Vicenza, deposito ordigni nucleari Usa. |
di Gianni Lannes
Lutti,
dolore, macerie e incubi. Al momento vale la regola non tutti i terremoti sono
naturali. Abbiamo una certezza: il sisma non colpirà né Ghedi in provincia di Brescia, né Aviano in provincia di Pordenone. Perché? Un centinaio di ordigni nucleari (modello B 61) Usa pronti all’uso. Già, ma se allo Zio Sam la situazione sfugge
di mano? Che fine fa lo Stivale ormai ridotto ad una portaerei a stelle e
strisce? Ma l’Italia ha violato il Trattato di non Proliferazione Nucleare?
L’Europa continua a non rendersi conto
della quantità di bombe atomiche nord-americane, disseminate sul vecchio
continente (ufficialmente 480). I Rapporti segreti del Pentagono e dell’US Air Force (di cui siamo in possesso), per
quanto riguarda l’Italia, parlano chiaro: «La loro forza esplosiva
distruggerebbe all’istante e completamente un’area equivalente alla metà della
superficie geografica italiana, con un impatto distruttivo avvertibile in
un’area equivalente a 10 volte le dimensioni della Penisola». Altro che nuove
centrali per fornire energia e scorie prive a tutt’oggi di sicurezza o
affondate nei mari della Penisola. «Si tratta di una presenza ignorata dal 60
per cento degli europei e da quasi il 70 per cento degli italiani». E’ il
risultato di un sondaggio commissionato da Greenpeace a StratCom (Eurisko per
l’Italia) nel 2006 e molto poco noto. Non è tutto: «Il 71,5 per cento degli
italiani dice no alla presenza di testate nucleari in Europa e i due terzi
degli europei che ospitano testate Nato la pensano allo stesso modo». Una volta
informati della presenza di testate nucleari nel Belpaese, sei italiani su
dieci si sono mostrati preoccupati. E a ragione.
Aviano, ordigno nucleare Usa modello b 6. |
Yankees go home - L’ultimo report in materia di Greenpeace
“Ordigni nucleari Usa/Nato: sicuri?” delinea il rischio offerto da questi
potenziali obiettivi di attacchi terroristici. Ogni testata è anche un
impedimento a ulteriori riduzioni degli ordigni tattici in Russia e ai
negoziati in corso in Iran sul disarmo nucleare. Lo studio dell’associazione
ecologista sottolinea come, attraverso l’ammodernamento tecnologico in corso
nella Nato, i sei Paesi che ospitano le armi atomiche possano rimuovere questa
minaccia restituendo agli Usa le testate: la strada è già stata tracciata da
Canada, Grecia, Danimarca e Islanda. “Il presidente degli Stati Uniti Obama può
decidere l’impiego delle armi nucleari senza il permesso italiano”, commenta Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia. “Non è lontano uno
scenario di guerra in Iran che preveda l’impiego di bombe B61, proprio quelle
480 presenti nelle basi europee. Questa complicità nella politica estera di un
altro Paese, che ha rivisto la dottrina nucleare, postulando la possibilità di
fare un primo “colpo” nucleare preventivo è inaccettabile. Il centinaio di
testate nucleari che stanno a Ghedi Torre e Aviano devono tornare negli Usa”.
In guerra -L’aveva ribadito anche Romano Prodi: “La
strada da privilegiare è quella preventiva e diplomatica perché c’è la possibilità
che dall’Italia possa essere sferrato un attacco nucleare contro l’Iran”. Dopo
l’ultima revisione del Nuclear Posture
Review del Pentagono, gli USA non escludono la possibilità di impiegare
armi nucleari per prevenire un attacco nucleare imminente o potenziale o per
evitare che altri paesi possano dotarsi di capacità nucleare militare. La
guerra atomica è, allo stato dei fatti, una minaccia reale. E i piloti
statunitensi possono decollare con armamenti nucleari dalla basi italiane senza
che sia necessaria alcuna decisione del nostro Governo efficacemente
eterodiretto.
Sovranità azzerata - Le atomiche di proprietà degli Stati Uniti
d’America schierate in Italia complessivamente hanno una potenza distruttiva
pari a 900 volte l’effetto prodotto sulle bombe sganciate alla fine della
seconda guerra mondiale dagli Usa sul Giappone (Hiroshima e Nagasaki). «Gli ordigni in questione sarebbero le bombe
B61, ordigni tattici affusolati adatti ad essere trasportati, fissati alle ali,
dai cacciabombardieri; la loro potenza può variare da 0,3 a 170 chilotoni;
quella della bomba sganciata su Hiroshima era di circa 15». E’ quanto si
legge nell’interrogazione parlamentare di Mauro Bulgarelli (Verdi) indirizzata
al ministro della Difesa il 17 febbraio 2005, a tutt’oggi senza alcuna
risposta. Ognuno di questi ordigni ha una capacità distruttiva fino a quindici
volte quella di Hiroshima e messi insieme avrebbero la capacità di disintegrare
in pochi attimi la vecchia Europa. Come mai la situazione viene celata al
popolo italiano che, nel 1987 e poi nel 2011 che mediante due referendum
referendum hanno espresso un rifiuto netto del nucleare? “L’Italia è un Paese a
sovranità limitata”, argomenta l’ammiraglio (in pensione) Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera,
“in caso di incidente, non esiste alcun piano coordinato di emergenza tra
autorità militari, protezione civile, prefettura ed enti locali. E’ del tutto
evidente che ci troviamo di fronte a una grave lesione delle prerogative
democratiche del Parlamento, che rimane all’oscuro di ciò che accade nelle basi
e della natura degli accordi tra Italia e Usa”. Secondo uno studio del Natural Resources Defence Council «La
presenza di bombe nucleari a Ghedi Torre sarebbe relativamente recente e
posteriore alla guerra fredda». Il campo di aviazione a capacità di offesa
atomica più vicino al Ticino avrebbe infatti ricevuto a metà degli anni ’90 le
testate in precedenza schierate a Rimini. “La
responsabilità operativa è passata dagli Stati Uniti all’Italia e gli ordigni
sarebbero destinati a essere lanciati dai Tornado della 102a e della 154a
squadriglia, appartenente al sesto stormo” spiega l’ex presidente della
Commissione Parlamentare Difesa, Falco
Accame. La presenza degli ordigni nucleari in Italia non è mai stata
confermata ufficialmente se non in un’occasione, il 1 marzo 2005, dal
sottosegretario alla Difesa Giuseppe Drago in risposta ad un’interpellanza
urgente (2/01481) sottoscritta da 32 parlamentari. Drago aveva ammesso a denti
stretti che «la presenza di armi nucleari in Europa, sul territorio di paesi
alleati non detentori di ordigni nucleari, costituisce un aspetto essenziale
del nuovo concetto strategico della NATO che assicura la copertura, ma anche il
coinvolgimento dell’intera Alleanza, nel cosiddetto ombrello nucleare della
NATO stessa».
Pericolo nucleare - Aviano è una struttura in territorio
italiano che gode di un’ampia extraterritorialità, ma anche nell’aeroporto
tricolore di Ghedi le regole non cambiano: i nostri militari non hanno potere
decisionale sulle bombe nucleari. Oltretutto, nello Stivale, dai tempi della
guerra fredda, quando decine di missili nucleari a lunga gittata stazionavano
in Puglia, più precisamente sulla Murgia barese (poi smantellati dal presidente
Kennedy) - all’insaputa dei comuni mortali - l’allarme atomico non è mai
cessato. Ben due documenti dell’aviazione militare Usa (“U.S. Air Force in Europe”) siglati dai generali Worden e Farrell
hanno sgretolato la barriera bellica che avvolge gli arsenali atomici in
Europa. I due elaborati militari rivelano che gli Usa mantengono nel Vecchio
Continente un numero di ordigni nucleari notevolmente superiore a quello finora
conosciuto. Tale decisione è stata presa nel novembre 2000 dal presidente
Clinton (Directive/NSC-74) e ribadita nel 2005 dal successore Bush
(Directive/NSC-75). Ben «480 bombe nucleari sono dislocate in otto basi aeree
in sei Paesi europei della Nato: 150 in Germania, 110 in Gran Bretagna, 90 in
Italia, 90 in Turchia, 20 in Belgio e 20 in Olanda». Nel 2006 -secondo
qualificate fonti militari Usa- i 24 ordigni atomici che stazionavano in
Grecia, sono stati trasferiti segretamente ad Aviano. Gli ignari cittadini sono
forse esposti a rischi? Come documentano i rapporti dell’U.S. Air Force, «vi sono crescenti problemi di sicurezza
relativi alla conservazione di queste armi». L’aeronautica militare
americana ammonisce che «la normale
procedura può comportare il rischio di esplosioni nucleari accidentali se un
fulmine, ad esempio, colpisse gli ordigni del tipo B61». Per quale ragione
di Stato i vari governi italiani (Prodi,
Dini, D’Alema, Berlusconi, Monti) non hanno informato l’opinione pubblica?
Lo spiegamento delle armi nucleari Usa in Europa è regolato da una serie di
accordi segreti, che i governi del Vecchio continente e l’Unione europea non
hanno mai sottoposto ai rispettivi parlamenti. Quello che regola le armi
nucleari Usa in Italia è lo ‘Stone Ax’: il piano ‘ascia di pietra’. Esso non
solo dà agli Usa la possibilità di schierare armi nucleari sul nostro
territorio, ma stabilisce il principio della doppia chiave, ossia prevede che
una parte di queste armi possa essere usata dalle forze armate italiane una
volta che gli Usa ne abbiano deciso l’impiego. A tal fine, documenta il rapporto
occulto «piloti italiani vengono addestrati all’uso delle bombe nucleari nei
poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone)».
Ufficiale - La conferma, seppure velata giunge da un
addetto ai lavori. Nel 2005 il colonnello Nicola
Lanza De Cristoforis, intervistato quando era comandante del 6° stormo di
Ghedi, aveva rivelato: «Da qualche anno
ci addestriamo soltanto in Sardegna e sono a conoscenza in parte di questi
accordi intergovernativi segreti Italia-Usa». In tal modo, l’Italia, che fa
parte con gli Usa del “Gruppo di pianificazione nucleare” della Nato, viola il
Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari che, all’articolo 2,
stabilisce: «Ciascuno degli stati militarmente non-nucleari, si impegna a non
ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi,
direttamente o indirettamente». Non è tutto: nell’aprile 1999 il governo
italiano ha sottoscritto, senza sottoporlo al Parlamento, un accordo sulla
“pianificazione nucleare collettiva” della Nato in cui si stabilisce che «l’Alleanza osserverà forze nucleari
adeguate in Europa, con caratteristiche di flessibilità e capacità di
sopravvivenza tali da essere percepite come un elemento credibile ed efficace
nella strategia atlantica di prevenzione dei conflitti». Tale strategia,
consistente nel «prevenire i conflitti» tenendo gli altri sotto mira con le
proprie armi nucleari, fa propria la “Direttiva 60” promulgata nel 1997 dal
presidente Clinton: essa stabilisce che «le armi nucleari non solo continuano a
essere puntate su Russia e Cina, ma possono essere usate contro stati-canaglia
e contro soggetti non-statali che minaccino gli Stati Uniti, le loro truppe
all’estero e i loro alleati con armi di distruzione di massa, anche non
nucleari».
Non
ha dubbi Falco Accame: “L’Italia, che ha sempre giocato un ruolo positivo per
il disarmo nucleare, deve intervenire in sede diplomatica per ricostruire un
clima e una sensibilità politica favorevole al disarmo e alla non
proliferazione atomica. L’Europa deve essere libera da armi nucleari. Senza il
disarmo nucleare delle potenze atomiche attuali, sarà difficile perseguire la
non proliferazione in Paesi come la Corea del Nord, l’Iran o il Giappone che si
sentiranno legittimati a proseguire nella direzione sbagliata”.
Ai
micidiali ordigni alati si sommano missili e ordigni nucleari nelle basi di
Camp Derby (Toscana), a Longare (Veneto), e a Sigonella (Sicilia). Greenpeace
chiede ai ministri della Difesa europei di concordare il rientro delle testate
atomiche negli Stati Uniti. “La minaccia di un uso di armi nucleari tattiche
per risolvere la crisi iraniana è all’orizzonte” segnala Pippo Onufrio “La
necessità di riprendere il cammino interrotto del disarmo atomico è urgente e
indifferibile. L’Italia deve tornare a giocare un ruolo attivo di pace”. Il
generale James Jones, già comandante
supremo delle forze Nato, qualche tempo fa ha sottolineato come «alcuni Paesi
che mantengono sul loro territorio ordigni nucleari, e tra questi l’Italia,
insistono per mantenere questa presenza»; ciò perché, secondo il rapporto,
consente loro di mantenere influenza nell’ambito dell’alleanza. La base di
Ghedi è l’unica a livello europeo nella quale gli hangar che proteggono
l’arsenale atomico sono pieni al 90 per cento della capacità teorica, contro una
media delle altri basi del 50 per cento. Al Sesto Stormo dell’Aeronautica
militare italiana di stanza nella base di Ghedi può essere assegnata una
missione di attacco in caso di conflitto nucleare. «Negli ultimi 5 anni»,
rivela il rapporto Us Nuclear Weapons in Europe «esperti americani hanno
compiuto un intervento discreto su tutte le testate atomiche in Europa, per
renderli più agevoli da controllare e più stabili durante il trasporto sui
bombardieri, spostandole dalle aviorimesse e smontandole per la manutenzione».
Suprema Corte - La Corte di Cassazione stabilisce che la
magistratura italiana (i cittadini italiani) non ha voce in capitolo sugli
ordigni nucleari presenti nel nostro territorio. Così è stata arrestata la
causa intentata a Pordenone dai pacifisti sulle atomiche ad Aviano. Ecco due
lanci Ansa inequivocabili. « (ANSA) - ROMA, 26 FEB 2009 - CASSAZIONE: BASE AVIANO, PACIFISTI NON POSSONO CONTESTARLA -
Infatti, informa la maggiore agenzia giornalistica dell’ex giardino d’Europa -
I pacifisti non possono contestare la presenza, sul suolo italiano, della base
militare americana di Aviano (Pordenone). Lo sottolineano le Sezioni unite
civili della Cassazione nella sentenza 4461, nella quale si dichiara il difetto
di giurisdizione della magistratura italiana ad interferire nelle «iniziative
volte a realizzare un apparato difensivo nell’interesse comune di due Stati
(Stati Uniti e Italia), a tutela della rispettiva sicurezza e nel rispetto di
obblighi convenzionalmente assunti». È stato così bocciato il ricorso
presentato da alcuni pacifisti, dal comitato “Via le bombe” e dalla Procura del
Tribunale di Pordenone».
Inoltre:
«CASSAZIONE: BASE AVIANO, PACIFISTI NON POSSONO CONTESTARLA. Senza successo i
pacifisti friulani - le cui ragioni sono state patrocinate da Joachim Lau,
l’avvocato che contro la Germania ha ottenuto in Cassazione il diritto al
risarcimento per i deportati nei campi di lavoro nazisti – hanno sostenuto che
le testate nucleari presenti nella base di Aviano rappresentano un crimine contro
l’umanità per il rischio connesso ad eventuali incidenti nucleari. Negli ultimi
50 anni - hanno fatto presente i pacifisti - ci sarebbero stati cinque casi di
rischio incidente che avrebbero potuto coinvolgere la zona di Pordenone. Il
primo nel 1960, l’ultimo nel 1995. Per la Suprema Corte - si legge nella
sentenza depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso 2 dicembre -
la presenza di testate nucleari - «in forza di pregressi impegni sovranazionali
obiettivamente preordinati al perseguimento di imprescindibili esigenze di
sicurezza nazionale» - non è in «alcun modo assimilabile» ai crimini contro
l’umanità. Agli Stati Uniti deve essere pertanto riconosciuta - come previsto
dal trattato Nato firmato a Londra nel giugno 1951 e ratificato dall’Italia nel
1955 – l’immunità statale che non «trova deroga» nemmeno ‘in presenza di
attività idonee a ledere o porre in pericolo di vita l’incolumità o la salute
dei cittadini dello stato ospitante’ la base straniera».
Us Nuclear Weapons - Tutte quelle trasferite in Europa sono
bombe tattiche B-61, a caduta, in tre versioni (B61-3, B61-4 e B61-10), la cui
potenza va da 45 a 300 chilotoni. Le bombe, lunghe 3,5 metri con un peso di 320
chilogrammi, sono tenute in particolari hangar, insieme ai caccia F-15 ed F-16
statunitensi, che dispongono complessivamente di 300 bombe; F-16 e Tornado dei
Paesi europei della Nato, che hanno a disposizione complessivamente 180 bombe.
Tra questi i Tornado italiani -dislocati attualmente in Afghanistan- che sono
armati con 40 bombe (a Ghedi Torre). Dai risultati di una ricerca condotta
dall’associazione ambientalista statunitense Natural Resource Defence Council
(NRDC) sulle armi atomiche americane in Europa (Us Nuclear Weapons in Europe)
-mai smentita dal governo Usa- emerge un quadro molto diverso da quello che
anche in Italia i responsabili della Difesa hanno tentato di avvalorare. Nelle
basi di Aviano e Ghedi le bombe sono sotto custodia americana ma, mentre ad
Aviano si tratta di ordigni che i piani militari assegnano, in caso di
conflitto, ad aerei da caccia degli Usa, gli ordigni nucleari presenti nei
depositi di Ghedi sono invece assegnate ad aerei italiani Pa-200 Tornado, con
la conseguente necessità di addestramento costante dei piloti italiani
nell’eventualità bellica che il presidente americano ordini il loro utilizzo.
Secondo il suddetto rapporto «questo contraddice le regole di non
proliferazione che Stati uniti ed Europa cercano di imporre ad altri Paesi». La
presenza di ordigni bellici nucleari si configura come una violazione della
legislazione italiana, che inibisce la presenza e l’uso del nucleare nel
territorio nazionale; questa presenza e l’uso di armi nucleari in Europa sono
regolati da accordi segreti fra i singoli Paesi e gli Usa; ciò che emerge alle
102 pagine del rapporto riguarda l’attuale assetto nucleare scelto dagli Usa
per affrontare possibili scenari di crisi, con obiettivi nel Medio Oriente come
Iran, Siria e anche Russia.
SITE PLUTO - Longare, ad uno sputo da Vicenza. Top
secret le finalità dei lavori avviati nel 2007 nella base di Longare, l’ex
‘Pluto Site’ utilizzato per l’immagazzinamento di mine e testate nucleari per i
missili a corto raggio dell’US Army. Nelle profonde gallerie della base
sarebbero stati ammodernati e riattivati i depositi di stoccaggio armi,
munizioni e attrezzature della 173^ Brigata Aviotrasportata e dei reparti che
saranno utilizzati in ambito AFRICOM, il Comando USA per le operazioni nel
continente africano di recente costituzione. Secondo il MILCON (Military
Construction) , 350.000 dollari del budget 2008 sono stati spesi per
“allargare, allungare e riparare le strade, i marciapiedi e i sentieri di
Longare, e per installare nuove fognature, linee elettriche e impianti
d’illuminazione”. Dal dicembre 2008 l’Unità statunitense della Riserva di
stanza a Longare è stata posta agli ordini del 7° Civil Support Command dell’US
Army con base in Germania, l’unico presente fuori dagli Stati Uniti d’America,
responsabile della gestione degli affari civili delle forze terrestri USA in Europa.
Alla vigilia dell’attivazione del Civil Support Team di Longare, i militari ad
esso assegnati hanno condotto una controversa esercitazione di 76 giorni nel
poligono di Fort Leonard Wood (Missouri) simulando uno scenario realistico di
guerra chimica con l’uso di gas nervini. Successivamente il CVT di Longare ha
avviato corsi basici per i residenti USA di Vicenza sulle armi nucleari,
chimiche e batteriologiche e sull’equipaggiamento personale di protezione.
Ghedi, Tornado. |
b 61, bomba atomica Usa a Ghedi. |
Grazie!
RispondiEliminaMi pare che in una mappa comparsa sul manifesto di qualche anno fa, si diceva che in Italia abbiamo 90 ordigni nucleari e tra questi, 2 sono anche nelle basi spezzine.
RispondiEliminaOttimo giornalismo, ottima informazione. grazie.
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