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foto Gianni Lannes |
di
Gianni Lannes
I
nuovi barbari, analfabeti e spietati, non hanno risparmiato il
passato, con uno sfregio nel presente degno degli sciacalli,
imbrattando e deturpando con vernici indelebili alberi secolari e pietre della
memoria. A farne le spese, platani più unici che rari nella montagna
del sole, nonché l'antico complesso medievale ospedaliero di Santa
Maria Pura, dove ai piedi del borgo illirico di Vico del Gargano,
sgorgano dalla notte dei tempi, sorgenti d'acqua dolce che fluiscono
nel canale Rjeka. Qui, nei luoghi del cuore, una
volta, si contavano almeno una mezza dozzina di mulini lungo il
torrente Asciatizzo, fino al mare. Oggi, l'incultura della modernità ha cancellato
questi preziosi tesori per lasciare il posto a cemento armato,
asfalto soffocante e degrado dilagante. Non a caso, in paese, sono state fagocitate dalla speculazione edilizia "legalizzata", ben due aree archeologiche, inclusa MonteTabor, con una necropoli dell'età del Ferro, risalente al V secolo avanti Cristo. Ma questa è un'altra brutta vicenda. A proposito? La pubblica amministrazione, i vigili urbani, i carabinieri inclusi i forestali e le giacche verdi non si sono accorti di nulla, pur essendo in tanti? Per caso le forze dell'ordine e l'amministrazione comunale sono in letargo virale avanzato? La tutela del patrimonio storico, architettonico e naturalistico della nazione, è un dovere costituzionale, ossia un obbligo istituzionale di rango primario. Nonostante il peggio, in loco ci si imbatte in una figura positiva, ma ormai in via di estinzione. Il pastore errante: Salvatore (nomen omen).
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Archivio Lannes |
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Dove
Oriente e Occidente si incontrano e si fondono da sempre, la storia e la leggenda si infrangono però contro la cinica contemporaneità. A Vico del
Gargano la leggenda fa capolino nella barocca chiesa di Santa Maria
Pura, dove sorgeva un ospedale ed erano presenti, secondo le fonti storiche, i cavalieri teutonici. La chiesa venne eretta, secondo la
tradizione, per un miracolo concesso dalla Madonna ad un pastore
sordomuto che pascolava le greggi in quella zona. Il pastore,
incontrata la Vergine, riacquistò l’udito e la parola e i
genitori, per ringraziarla del miracolo, edificarono una cappella in
suo onore. Un sacerdote, Antonio Miglionico nel suo manoscritto
ricorda che il “miracolo” avvenne l‘8 maggio 1228. Nel 1337,
poi, la cappella venne trasformata in Chiesa, dedicata a Santa Maria
Pura. La dedicazione è dovuta, come si evince dal libro dei defunti
custodito nella Chiesa Madre, all’usanza religiosa di seppellirvi
le vergini e bambini. Un tempo, la chiesa custodiva anche numerosi ex
voto.
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foto Gianni Lannes |
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Archivio Lannes |
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Un’altra leggenda abbraccia sempre il culto mariano. Si tratta
della scultura della madonna ospitata all’interno della chiesa. Si
racconta che quando venne costruita la chiesa, a Vico non ci fosse
nessuno in grado di scolpire una statua. A risolvere l’inconveniente
fu l’arrivo di un misterioso forestiero che si offrì di scolpire
la Vergine a condizione di rimanere chiuso nel luogo sacro per tre
giorni. Terminato il secondo giorno, alcuni abitanti, non avendo
nessuna notizia del forestiero, decisero di entrarvi. Quando aprirono
il portale lo scultore era svanito lasciando incompiuta la statua,
priva di una mano. Oggi la chiesa versa in uno stato di semi
abbandono, mentre nei dintorni si accumulano rifiuti. Eppure, è tra i Luoghi del Cuore del Fondo Ambiente
Italiano. L’edificio è costituito da tre navate, con la navata
centrale più ampia e con una copertura lignea. Il presbiterio,
sovrastato dalla cupola, conserva l’altare maggiore, in pietra
locale, decorato in stile barocco. Nella navata destra, invece, è
visibile un altare scavato direttamente nella roccia. All’esterno
della chiesa più in basso, si conserva ancora oggi un lavatoio e la
Fontana Vecchia, le cui acque si raccolgono in una monumentale vasca,
risalente alla fine dell’Ottocento, contornata da platani secolari. Qui,
da alcuni affioramenti sorgivi in grotta, sgorga il torrente
Asciatizzo, l'unico corso d'acqua perenne del Gargano, dove tuttavia confluisce anche lo scarico fognario del paese per gettarsi a Mulino di mare, tra Rodi e San Menaio. Nonostante le ferite inferte dalla disumanità tecnologica, la bellezza naturale si fonde armoniosamente con il passato. È un patrimonio comune, straordinario, da preservare e tramandare ai posteri, non dissipare distrattamente.
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foto Gianni Lannes |
Riferimenti:
Gianni
Lannes, La montagna profanata, Il Rosone, Foggia, 2015.