di Gianni Lannes
Dopo appena 31 anni, le agende
elettroniche di Giovanni Falcone - detenute dalla Procura della
Repubblica di Caltanissetta - sono ancora coperte da
un'ingiustificabile segreto giudiziario. Perché? Mario Draghi, ossia mister Britannia, ne sa qualcosa? Cosa c'è da nascondere all'opinione pubblica?
Il 25 giugno 1992, Paolo Borsellino confermerà l’autenticità
dei diari nel corso del suo ultimo intervento pubblico alla
Biblioteca Comunale di Palermo:
«…io questa sera
debbo astenermi rigidamente – e mi dispiace, se deluderò qualcuno
di voi – dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si
aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi
giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari
di Giovanni Falcone. Per prima cosa ne parlerò all’autorità
giudiziaria, poi – se è il caso – ne parlerò in pubblico. Posso
dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l’argomento, e per
evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni
fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla
stampa, sul “Sole 24 Ore” dalla giornalista Milella, li avevo
letti in vita di Giovanni Falcone. Sono proprio appunti di Giovanni
Falcone, perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere
avanzati dei dubbi.».
Le agende di Giovanni Falcone entrarono
e uscirono rapidamente nella vicenda della strage di Capaci. A
distanza di tanti anni, dopo processi, depistaggi, falsi testimoni,
morti sospette, e diversi interrogativi irrisolti, quei materiali
rivelatori che sono stati trascurati nelle inchieste della
magistratura, invece aiutano a capire che cosa è successo quel 23
maggio 1992. E perché in Italia c'è una trattativa occulta
statal-mafiosa, vale a dire un accordo non scritto.
Le agende personali fanno paura a
tanti telecomandati dall'estero: quella di Borsellino è scomparsa e
quelle di Falcone, esaminate dai periti Gioacchino Genchi e Luciano
Petrini (morto prematuramente), nonostante strane interruzioni,
pongono domande decisive: sugli incontri del giudice con funzionari
russi per indagare sui finanziamenti clandestini in Italia; su come
sia stato possibile che la cosiddetta mafia di Stato sapesse il
giorno e la data del suo viaggio a Palermo; sul suo misterioso
viaggio a Washington; su dove sia stato tra il 28 aprile e il primo
maggio prima dell’attentato; e molte altre ancora.
Altre letture: le sedute del Consiglio
Superiore della Magistratura: i verbali relativi alla nomina a
procuratore di Marsala di Paolo Borsellino (settembre
1986); e della nomina a capo dell’ufficio istruzione del tribunale
di Palermo, in lizza Antonino Meli e Giovanni
Falcone (gennaio 1988). Aiutano a orientarsi su fatti, episodi,
situazioni che sono parte della storia di questo Paese; per questo
vanno raccontati nella loro interezza e integrità, se si vuole
sperare di capirci qualcosa. La strage di via D’Amelio a Palermo
dove hanno perso la vita Borsellino e la sua scorta, per
esempio: sono trascorsi trent’anni, la vicenda continua a essere
avvolta in un groviglio di menzogne, reticenze, omissioni. Non solo
la questione dell’agenda rossa, che sicuramente quella domenica era
nella borsa del magistrato, e mani “istituzionali” provvedono a
farla sparire.
L'eliminazione di Falcone e Borsellino
va inserita all’interno di una più generale strategia ininterrotta
di destabilizzazione che investe il Belpaese almeno dal 1962, con
l'assassinio di Enrico Mattei e di Aldo Moro nel 1978.