di
Gianni Lannes
Ultima
contaminazione virale nel belpaese? Elementare Watson. Ecco risolto l'enigma: non è un mistero ma un'evidenza sotto gli occhi di tutti. Un
freschissimo studio italiano realizzato da un gruppo di ricercatori
qualificati (Società italiana di medicina ambientale, Università di Bologna e Bari) ha stabilito «una possibile
correlazione tra i livelli di inquinamento di particolato atmosferico
e la diffusione del COVID-19 in Italia».
Una
miscela perfetta, anzi letale. Le immagini dei satelliti non lasciano
spazio a dubbi. Nel 2019, secondo le stime dell’Agenzia
europea per l’ambiente, in Italia a causa dell'inquinamento
dell'aria, sono morte ben 76.200 persone. Nello Stivale, soprattutto al Nord, si respira aria tossica, ma il governo pur sapendo non ha mai fatto nulla per arrestare questo fenomeno che annichilisce la vita, di grandi e piccini.
Gli
studiosi hanno appena evidenziato alla lettera in una relazione, documentata con dovizia di
riscontri e di analisi particolareggiate anche sulla base della
letteratura scientifica internazionale, quanto segue:
«Riguardo
agli studi sulla diffusione dei virus nella popolazione vi è una
solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di
infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico
(es. PM10 e PM2,5) (1, 2). È noto che il particolato atmosferico
funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti
contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. I virus si
“attaccano” (con un processo di coagulazione) al particolato
atmosferico, costituito da particelle solide e/o liquide in grado di
rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o settimane, e che
possono diffondere ed essere trasportate anche per lunghe distanze.
Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce
un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in
condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.
Il tasso di inattivazione dei virus nel particolato atmosferico
dipende dalle condizioni ambientali: mentre un aumento delle
temperature e di radiazione solare influisce positivamente sulla
velocità di inattivazione del virus, un’umidità relativa elevata
può favorire un più elevato tasso diffusione del virus cioè di
virulenza (
In
particolare si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti
di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10
Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19
aggiornati al 3 Marzo (considerando un ritardo temporale intermedio
relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 gg approssimativamente pari
al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della
infezione contratta). Tali analisi sembrano quindi dimostrare che, in
relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori
al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver
esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione
virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata
in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello
stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in
cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni
delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così
virulento. Oltre alle concentrazioni di particolato atmosferico, come
fattore veicolante del virus, in alcune zone territoriali possono
inoltre aver influito condizioni ambientali sfavorevoli al tasso di
inattivazione virale. Il gruppo di lavoro sta approfondendo tali
aspetti per contribuire ad una comprensione del fenomeno più
approfondita. Si evidenzia come la specificità della velocità di
incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare
alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di
inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione
di carriere di boost. Come già riportato in casi precedenti di
elevata diffusione di infezione virale in relazione ad elevati
livelli di contaminazione da particolato atmosferico, si suggerisce
di tenere conto di questo contributo sollecitando misure restrittive
di contenimento dell’inquinamento».
Non
è tutto. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, siamo primi in
Europa per mortalità da smog. Infatti, secondo l’Organizzazione
mondiale della sanità, l’esposizione all’inquinamento
atmosferico causa 4,2 milioni di morti in tutto il mondo, di cui
almeno 600mila bambini colpiti da infezioni respiratorie acute,
provocate dall’aria tossica. Ogni anno, si registrano quasi 500
mila morti premature in Europa. Il rapporto annuale “Air Quality
Report 2019” come i precedenti, conferma il livello letale di
inquinamento dell'aria.
Il
dottor Francesco Forastiere è stato coordinatore dello studio Viias,
Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario
dell’inquinamento atmosferico, commissionato dal ministero della
Salute, che nel 2015 aveva previsto quelle che sarebbero state le
ricadute sulla salute degli italiani, a causa del particolato fine
(Pm 2,5), ozono e biossido di azoto, al 2020. Dati che confermavano
come nel 2005, lo smog fosse già stato causa del 7 per cento della
mortalità osservata, per cause naturali, in Italia. «Nello studio
Viias veniva già dimostrato che i livelli di inquinamento
atmosferico, per la popolazione italiana, erano inaccettabili, con un
costo oneroso di vite umane. Dati confermati dalle analoghe stime
dell’Agenzia europea dell’ambiente - precisa l’epidemiologo -
La situazione è drammatica. L’Italia è uno dei paesi con
l’impatto sanitario più grave, dovuto allo smog».
Insomma, il governo dell'ineletto Conte bis, invece di arrestare il gravissimo e diffusissimo inquinamento dell'aria, ha imprigionato la popolazione italiana, da tempo soffocata dalla contaminazione dell'aria. Il Covid-19 ha inferto la mazzata finale, soprattutto a chi non stava tanto bene in salute, soprattutto gli anziani, le vittime più colpite, secondo i rapporti bisettimanali emanati dall'Istituto Superiore della Sanità. Per la cronaca, in Italia ogni giorno muoiono in media 140 persone per patologie infettive contratte in ospedale. Questa statistica ufficiale però non tiene conto dei pazienti dimessi dai nosocomi che a casa abbandonano la vita.
Il caso è chiuso, poniamo fine alle macabre pagliacciate: ora riprendiamoci pacificamente ma con determinazione la libertà e licenziamo l'esecutivo grulpiddino da mandare sotto processo, unitamente ai virologi somari e a tutti gli esperti da baraccone, asserviti al potere delle multinazionali criminogene. Non siamo sudditi, servi o tantomeno cavie, ma cittadine e cittadini liberi ed intelligenti. Dimostriamo al mondo di essere una società civile e facciamo valere lo Stato di diritto. Dissolviamo l'incubo della fobocrazia. Su la testa!
Insomma, il governo dell'ineletto Conte bis, invece di arrestare il gravissimo e diffusissimo inquinamento dell'aria, ha imprigionato la popolazione italiana, da tempo soffocata dalla contaminazione dell'aria. Il Covid-19 ha inferto la mazzata finale, soprattutto a chi non stava tanto bene in salute, soprattutto gli anziani, le vittime più colpite, secondo i rapporti bisettimanali emanati dall'Istituto Superiore della Sanità. Per la cronaca, in Italia ogni giorno muoiono in media 140 persone per patologie infettive contratte in ospedale. Questa statistica ufficiale però non tiene conto dei pazienti dimessi dai nosocomi che a casa abbandonano la vita.
Post scriptum
Il caso è chiuso, poniamo fine alle macabre pagliacciate: ora riprendiamoci pacificamente ma con determinazione la libertà e licenziamo l'esecutivo grulpiddino da mandare sotto processo, unitamente ai virologi somari e a tutti gli esperti da baraccone, asserviti al potere delle multinazionali criminogene. Non siamo sudditi, servi o tantomeno cavie, ma cittadine e cittadini liberi ed intelligenti. Dimostriamo al mondo di essere una società civile e facciamo valere lo Stato di diritto. Dissolviamo l'incubo della fobocrazia. Su la testa!
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