoccaggio delle sostanze contaminate sia liquide che solide; ed infine
notevole quantità di sostanze, anche infiammabili, sono stoccate in containers,
riconosciuti dal competente ministero al trasporto delle sostanze e non per
essere utilizzati all’aperto e per lunghi periodi di tempo». L’ex Presidente
della Commissione Igiene e Sanità voleva sapere dai Ministri competenti quali
iniziative sarebbero state messe in atto per «rimuovere le gravi irregolarità
riscontrate dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco presso il deposito di
materiale radioattivo della ditta Cemerad e i reali rischi di contaminazione
ambientale e di danni alla salute pubblica». A tutt’oggi nessuna autorità
statale o regionale e nemmeno scientifica, ha
identificato le componenti, stimato gli effetti o valutato gli impatti
epidemiologici o svelato gli interrogativi su origine, provenienza e
occultamento delle scorie radioattive.
Anche
l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) tace. La
giornalista Dolores Palantoni vibra
di indignazione: “A Statte muoiono o si ammalano di patologie tumorali
cittadini dai 15 ai 50 anni”. Vi è correlazione tra le radiazioni nucleari e le
malattie della popolazione, come leucemie, malformazioni neonatali e
alterazioni genetiche? Un dato è certo: l’ OMS aveva dichiarato la vasta area
di Taranto a «elevato rischio ambientale», già nei primi anni ’90.
ECOMAFIE DI STATI - Colline di rifiuti radioattivi in attesa di
uno smaltimento definitivo. Altri che vengono abbandonati e dispersi nell’ambiente, nei centri abitati, lontano da occhi indiscreti. Altri ancora
che viaggiano indisturbati attraverso le frontiere. E’ questo lo scenario
odierno nell’ex giardino d’Europa. Tra i protagonisti dei traffici di materiali
radioattivi, in particolare uranio e plutonio arricchito, materie, materie
prime per la produzione di ordigni nucleari, figura la criminalità organizzata
(italiana e non), ma soprattutto multinazionali del crimine e governi
occidentali. E’ solo un caso, ma Taranto ospita unità navali a propulsione ed
armamento nucleare battente bandiera Nato, ossia Usa, ma l’obsoleto piano di
sicurezza e di evacuazione della cittadinanza non è noto all’opinione pubblica.
IL
PONTE di Riva e Vendola
Cemerad, scorie radioattive. |
Cemerad, scorie radioattive.. |
Cemerad, scorie radioattive. |
Taranto, Mar Piccolo. |
Taranto inquinamento Ilva. |
e in Molise qual è la causa?
RispondiEliminahttp://www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=10727
La causa è uguale per tutte le ex province napolitane: COLONIALISMO si chiama!
RispondiEliminaLa causa è uguale per tutte le ex province napolitane: COLONIALISMO si chiama! Lo stato italiano ci sfrutta da un secolo e mezzo; e questo è solo l'apice del disastro che questo straniero ha fatto in casa nostra.
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