di Silvana Mondo*
Avevi 19 anni, eri un
virgulto pieno di vita, sei caduto dal motorino dopo una lunga serata
con gli amici, vicino a casa. Ti hanno portato all'ospedale di
Trieste dove ti hanno dimenticato prima al Pronto Soccorso e poi in
ortopedia ritenendo che ci fosse solo la frattura di un dito e trauma
contusivo alle ginocchia. Quando noi siamo giunti la mattina, abbiamo
scoperto che c'era un ematoma alla nuca quindi ti trasportarono al
“Cattinara” ma non per curarti. Nessuna terapia è stata
eseguita, neanche una radiografia del cranio; sconosciuta l'ora della
TAC necessaria per una diagnosi e cura, così come l'ora della
consulenza del neurochirurgo. Tu sequestrato in rianimazione. Io e
tuo padre ad attendere fuori senza poterti vedere, senza avere
notizie, sfiniti nell'attesa. Ci convocarono il giorno dopo alle ore
17 per la prima volta, ci dissero “Paolo è morto” (sic), ma non
ci dissero che si trattava di cosiddetta “morte cerebrale” a
cuore battente. A noi si spense la luce dell'intelletto. Ci misero in
mano un prestampato non intestato, col linguaggio burocratico a noi
incomprensibile, però come se fosse stato scritto da noi, pieno di
leggi e clausole. Firmammo inebetiti dal dolore. Ma quella, credimi
Paolo, non fu una donazione, fu un'estorsione. Capimmo poi che se ti
avessero curato con l'intento di salvarti non avrebbero avuto così
tanta fretta.
Ora sappiamo che è impossibile valutare in un tempo
così esiguo sede, estensione e tipo di lesione per la cura. Allora
no. Sfiniti avevamo posto totale fiducia nei medici, i tuoi
assassini. Poi dalle cartelle cliniche abbiamo capito che la
dichiarazione di “morte cerebrale” è stata decisa sul tuo
giovane corpo curarizzato e sedato con più farmaci che impiegano ore
per essere eliminati. Così come è impossibile valutare la
respirazione spontanea su persona addormentata e paralizzata. Paolo
figlio mio, i tuoi genitori non ti hanno donato, sono stati truffati
da medici affaristi e criminali che al posto di curarti si fregavano
le mani per disporre dei tuoi organi vivi. Dai miei occhi solo
lacrime.
Ora
che so come gira il mercato, ti difenderei come fece George
Pickering, quel Padre che salvò suo figlio dall'espianto, armato di
pistola in un ospedale del Texas*.
George Pickering notava che “si stavano muovendo troppo in fretta:
l'ospedale, le infermiere i medici” e si barricò vicino a suo
figlio tenendo a bada per tre ore sanitari e polizia per dare al
figlio più tempo e dimostrare che dava segni di vita. Il figlio si
riprese completamente, ora è l'immagine della salute. Il padre fece
un anno di galera ma felice. Senza questa sua determinazione il
figlio sarebbe stato ucciso nella tortura e nessuno l'avrebbe saputo.
Un fatto simile in Italia
probabilmente cadrebbe sotto “l'articolo 52 Difesa legittima-
Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto
dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il
pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia
proporzionata all'offesa” “art.54- Stato di necessità...” e
altri del codice penale.
Caro Paolo, che la nostra
sofferenza serva a cancellare la legge che impone la falsa “morte
cerebrale” a cuore battente. Nel XXVI anniversario il nostro
ricordo.
Mamma di Paolo
*Consigliera Nazionale
Lega Nazionale
Contro la Predazione di
Organi
e la Morte a Cuore Battente