«La
libertà non è mai una conquista definitiva»:
parola
di Sandro Pertini.
Grazie
Presidente!
Gianni
Lannes
La sua tempra è ineguagliabile. L'amico Andrea Pazienza lo ha definito a suo tempo, in una delle sue opere: «L'ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini», per questo l'Italia intera lo amava, era spontaneo, ingenuo e severo.
A 30 anni dalla scomparsa fisica di un vero eroe con un'inossidabile integrità morale ed un coraggio militante d'altri tempi, nel
bel mezzo del sistema dittatoriale, appena instaurato in Italia dal
primo ministro, l'attendente Giuseppe Conte, consiglio a tutti di
vedere “Il Giovane Pertini, combattente per la libertà”, il
film del giovane regista avellinese Giambattista Assanti,
dedicato al periodo della lunga carcerazione del futuro Presidente
della Repubblica, della sua battaglia antifascista e per la
Liberazione dell’Italia.
Ci
si chiede del perché tante persone siano interessate oggi alla vita
del socialista Pertini, Presidente della Repubblica in anni ormai
lontani. E le risposte sono state semplicemente due: nella
memoria collettiva persiste il ricordo di un grande Presidente,
onesto e coraggioso, frutto della migliore tradizione del socialismo
riformista e dell’antifascismo; inoltre, il momento che viviamo,
attraversato da nubi scure e minacciose, lo richiede. Insomma, esige
di ritornare con la mente e con l’azione a quei valori di libertà,
giustizia, democrazia, che in tempi terribili sono stati difesi a
costo del carcere duro e della vita da tanti combattenti
antifascisti, valori che oggi taluni vorrebbero relegare tra le
anticaglie o addirittura deridere o calpestare. Ma c’è anche un
altro aspetto, che è quello che ha motivato un regista giovane come
l’avellinese Assanti ad intraprendere questa avventura
cinematografica: l’umanità di Pertini, la sua passione civile, la
sua vicinanza alla disperazione (ed alla rabbia) della gente. È dal
ricordo di un Pertini sui luoghi dell’Irpinia devastata dal
terremoto, che abbraccia, rompendo ogni protocollo, un terremotato
che inveiva contro lo Stato, esprimendogli umana comprensione e
solidarietà. E dandogli ragione. Tanto da far sì che prendesse
vita, all’indomani, la legge che istituiva il
sistema della Protezione Civile. Altri ricorderanno
l’entusiasmo del Presidente della Repubblica Pertini al Bernabeu di
Madrid per il Mondiale di Spagna del 1982 vinto dagli
azzurri, la partita a scopone con Bearzot ( altro fumatore di
pipa!) sul volo di ritorno, ma per il giovane Assanti la sua
vicinanza alla gente disperata, è stata la molla per
cercare di capire e di rappresentare il Pertini giovane e
intransigente avvocato socialista, arrestato nel 1929 per una
delazione, di ritorno dalla Francia sotto falso nome, e che tra
un carcere e l’altro, da un’isola di confino all’altra,
trascorrerà ben 14 anni di reclusione, tra i 33 e i 47 anni, gli
anni migliori di una vita. Trascorsi in parte in isolamento,
in stanze fredde e umide, tra vessazioni e rigidi controlli,
malattia e scarsa alimentazione. Qualcuno, con pubbliche
responsabilità, in anni recenti ha avuto l’impudenza di definire
il confino fascista come una villeggiatura, una vacanza sulle nostre
isole. Dovrebbero provarlo quel tipo di vacanza. Merito del
film è quello di mostrare com’era la vita dei confinati e in
particolare la sua: prima S.Stefano, poi Turi, dove stringe
amicizia con Antonio Gramsci, seriamente ammalato del quale raccoglie
alcune confidenze, quindi Pianosa, Ponza e Ventotene… fino
al 25 luglio del 1943. E poi, dopo la partecipazione alla
battaglia di Porta Pia a Roma contro i tedeschi, l’arresto da parte
della terribile banda fascista di Bernasconi e il carcere a
Regina Coeli e la condanna a morte per lui e per Saragat (altro
Presidente della Repubblica). Solo l’intervento dei partigiani
della Brigata Matteotti, consentirà loro di salvare la vita. Pertini
non ha mai digerito l’amnistia decretata da Togliatti (Ministro
della Giustizia nel primo governo Parri) tanto fresco e
indelebile era il ricordo dei crimini e delle torture commesse dalla
Banda Bernasconi in varie città d’Italia tra cui Milano, Roma,
Firenze. “Questa banda – disse in un suo intervento
alla Camera il deputato Pertini – consumava i suoi reati
e le sue sevizie a Villa Triste. Basta andare a Firenze e
pronunciare questo nome per vedere il volto di centinaia di donne,
spose, madri, coprirsi di orrore. Ebbene, in virtù dell’amnistia
sono usciti una parte dei complici della banda Koch ed oggi
sono in piena libertà”.
Sandro
Pertini è un esempio e un modello per i giovani.“Il carteggio da
cui è stata tratta la storia del film – scrive il regista Assanti-
inizia nel 1929 e si conclude nel 1943. Le lettere che Sandro Pertini
scriveva dall’ esilio in Francia, raccontano il suo entusiasmo di
fervido socialista. Attraverso i suoi scritti e le sue testimonianze,
partecipiamo alla sua avventura di fuggiasco, detenuto e poi
confinato politico. I suoi scritti, peraltro molto sofferti, con la
madre Maria Muzio, raccontano di alcune amicizie vissute con alcuni
dei suoi compagni e amici (Claudio Treves, Filippo Turati, Adriano
Olivetti, Ferruccio Parri) e di un grande amore, per la sua fidanzata
Matilde, sacrificato ai quattordici, lunghi anni di prigionia e
confino. Il film ha inizio durante i primi giorni di insediamento
come Capo dello Stato, nel Luglio del ’78, quando un vento
impertinente spalanca la finestra e scompiglia le pagine di un
vecchio diario la cui storia comincia in un giorno del 1929, giorno
in cui il giovane Sandro viene portato al carcere di Santo Stefano.
Attraverso la voce del nostro protagonista, il film racconta gli
episodi più importanti e suggestivi degli anni di prigionia che
vanno dal ’29 al ’43.”
Il
film, che ruota attorno al concetto di libertà e coesione sociale, è
straordinariamente contemporaneo. In un momento tragico come questo, forse
abbiamo più sensibilità per comprendere il concetto di privazione
di libertà e di immaginarne le implicazioni durante una dittatura
nel periodo vissuto dal Presidente Pertini, che nelle sue scelte di
vita, è stato testimone chiaro e fermo e non ha mai esitato a
sacrificare la sua vita privata in nome della giustizia sociale e
della libertà, valori basilari di ogni democrazia da sempre.