I rapporti ENEA certificano il fatto compiuto a
danno dell’ignara popolazione. Incompatibili con qualsiasi forma di vita:
“tesori” nascosti che regalano malattie e morte a larghe mani, con la
benedizione dello Stato tricolore. Le scorie nucleari sono state affondate
illecitamente non solo in mare, bensì nascoste anche all’interno della
terraferma. Le viscere dell’isola non sono state risparmiate. Siamo a ridosso
della miniera di Pasquasia, un’area di 70 ettari, in provincia di Enna, a circa
22 chilometri da Caltanissetta. Quello che un tempo prefigurava un
sospetto, è realtà inconfutabile. Per
assassinare questo angolo di sud, il paravento è scientifico. Ecco qualche
pagina in materia: ‘Studi nella cavità sotterranea di Pasquasia. Scienze e tecniche
nucleari’ (rapporto Eur 11927 IT, anno 1988); oppure, ‘Studi nella cavità
sotterranea di Pasquasia. Rapporto finale’, edito sempre nell’88, addirittura
dalla Commissione delle Comunità europee (European Nuclear Energy Agency). E
ancora il più recente: ‘Le ricerche condotte dall’Enea fra il 1976 ed il 1991
sul confinamento geologico delle scorie radioattive a lunga vita e ad alta
attività’ (Report RSE/2009/128, a firma di Francesco Zarlenga). Ma diamo
un’occhiata alla pubblicazione intitolata ‘Indirizzi generali e pratiche di
gestione dei rifiuti radioattivi’, pubblicata dall’Enea nel 1990. A pagina 189
e seguenti si legge:
«…L’Enea
aveva da tempo avviato attività preparatorie per la realizzazione di un bacino
centralizzato di immagazzinamento di combustibile irraggiato (…) L’Enea è,
infatti, l’organo nazionale deputato per legge all’individuazione di soluzioni
per l’eliminazione dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia. A tal fine
l’obiettivo generale delle ricerche condotte dall’Enea sin dalla fine degli
anni ’60 è stato quello di qualificare una o più formazioni geologiche,
suscettibili di offrire le migliori condizioni di contenimento plurimillenario
dei rifiuti. Fra le numerose formazioni geologiche con caratteristiche generali
adatte allo smaltimento dei rifiuti, l’Italia ha scelto prioritariamente i
depositi argillosi plio-quaternari (…) Dal punto di vista tecnico, la scelta è
giustificata dai caratteri intrinseci delle formazioni argillose, che
assicurano la disponibilità di un’efficace barriera alla potenziale migrazione
dei radionuclidi dai depositi profondi della biosfera».
Ecco il
succo negato: «sono state avviate le azioni per la costruzione, in
collaborazione con l’Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale
sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia (EN). Il laboratorio
viene costruito nella rampa di accesso ai depositi minerari, ad una profondità
di 160 mt. (…) Esistono al momento in Italia le tecnologie per il trattamento e
condizionamento, mentre per la custodia di questi rifiuti la saturazione dei
magazzini di stoccaggio esistenti e la recente sospensione delle operazioni di
affondamento in mare, condotte sotto l’egida della Nea, rendono improrogabile
il reperimento di siti di smaltimento su suolo nazionale».
Arresto inspiegabile - Dal 1959 al 27 luglio 1992
la miniera di Pasquasia ha sfornato sali alcalini misti, in particolare Kainite
per la produzione di solfato di potassio. Senza preavviso, ha cessato
l’attività estrattiva per ospitare nel suo complesso rifiuti nucleari. Scorie
delle quali la popolazione non avrebbe dovuto sapere nulla e che, negli anni,
hanno seminato malattie e morte. Un silenzio che già nel 1996 aveva provato ad
infrangere Giuseppe Scozzari, avvocato e ex parlamentare, che di Pasquasia
aveva sentito parlare un anno prima. Quando a Washington, nell’ambito di una
conferenza sul combustibile nucleare esausto, era stato diffuso un documento
che annoverava la miniera siciliana tra quella «mezza dozzina di siti
perfettamente funzionanti» dove, «in Europa Occidentale», «si depositano scorie
di basso e medio livello». Scozzari aveva esaminato il caso, presentato
un’interrogazione parlamentare e tentato l’ingresso in quel sito. Le
istituzioni impedirono - senza una motivazione plausibile - al parlamentare
della Repubblica l’accesso. Allo stesso modo in cui, ancora oggi, il governo
nazionale e regionale nega la presenza delle scorie, mentre le analisi
effettuate dall’Usl già nel 1997
rivelavano la presenza in quella zona di Cesio 137 in concentrazione ben
superiore alla norma. Nel 1995 si era addirittura verificato un inaspettato
incidente nucleare, con relativa fuga di radioattività, probabilmente durante
una sperimentazione atta ad appurare la consistenza del sottosuolo della
miniera su eventuali dispersioni nucleari. Il primo a parlare della presenza
del fenomeno era stato, nel 1992, il pentito di mafia Leonardo Messina, già
membro della cupola di Cosa Nostra, che lì aveva lavorato come caposquadra. Nel
giugno 1992 Messina raccontò a Paolo Borsellino che le gallerie sotterranee
venivano utilizzate per smaltire scorie radioattive. Il 19 luglio di
quell’anno, il giudice venne disintegrato assieme alla sua scorta di Polizia.
Secondo il racconto di Messina - sulla circostanza considerato attendibile dal
Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna - le attività illegali, in
quella zona, proseguivano dal 1984, quando l’Enea aveva avviato uno studio
geologico, geochimico e microbiologico sulla formazione argillosa e sulla sua
resistenza alle scorie nucleari. Per Giancarlo Caselli la tematica
dell’inquinamento nucleare non è mai stata approfondita in sede giudiziaria.
Ovvero: le parole del pentito di mafia Leonardo Messina, secondo il quale, le
gallerie sotterranee della miniera di Pasquasia venivano utilizzate per
smaltire scorie radioattive, riferite al giudice Paolo Borsellino nel giugno
del 1992, non hanno avuto un seguito nelle indagini degli anni a seguire.
Questo aspetto non venne mai approfondito, eppure i documenti ufficiali da
sempre a disposizione di fatto confermano la testimonianza di Messina.
La miniera era stata chiusa dal 27 luglio 1992, ma
precedentemente, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Leonardo Messina - che lavorava proprio a Pasquasia - ha inghiottito scorie
radioattive. Infatti, 19 anni fa, il 30 giugno, i magistrati Paolo Borsellino e
Vittorio Aliquò ed il questore Antonio Manganelli (attuale capo della Polizia),
mettono a verbale le dichiarazioni del collaboratore di giustizia. Manganelli
all’epoca sosteneva, secondo quanto riportato da ‘La Repubblica’ del 18
novembre 1992, che «il contributo delle confessioni del pentito Leonardo
Messina era assimilabile a quello portato da Tommaso Buscetta».
Nel 1997, la Dda di Caltanissetta aprì un’indagine
in merito. Un’inchiesta chiusa con l’archiviazione che ha portato il
procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ad opporre il segreto alla richiesta
della Provincia di Enna di conoscere gli atti del fascicolo. Poco prima, però,
il consulente della Procura di Caltanissetta Giorgio Lombardo aveva messo nero
su bianco di aver curato, su mandato di Resais, “lo smantellamento, la messa in
sicurezza ed il ritiro delle sorgenti radioattive certificando l’avvenuta
bonifica nucleare del sito”.
Sempre la procura di Caltanissetta aveva disposto
un’ispezione su una galleria profonda 50 metri, costruita all’interno della
miniera proprio dall’Enea, e aveva rilevato la presenza di alcune centraline di
rilevamento rilasciate dall’Ente, ma che non si riuscì a chiarire che cosa
esattamente dovessero monitorare. Forse la radioattività? Agli inizi degli anni
’80, l’Unione europea diede incarico all’Italia di studiare la possibilità di
approntare in quella parte di Sicilia un sito per lo stoccaggio di rifiuti
radioattivi. Venne scelta quella zona in particolare perché ricca di argilla,
materiale considerato come un potente schermo naturale per la copertura di
quelle scorie. Forse all’Ue, e al governo italiano dell’epoca sfuggì il fatto
che quella miniera sfamasse più di 500 famiglie, e che la Sicilia fosse una
regione ad alto rischio sismico. Insomma,
il sito di Pasquasia non è un luogo idoneo per la conservazione in
sicurezza di spazzatura nucleare.
Ingresso vietato - In quello stesso anno anche Ugo
Maria Grimaldi, all’epoca Assessore al Territorio e Ambiente alla Regione
Sicilia, aveva tentato di entrare a Pasquasia con tecnici ed esperti. E come
Scozzari, aveva incontrato insormontabili difficoltà. “Non volevano che
entrasse la televisione”, racconta lui stesso in un’intervista rilasciata a ‘Ennaonline’
il 16 marzo del 2001. “Non volevano nel modo più assoluto che si vedessero i
pozzi. Quando poi sono riuscito ad entrare all’interno della miniera, la cosa
più strana che vidi era che uno di quei pozzi, che loro chiamavano bocche
d’aria o sfiatatoi enormi e profondi, dal diametro di più di 15 metri, era
stato riempito con materiale che di sicuro era stato trasportato all’interno
della miniera per chiudere, per tappare in modo definitivo quella bocca. E non
si tratta di materiale buttato dentro casualmente, come può verificarsi in una
miniera temporaneamente chiusa, come quando qualcuno che vede una pietra e che
la butta dentro. Qui si tratta di TIR carichi di materiale che poi hanno
buttato dentro appositamente per seppellire e nascondere un qualcosa”. Solo uno
dei 4 pozzi misura una profondità di 1000 metri, mentre gli altri variano dai
750 ai 293 metri. Nella stessa intervista Grimaldi cita uno studio
epidemiologico di Maurizio Cammarata, oncologo all’ospedale di Enna, che 15
anni fa aveva rilevato un preoccupante incremento di casi di leucemia e tumori
nell’ordine del 20% nel solo biennio 1995-96. “Ebbi a denunziare che l’intera
Sicilia rischiava di essere trasformata in una pattumiera dell’Europa”. Le
iniziative di Grimaldi, come quelle di Scozzari, non approdarono ad alcun
risultato concreto e la vicenda Pasquasia sprofondò nuovamente nel
dimenticatoio. Almeno fino 2007, quando Angelo Severino, direttore del
periodico ‘L’Ora Siciliana’, riaprì il caso citando anche l’esistenza di
documenti che proverebbero la tesi della presenza di scorie nucleari nella
miniera. Già nel 2003, al termine di una riunione, coordinata dal Presidente
del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, i Ministri Altero Matteoli,
Antonio Marzano, Carlo Giovanardi, Giuseppe Pisanu e il Sottosegretario Gianni
Letta, gli esperti del Governo avevano indicato «Pasquasia come uno dei venti
siti nazionali idonei allo stoccaggio di materiale radioattivo. Perché
annoverato tra quelli con presenza di salgemma ritenuti per anni particolarmente
adatti al confinamento delle scorie radioattive in virtù dell’impermeabilità
dell’acqua delle strutture saline».
Nessuna risposta - In materia sono state
presentate, nel 2011, ben tre interrogazioni, due al Senato ed una alla Camera
dei Deputati. Né tantomeno Monti hanno fornito una spiegazione. I Senatori
Felice Belisario e Fabio Giambrone, nell’interrogazione numero 4-04640 del 26
febbraio 2011, scrivono che «la miniera di Pasquasia, in provincia di Enna, è
stata la terza più importante miniera del mondo per estrazione di sali alcalini
misti per la produzione di solfato di potassio. Detta miniera, che occupava 500
persone in un territorio ad alto tasso di disoccupazione, è stata senza alcun
giustificato motivo chiusa nel 1992; la miniera, che oggi di fatto versa in
stato di abbandono, viene considerata una bomba ecologica in quanto
risulterebbe accogliere rifiuti pericolosi di vario tipo (percolato, amianto,
rifiuti speciali e, non ultimo, rifiuti radioattivi), con il rischio quindi di
conseguenze pericolosissime per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Sui
pericoli di Pasquasia sono state aperte diverse inchieste giudiziarie, da
ultimo quella della magistratura di Enna del 28 gennaio 2011 (…) nel 1997
l’Azienda sanitaria locale di Enna segnalava la presenza, in quantità fuori
dalla norma, di Cesio 137 (sostanza prodotta dalla fissione nucleare); secondo
studi epidemiologici dell’ospedale di Enna il livello di incidenza di tumori e
leucemie nella provincia, priva di altri stabilimenti industriali, è tra le più
alte d’Italia, ivi incluse le aree industriali del Nord, si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo intendano chiarire con urgenza l’attendibilità
dell’allarme da anni diffuso nel territorio di Pasquasia; come si intenda
intervenire, una volta accertato che la miniera abbandonata sia oggi diventata
una discarica abusiva di rifiuti pericolosi di ogni tipo, per bonificare il
territorio interessato e rimuovere ogni rischio per la salute dei cittadini,
per l’ambiente e le falde acquifere; se siano mai state adottate misure idonee
a garantire la protezione sanitaria contro i pericoli delle radiazioni, di cui
al capo III del titolo II del trattato Euratom (firmato a Roma nel 1957), ed in
particolare le misure necessarie a mantenere un elevato livello di sicurezza in
materia di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi». Il
successivo 28 marzo, sei parlamentari del Pd, prima firmataria Elisabetta
Zamparutti, puntualizzavano che «risultano ancora secretati gli atti che negli
anni la procura di Caltanissetta ha acquisito».
Successivamente, il senatore
Vincenzo Oliva ha interrogato infruttuosamente il Ministro per l’Ambiente
Stefania Prestigiacomo, specificando, tra l’altro che «il Consiglio dei
ministri il 18 febbraio 2005 aveva decretato per Pasquasia lo stato di
emergenza includendola tra le aree da mettere in sicurezza». Pochi giorni dopo,
nell’aprile dell’anno scorso, il Governatore Raffaele Lombardo è stato
interrogato per tre ore dal sostituto procuratore della Repubblica di Enna,
Marina Ingoglia. Il Presidente ha fatto riferimento ad una sorgente
radioattiva, rilevata a 300 metri di profondità, che ‘potrebbe’ essere
collegata ad alcuni esperimenti condotti dall’Enea. “Non so di chi sia la
responsabilità ma non c’è dubbio che i responsabili dovranno dare una risposta
non solo all’autorità giudiziaria ma anche alla comunità” ha dichiarato alla
stampa dopo l’interrogatorio.
Conferma ufficiale - Pasquasia è un deposito di
scorie radioattive. Uno studio dell’Agenzia internazionale atomica (IAEA) -
risalente al 1985 (pagina 239) - segnala il sito di questa miniera di sali
potassici in provincia di Enna, quale luogo di sperimentazioni nucleari
dell’Enea (ente nucleare dello Stato italiano).
Non è tutto. Ancor prima «Una commissione europea
stilò nel 1977 una lista che individuava in Italia 134 siti idonei ad ospitare
un deposito geologico per i rifiuti radioattivi; i siti individuati sarebbero:
in Sicilia Regalbuto, Agira, Assoro Villapriolo, Pasquasia, Resuttano,
Salinella, Milena, Porto Empedocle, Realmonte, Montallegro; in Calabria Fiume
Neto e in Basilicata Scanzano; considerato che: nove dei comuni accreditati
come possibili sedi del deposito nazionale per le scorie radioattive si troverebbero
in Sicilia e fra questi sei soltanto nelle provincie di Caltanissetta ed Enna;
i territori siciliani risultano essere ad alto rischio sismico e ciò li
renderebbe assolutamente non idonei alla localizzazione di scorie nucleari
(…)».
E’ il testo di un’interrogazione parlamentare (numero 4-07654),
presentata da Natale Ripamonti il 10 novembre 2004, indirizzata all’allora
Ministro dell’Ambiente e per la tutela del territorio, Altero Matteoli. Né il
Governo Berlusconi, né tantomeno il governo Prodi e quello MONTI hanno mai
fornito risposta; tant’è che l’iter è tuttora in corso. Il senatore dei Verdi
chiedeva di sapere «se, tenendo conto del rischio sismico e delle particolari
condizioni di precarietà dal punto di vista economico, sociale, di ordine
pubblico e ambientale, che caratterizzano i territori siciliani di cui in
premessa, vi sia la volontà di garantire un’esclusione certa e definitiva dei
comuni siciliani dalla scelta di localizzazione del sito nazionale per le
scorie nucleari; quale sia la valutazione del Governo in ordine alle modalità
con cui garantire una reale e concreta informazione nei confronti delle
popolazioni locali, delle istituzioni locali e del Parlamento riguardo alle
iniziative assunte in questi mesi e che si intende assumere successivamente; se
non si ritenga opportuno sostenere presso la Comunità europea la necessità di
evitare la modifica delle norme comunitarie al fine di non provocare gravi
conseguenze sanitarie, sociali, economiche e per ribadire che le scorie
nucleari devono essere smaltite nel paese in cui vengono prodotte».
Inoltre, a proposito di Matteoli, si legge
nell’interrogazione: «lo stesso Ministro aveva ammesso (‘Il Corriere della
Sera’, 3 dicembre 2003) il problema dei 60.000 metri cubi di scorie in arrivo
dall’Inghilterra e garantito che avrebbe chiesto all’Unione europea di
modificare la norma comunitaria che impedisce lo smaltimento di scorie di un
paese diverso da quello dal quale sono prodotte; il 26 novembre 2004 Sergio
D’Offizi, responsabile Area territorio ed ambiente della società Sogin, che
gestisce lo smaltimento delle scorie, avrebbe dichiarato al ’Corriere della
Sera’ che «tra i possibili siti vi sono Regalbuto, Agira, Assoro in provincia
di Enna e Resuttano in provincia di Caltanissetta».
Secondo l’interrogazione parlamentare di Ripamonti
«attualmente numerosi studi medici forniscono prove indiziarie in base alle
quali si può dedurre che l’80-90% di tutti i tumori sono dovuti, direttamente
od indirettamente, a fattori ambientali e almeno il 90% di questi fattori sono
di natura chimica. Non meno preoccupanti risultano i dati relativi ai rischi di
malformazioni fetali, malattie che colpirebbero organi vitali, ecc.».
Omicidio Fragalà - La miniera di Pasquasia
potrebbe entrare nell’inchiesta sull’assassinio di Vincenzo Fragalà, l’avvocato
picchiato a morte nel centro di Palermo il 23 gennaio 2010. In una lettera
risalente al 13 dicembre 2010 spedita dall’avvocato palermitano all’allora
viceministro per il Commercio estero Adolfo Urso, 40 giorni prima di essere
ucciso, Fragalà chiedeva l’attenzione del governo sulla miniera di Pasquasia.
Questa specifica vicenda il noto penalista l’aveva affrontata ripetutamente
durante la sua carriera di parlamentare, l’ultima volta con un’interpellanza
presentata il 22 aprile 2002 (atto ispettivo numero 2-00308).
Attualmente è aperta un’inchiesta giudiziaria
della Procura della Repubblica di Enna, incentrata esclusivamente sul grave
stato di inquinamento superficiale del sito, non dei suoi 4 pozzi, uno dei
quali a mille metri di profondità. Giuseppe Valentino, il 5 giugno 2002 (seduta
154), allora Sottosegretario di Stato per la Giustizia, ha specificato: «In
particolare, sulla base di un programma di interventi di bonifica e messa in
sicurezza di urgenza predisposto dall’ENEA, sono state già realizzate le
relative opere a cura della Resais».
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