25.11.19

VIOLENZA SULLE DONNE: POLITICA LATITANTE!

 foto Gilan ©


di Gianni Lannes

Sono creature ammantate di bellezza e intrise d'amore. È illusorio immaginare di arrestare o diminuire le violenze giornaliere (fisiche e psicologiche), se non si insegna a partire dall'asilo, e, dunque, nella famiglia e nella società, nell'economia e nei tribunali, nelle religioni e nelle televisioni, nei luoghi di lavoro e di studio, nonché nei rapporti interpersonali e dentro la politica, che una donna non può essere trattata come un oggetto, e che la sua autonomia e la sua dignità sono assolutamente inviolabili; esattamente come lo sono l'autonomia e la dignità maschile.


foto Gilan ©

Nessuno governo italiano si è minimamente preoccupato di varare un serio piano nazionale di prevenzione per contrastare stupri e femminicidi. Eppure nel 2013, vale a dire ben 6 anni fa, il Parlamento tricolore ratificò (solo sulla carta), la Convenzione di Istanbul, dopo un quarto di secolo dall'istituzione da parte delle Nazioni Unite della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, impegnandosi - teoricamente (ovvero, a chiacchiere fritte) - non solo a riconoscere che le violenze di genere rappresentano un problema strutturale della nostra società malata di consumismo, ma anche a portare avanti una triplice strategia. Punire severamente quantomeno i colpevoli? La cronaca giudiziaria attesta sistematicamente che i tribunali di ogni ordine e grado, fino alla Cassazione, hanno sempre un occhio di riguardo per i carnefici maschili (sconti di pena, attenuanti, agevolazioni, indulti, amnistie e infine prescrizioni). Comunque, come si fa a ritenere che la sola e stentata repressione possa eliminare questa piaga? Basta farsi un giro per le città del belpaese, per vedere con i propri occhi, quante donne, spesso minorenni, giorno e notte, trattate peggio delle merci avariate, sono costrette a prostituirsi sulle strade e nelle stazioni ferroviarie, mentre le forze dell'ordine fanno finta di niente. Ma il vero buco nero, secondo documentate inchieste giornalistiche e rigorose ricerche sociologiche, è proprio la famiglia. Piuttosto, bisogna investire sull'educazione emotiva, fin dalla più tenera età.

I politicanti italidioti si ricordano - vagamente, anzi a stento - di questa ricorrenza addirittura da celebrare (ossia da consumare, sic!), soltanto ogni 25 novembre, da 25 anni a questa parte. Poi il giorno dopo, subentra l'amnesia, o peggio, l'indifferenza. Com'è possibile che sia la stessa politica ad incrementare quotidianamente, anche attraverso i mass media, un linguaggio impastato di odio per l'altro, prevaricazione e manipolazione, invece di trasmettere i valori dell'ascolto e del reciproco riconoscimento? Non si fa altro, al di là dei proclami propagandistici, che esaltare l'aggressività e la volgarità, inculcate alla più tenera età.

Allora, basta retorica, ipocrisia e piagnistei. Andiamo alla radice dei problemi. L'educazione e la cultura sono fondamentali per ri-conoscere se stessi e gli altri.

Fino a quando non si educheranno i più giovani al rispetto reciproco e all'accettazione delle differenze, non si riuscirà nemmeno a contenere o scalfire la cosiddetta violenza di genere.

Un nuovo umanesimo? Occorre una rivoluzione di pensiero ed azione. Bandire il profitto, vale a dire la sopraffazione del prossimo come merce corrente. La vera rivoluzione è il passaggio dall'economia all'etica.


Riferimenti:

 https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=donne