Ecco il vero buco nero. Almeno
la banca dati del Parlamento nostrano non mente, a differenza dei
politicanti in vetrina, basta compulsarla attentamente, evitando le distrazioni di massa. Addirittura 114 atti
parlamentari
(interpellanze e interrogazioni) - un primato negativo -
indirizzate al governo italiano nel
corso della XVIII legislatura in corso iniziata il 23 marzo 2018, non
hanno ancora avuto risposta (e probabilmente mai ne avranno visto l'andazzo). Se ne deduce a rigor di logica, un disinteresse totale verso il pericoloso fenomeno. Se all'esecutivo tricolore non interessano le mafie che attanagliano l'Italia, però le
organizzazioni criminali si occupano della società, infiltrando e
contaminando l'economia sana. Sono così indaffarati a Palazzo Chigi da tralasciare il più grave problema, anzi dramma, che colpisce lo Stivale peggio del cancro e ci affossa. Anche i mass media non sono da meno.
Insomma, l’influenza
mafiosa sul sistema sociale, economico e politico viene pressoché
ignorata dalle forze politiche alla guida del belpaese, ovvero dai
grulleghisti prima, e dai grulpiddini adesso. La lotta alla mafia è un
tema marginale, quando non proprio ignorato.
Il Partito Democratico,
invece, dedica qualche parola alla pagina 7 di 10, nel paragrafo
sulle misure previste per la sicurezza contro il terrorismo e per la
cultura, premettendo "mentre ribadiamo il nostro impegno in
patria contro tutte le forme di illegalità, a cominciare dalla
criminalità organizzata di stampo mafioso".
In altri termini, la
lotta alla criminalità organizzata non sembra impegnare inchiostro e
pensieri dei partiti al governo. Eppure, anche quando il paese non si
interessa di mafia, la mafia si interessa del paese.
La criminalità
organizzata è un fenomeno mutevole e parassitario, che si adatta
alla realtà sociale che lo ospita. Non è una questione meridionale,
ma raggiunge ormai una dimensione globale, sia in uscita che in
ingresso, e riguarda diverse sezioni dell’economia legale e
illegale, dal traffico di droga all’usura, dalla movimentazione
terra allo smaltimento dei rifiuti, fino a infiltrarsi nell’edilizia,
nella sanità e anche nelle decisioni politiche attraverso il voto di
scambio e i diversi fenomeni corruttivi.
Non manca la
caratteristica storica mafiosa di controllo del territorio e violenza
intimidatoria, a nord a aus, isole comprese.
Centrali sono però anche
gli investimenti nel traffico di droga, il polmone finanziario
della mafia, e il racket dell’usura. Secondo il rapporto di
Confesercenti e Sos Impresa, L'usura dopo la crisi: tra vecchi
carnefici e nuovi mercati, il giro d’affari derivante dai prestiti
a tassi usurai si aggira intorno ai 24 miliardi di euro, in aumento
rispetto al rapporto del 2011 che si fermava a 20 miliardi, il tutto
mentre le denunce continuano a calare.
Non è tutto. Secondo i dati di Ossigeno per l’informazione,
l’osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate
promosso da FNSI e Ordine dei Giornalisti, a oggi sono 3508 i
giornalisti minacciati, sia tramite querele temerarie e pretestuose,
sia attraverso minacce più evidenti, come avvertimenti, aggressioni
e danneggiamenti: questa realtà, unita ad altri problemi (come il
conflitto di interessi tra politica e informazione e le proposte di
ridurre la libertà di espressione sul web), ha portato
organizzazioni come Freedom House a declassare l’Italia come paese
partly free, parzialmente libero, relativamente alla libertà di
stampa. Agli effetti sull’informazione, oggetto peraltro anche di
relazioni parlamentari, devono aggiungersi anche le intimidazioni
dirette agli amministratori pubblici: secondo il rapporto 2016 di
Avviso Pubblico, Amministratori sotto tiro, sono stati censiti 479
nuovi casi di minacce, cioè un’intimidazione ogni diciannove ore.
Il dato è più che raddoppiato dal 2011 e rappresenta una stima
ridotta, dal momento che conta solo i fenomeni denunciati e resi
pubblici, non tutti quelli taciuti per paura o per calcolo. La mafia
non è infatti sempre in lotta con lo Stato, ma spesso è a esso
convergente e contigua: lo dimostrano i decreti di scioglimento per
232 amministrazioni locali, così come le condanne relative al voto
di scambio che, come già segnalato, accomunano ormai nord e sud,
oltre alle inquietanti questioni che emergono dal processo sulla
trattativa Stato-mafia.
Ma prima ancora che
giudiziario, la mafia è un problema sociale e politico, un parassita
infiltrato in un corpo che sembra spesso aver rinunciato a cercare
anticorpi: per questo, contro la criminalità organizzata si
dovrebbero opporre reazioni anche sul piano sociale, culturale e politico. Si
tratta di un silenzio, una rimozione, che, consapevole o inconscia,
deve preoccupare: perché se la criminalità è organizzata, deve
essere organizzata anche la politica antimafia. Sempre che voglia realmente opporsi alla mafia.
Riferimenti:
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mafia
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=conte
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