di Gianni Lannes
Quale lotta alla mafia in Italia? Senza macchie o buchi neri? Quanta carriera l'inquilino del Quirinale, pubblico elogiatore del nebuloso Bilderberg e della famigerata Trilateral, nonché firmatario di decreti legge a raffica (incostituzionali ed anticostituzionali) sulla pandemia covidiota che ha imprigionato gli italiani per due anni (alla voce lockdown), figlio minore dell'uomo d'onore Bernardo. Alla Camera dei deputati in pianta stabile dal 1983 al 2008. Da deputato della Democrazia Cristiana a vicepresidente del Consiglio con delega ai Servizi Segreti nel governo D’Alema con l’Ulivo (1998-1999) che autorizzò la guerra (e i bombardamenti della Jugoslavia), ministro dei rapporti con il Parlamento (1987-1989) e della pubblica istruzione (1989-1990), quindi titolare della Difesa (1999-2001) quando negò la pericolosità dell'uranio impoverito e fu smentito dai fatti, poi deputato del Partito Democratico, quindi giudice costituzionale (2011-2015), per essere infine eletto due volte consecutive capo dello Stato tricolore. Nella sua biografia ufficiale, però, non appare la mazzetta a lui elargita da un costruttore di “cosa nostra”.
Alla vigilia delle elezioni politiche del ’92, l'avvocato Sergio Mattarella aveva ricevuto nella sua segreteria di via Libertà a Palermo una busta: il mittente era l’imprenditore agrigentino Filippo Salamone titolare della Impresem, che qualche anno dopo si sarebbe beccato una condanna per concorso in mafia con l’accusa di essere l’erede di Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina. Nel 1993 Mattarella Sergio finì a processo per un finanziamento illecito di Filippo Salamone, il costruttore fiduciario di "cosa nostra". Salamone fu poi condannato per mafia e patteggiò la pena per tangenti a una sfilza di politici siciliani: confessò di avere finanziato Mattarella dandogli 40 milioni di lire in contanti e poi 10 milioni in buoni benzina per una campagna elettorale. Allora Mattarella si è ricordato: sì, l’ho incontrato, ma i milioni erano solo 3 milioni, in buoni benzina, e io li ho accettati. I giudici l’hanno assolto perché allora la legge puniva solo i finanziamenti in nero sopra i 5 milioni. L’incorruttibile Sergio Mattarella, all’epoca deputato e commissario della Dc siciliana, raccontò di averli accettati come un regalo, “di modesto valore”, inviatogli a titolo personale da un privato cittadino, e di averli distribuiti dopo le elezioni ai suoi collaboratori. E così ottenne lo sconto giudiziario. Incredibile, inverosimile, inaudito.