6.3.22

DRAGHI E IL CONFLITTO DI INTERESSI CRIMINALI!

 


 di Gianni Lannes

Al governo dell'Italia nel 2022 (voluto dal Mattarella) bivaccano invidui realmente indipendenti e scevri da conflitti di interessi? Da Mario Draghi a Vittorio Colao, da Roberto Cingolani a Daniele Franco e così via fino all'incompetente patentato Speranza, sponsor numero 1 del green pass semplice e pure rafforzato (che ha sottratto arbitrariamente il lavoro a tanti italiani). Nel governo tricolore dell'ammucchiata partitocratica - che ha scommesso sui fallimentari derivati - il piu' pulito ha per caso la rogna? 


 

"Un vile affarista che svenderebbe l'Italia": così fu definito dal presidente Cossiga. Mario Draghi, che è membro senior del Gruppo dei Trenta, fu co-autore della pubblicazione del 14 dicembre 2020, del Gruppo dei Trenta, dal titolo: «Rilanciare e ristrutturare il settore aziendale Post-Covid: progettare interventi di politica pubblica», che detta quelle che secondo gli autori dovrebbero essere le linee che ciascun Governo del mondo dovrebbe seguire per uscire dalla crisi scatenata dal Covid.

In questo rapporto Draghi sollecitava la fine degli aiuti di Stato per le imprese il cui destino è stato segnato dal Covid-19, suggerendo che potrebbero esserci medicine dolorose in serbo. Il rapporto chiede «una certa quantità di “distruzione creativa” quando alcune aziende si restringono o chiudono e se ne aprono di nuove e alcuni lavoratori devono spostarsi tra aziende e settori».

Come Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi dovrà presiedere alle decisioni in merito al Recovery Fund e disciplinare l'utilizzo dei fondi europei sulla sostenibilità che indebiteranno gli italiani a vita.

Ufficialmente, il Gruppo dei Trenta («Group of Thirty»), fondato nel 1978, è un organismo globale indipendente composto da leader economici e finanziari del settore pubblico e privato, con lo scopo di approfondire la comprensione delle questioni economiche e finanziarie globali e di esplorare le ripercussioni internazionali delle decisioni prese nei settori pubblico e privato. Tra i sostenitori di questa istituzione  - singolare coincidenza - si trova anche BlackRock.

In una interrogazione parlamentare europea (P-002369/2020 del 20 aprile 2020), viene denunciato che, l'8 aprile 2020, la Commissione ha aggiudicato un appalto a BlackRock per monitorare lo sviluppo di orientamenti di sostenibilità ambientale per il settore bancario dell'Unione europea e le politiche di investimento delle imprese. Tale aggiudicazione avviene dopo che gli Stati Uniti l'hanno scelto come consulente in materia di acquisto di obbligazioni e titoli di debito. Tale aggiudicazione, a parere degli interroganti europei, conferisce a una società americana un notevole margine di manovra per influenzare la legislazione dell'Unione europea e un'attuazione equa del Green Deal nel settore finanziario. Nella stessa interrogazione si fa presente che BlackRock è uno dei principali gestori globali di investimenti per il settore bancario e della produzione di energia basata sul carbone, i cui attivi sono attualmente valutati a 87,3 miliardi di Usd e che si è regolarmente opposto all'intenzione della Commissione di esaminare l'impatto delle imprese sull'ambiente e sul cambiamento climatico. È probabile che gestirà attivi connessi alla fase di recupero dopo l'emergenza Covid.

Incredibilmente, nella risposta, la commissione europea non ha rilevato gli evidenziati e macroscopici conflitti di interessi.

Nell'interrogazione parlamentare europea n°E-005377/2020 si fa presente che BlackRock si è impegnata a garantire una «segregazione fisica» per impedire la fuga di informazioni verso altre parti della società.

Sulla carta la finanza sostenibile a livello dell'Unione europea mira a sostenere la realizzazione degli obiettivi del Green Deal europeo, incanalando gli investimenti privati nella transizione verso un'economia climaticamente neutra, resiliente al clima, efficiente sotto il profilo delle risorse e giusta, come complemento al denaro pubblico. Il 37 per cento del Recovery Fund inoltre è anch'esso destinato alla transazione verde prevista nel Green Deal europeo.

Il 27 ottobre 2020 un rapporto Dhl-McKinsey stima che per i vaccini Covid-19 serviranno fino 15 milioni di consegne e oltre 15 mila voli. Il l 4 febbraio 2021 McKinsey ha patteggiato il pagamento di 573 milioni di dollari (472 milioni di euro) a 47 stati Usa per il ruolo avuto nel promuovere le vendite degli antidolorifici oppiacei della Purdue Pharmas OxyContin e di altre case farmaceutiche, che hanno causato la morte di oltre 450 mila persone negli ultimi due decenni. La società per decenni è riuscita a schivare la responsabilità legale anche nel caso riguardante i disastri ambientali causati da un suo cliente, la Enron.

L'11 febbraio 2021 Generation, l'organizzazione globale no-profit per l'occupazione, si è assicurata 77 milioni di dollari di nuovi finanziamenti 50 milioni di dollari di risorse in natura da BlackRock, McKinsey & Company, Microsoft Corp. e Verizon, per accelerare il proprio lavoro nella lotta alla disoccupazione in 14 Paesi in tutto il mondo. Questo impegno combinato consentirà a Generation di sostenere le persone che devono affrontare barriere sistemiche all'occupazione, in particolare i giovani adulti e i lavoratori a metà carriera, causate dal cosiddetto Covid-19.

Il 5 marzo 2021 su «La Repubblica» nell'articolo dal titolo «Il governo si affida agli esperti McKinsey per il Recovery Plan» appare la notizia che il Ministero dell'economia e delle finanze, guidato da Daniele Franco, ha contattato McKinsey affidando ad essa l'incarico di accelerare la riscrittura del piano italiano e colmare i ritardi accumulati nei mesi scorsi. Gli uomini di McKinsey (dove ha lavorato per un decennio anche il Ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao) affiancheranno la struttura del Ministero guidata da Carmine Di Nuzzo.

Il contratto concluso con McKinsey, che come precisato dal Ministero dell'economia e delle finanze riguarda l'elaborazione di uno studio sui piani nazionali «Next Generation» già predisposti dagli altri Paesi dell'Unione europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano.

Tra l'altro BlackRock e McKinsey, durante il mandato istituzionale di Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea, sono stati al centro della polemica sugli stress test bancari, il famoso «Caso-Schauble». L'ex Ministro delle finanze tedesco Schauble ha denunciato il ruolo, le incompatibilità e i contratti di servizio delle società private coinvolte dall'Eurosistema nella conduzione e nell'analisi dei dati raccolti negli stress effettuati tra il 2014 e il 2018. La denuncia riguarda le società di consulenza ingaggiate nel 2016, tra cui McKinsey e Blackrock, poi riconfermata nel 2018. Dalle e-mail sulle vicende emerge che né la Banca centrale europea, né l'autorità di supervisione degli stress test, avevano mai rivelato di aver affidato le verifiche di affidabilità patrimoniale delle banche europee a una società di Wall Street che, sulle stesse banche, investe decine di miliardi di euro. La presenza di BlackRock tra gli esaminatori delle banche era apparsa a Schauble come un palese conflitto di interesse e soprattutto come una falla potenzialmente pericolosa nel sistema di controllo e garanzia della riservatezza dei dati sensibili di ogni singola banca.

La questione dell'associazione Diplomatia e della partecipazione alla stessa di titolari di rilevanti incarichi pubblici e di governo. Il 13 febbraio 2021 sono stati nominati: Enrico Giovannini come Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e Daniele Franco come Ministro dell'economia e delle finanze. Entrambi i Ministri risultano essere membri dell'associazione Diplomatia: Enrico Giovannini come membro dell'Advisory Board e Daniele Franco come membro del consiglio di amministrazione.

All'interno dell'associazione sono presenti indvidui che rappresentano diverse società e istituzioni che nell'associazione trovano spazio per discutere e incontrarsi tra di loro. A parere dell'interrogante le riunioni informali di Diplomatia rappresentano consessi dove chi ha funzioni pubbliche e politiche, nonché dirigenziali di aziende pubbliche o di gruppi bancari che hanno relazioni dirette nell'acquisto di titoli di Stato nelle aste pubbliche del Ministero dell'economia e delle finanze, ma anche rappresenta aziende o gruppi di aziende con concessioni pubbliche, si incontra e prende decisioni che poi vengono invece portate all'attenzione della politica solo in una fase di «ratifica». In sostanza, la discussione reale viene fatta fuori dai consessi democratici. Le riunioni non sono pubbliche e le discussioni private, ma i soggetti partecipanti hanno anche cariche pubbliche e discutono di questioni politiche di carattere pubblico. A titolo di esempio ci citano come membri di rilievo in situazioni di sostanziale conflitto di interessi Fabio Cerchiai, presidente di Atlantia S.p.a.; Alessandro Picardi, vice presidente esecutivo di Tim Spa & Chief Public Officer; Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo S.p.a.. All'interno di Diplomatia si trovano anche rappresentanti dell'Aspen Institute, come Marta Dassù.

I Ministeri guidati dai suddetti ministri risultano essere soci istituzionali della Associazione Diplomatia, «un'associazione unica nel suo genere che svolge finalità di carattere istituzionale e di rilevanza internazionale», così come si definisce nel suo sito istituzionale.

La sua mission è quella di favorire incontri diretti e informali al massimo livello per stabilire un dialogo costruttivo su temi di rilevante attualità, incentivando occasioni di sinergie, di accordi produttivi e di proficuo lavoro. Al suo interno si trovi la presenza di diverse aziende pubbliche e private o a partecipazione pubblica, nonché banche, e tra i soci istituzionali molte ambasciate straniere in Italia.

La presidenza onoraria dell'associazione è affidata alla contessa Marisa Pinto Olori del Poggio, soprannominata da Lettera43.it «Regina di Roma» e descritta come una nobildonna molto potente, nota nei salotti economici, politici, internazionali d'oltreoceano e diplomatici italiani.

Sul sito istituzionale dell'associazione non è pubblicato lo statuto, mentre sui siti istituzionali dei ministeri indicati non risultano informazioni a riguardo sulla partecipazione degli stessi a tale associazione. Non è resa pubblica alcuna informazione a riguardo a questa associazione e vi sono persone che coprono cariche istituzionali e che fanno parte di queste o altre associazioni come ad esempio il consigliere dell'associazione Diplomatia Vito Cozzoli, oggi presidente e amministratore delegato Sport e Salute spa già consigliere parlamentare della professionalità generale della Camera dei deputati già capo di gabinetto del Ministero dello sviluppo economico nel 2016 consigliere di amministrazione del Centro studi Americani.

Diplomatia risulta essere altresì gemellata con l'associazione Canova Club: il presidente del Canova Club è Stefano Balsamo. L'associazione ha come attività principale «Il Cenacolo dei 30» ovvero un gruppo ristretto del Canova Club composto da rappresentanti del mondo imprenditoriale, finanziario, bancario, accademico, istituzionale e culturale, i cui nominativi non sono pubblici. Il gruppo si riunisce una volta al mese per discutere di argomenti di grande impegno e interesse per il Paese, insieme a qualificati attori della vita politica, sociale ed economica italiana. Vuole essere un punto di riferimento per i gestori della «res publica» in tutte le forme, con la varietà e la diversità delle visioni e delle opinioni dei suoi membri.

Sia le riunioni informali di Diplomatia che le riunioni del Cenacolo dei 30 di Canova Club, rappresentano consessi dove chi ha funzioni pubbliche e politiche, nonché dirigenziali di aziende pubbliche o di gruppi bancari che hanno relazioni dirette nell'acquisto di titoli di Stato nelle aste pubbliche del Ministero dell'economia e delle finanze si incontra e prende decisioni che poi vengono invece portate all'attenzione della politica solo in una fase di ratifica. Vale a dire: la discussione reale viene fatta fuori dai consessi democratici. Le riunioni non sono pubbliche e le discussioni private, ma i soggetti partecipanti hanno anche cariche pubbliche e discutono di questioni politiche di carattere pubblico. Considerando la recente auto-regolamentazione dei Ministeri e della Camera dei Deputati in merito al registro delle lobby, che ha come obiettivo garantire una trasparenza dei portatori di interesse che frequentano le «stanze del potere», va a maggior ragione segnalato che viceversa queste associazioni puntano a bypassare questo genere di controllo democratico.

Non e' tutto. Il giorno 14 agosto 2018, a causa di accertate carenze strutturali, è crollato a Genova il ponte autostradale posto sul torrente Polcevera, noto come "ponte Morandi", provocando la morte di 43 persone, decine di feriti e 566 sfollati. L'evento ha generato, inoltre, significativi danni dal punto di vista economico, logistico e commerciale, con gravi ed evidenti ricadute sul piano sociale.

A seguito del crollo è stato avviato un confronto in merito alla revoca delle concessioni alla società Autostrade per l'Italia SpA (ASPI), che fa parte del gruppo Atlantia SpA, il quale possiede l'88,06 per cento del capitale sociale e fa riferimento, come principale azionista, alla famiglia Benetton. Le indagini avviate dalla magistratura hanno, infatti, evidenziato una serie di gravi mancanze da parte della concessionaria in merito ai controlli sull'efficienza strutturale e agli investimenti finalizzati a una corretta manutenzione del tratto autostradale interessato. Non solo. Durante le indagini è stato dimostrato che la concessionaria, o in ogni caso soggetti riconducibili a essa, si è resa responsabile di interferenze volte ad ostacolare il proseguimento delle indagini stesse.

Fonti giornalistiche, già il 16 luglio 2020 informavano che i legali dello studio GOP per il gruppo Atlantia e dello studio Chiomenti per la società Cassa depositi e prestiti (CDP, controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, in campo per l'acquisto di ASPI) avevano iniziato la stesura del memorandum of understanding previsto dall'accordo (definizione della procedura di contestazione della concessione) proposto da Carlo Bertazzo (Atlantia) e Roberto Tomasi (ASPI). Nella partita per l'acquisto di ASPI, al fianco di CDP sono arrivati anche due fondi internazionali: Blackstone, americano, e Macquarie, australiano, specializzato in infrastrutture, che acquisirebbero entrambi il 30 per cento di ASPI, lasciando il 40 per cento a CDP, che rimarrebbe socio di maggioranza. L'offerta vincolante sarà presentata entro il 30 novembre.

Come scritto sul suo sito, "il Canova Club è un'associazione di manager, professionisti e imprenditori che promuove Amicizia, Cultura e Solidarietà, con particolare attenzione al futuro dei giovani, alla terza età e allo sviluppo economico e culturale del Paese. I soci del Canova sono espressione del mondo dell'economia, della finanza e della grande impresa, pubblica e privata (...) Fondatore del Club e presidente è Stefano Balsamo, che ha iniziato, 40 anni fa, riunendo amici e colleghi italiani alla guida di banche americane, al Bar Canova di Piazza del Popolo a Roma, da cui il nome".

"Diplomatia", nata nel 1992, "è un'associazione che ha lo scopo di favorire incontri diretti e informali per stabilire un dialogo costruttivo su temi di attualità e sinergie tra ambasciatori presso il Quirinale, alti esponenti istituzionali e rappresentanti del mondo finanziario e imprenditoriale. Diplomatia non è un club né un'Accademia, ma un'istituzione che dà spazio tanto alle rappresentanze diplomatiche e istituzionali, quanto agli esponenti del mondo economico, finanziario e produttivo".

Tra le due associazioni esiste una stretta relazione. Il fondatore e presidente del Canova club è Stefano Balsamo, managing director di J.P.Morgan, ed è anche vice presidente esecutivo di Diplomatia. Vice presidente del consiglio direttivo di Diplomatia (presente sia nel comitato operativo sia in quello esecutivo) e consigliere del Canova Club Roma risulta essere Francesco Ago, partner storico dello studio Chiomenti, di cui dal 2019 è senior of counsel.

Vito Cozzoli, attuale presidente della Società sport e salute (ex Coni Servizi), che durante la tragedia del ponte Morandi e fino ai primi mesi del 2020 ha ricoperto la carica di capo di gabinetto presso il Ministero dello sviluppo economico, risulta essere membro del consiglio direttivo di Diplomatia. Vice presidente di Diplomatia è Fabio Cerchiai, dal 2010 presidente di Atlantia, e membro del consiglio direttivo di ANSPC (Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito) e fino al 2019 presidente ASPI.

tra le personalità legate a Diplomatia c'è anche Antonio Catricalà, dal 2017 presidente Aeroporti di Roma (sempre del gruppo Atlantia), legato a Cerchiai in quanto membro del consiglio direttivo di ANSPC.

Tra i soci istituzionali di Diplomatia figurano: Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Ministero della difesa, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Comune di Roma, CNR, CONSOB, INGV. Tra i soci si trovano anche le seguenti imprese: ASPI, Fincantieri, Leonardo, Poste italiane, Terna, SACE, SIMEST, Allianz.

Nel board del Canova Club si trovano Franco Bassanini (ex presidente CDP, consulente del Ministero dell'economia, membro di ASSONIME e della fondazione Italia-USA, presidente di Open Fiber e fondatore di Astrid), Giovanni Gorno Tempini (presidente di CDP, ex JP Morgan e Banca Intesa, membro di ASSONIME, ISPI e della task force di Vittorio Colao), Gianni Letta (membro del think tank ASPEN e presidente della fondazione Civita, nel cui board si trova, fra gli altri, Fabio Cerchiai).

Le associazioni Diplomatia e il Canova Club risultano dunque essere sorprendentemente frequentate da persone che, da anni, sono al vertice delle aziende italiane.

Le due società principali che hanno costruito il nuovo ponte sul Polcevera a Genova sono Webuild SpA e Fincantieri. Donato Iacovone è presidente della Webuild, ma anche membro del Canova Club, mentre Giuseppe Bono, presidente Fincantieri, è consigliere di Diplomatia.

Le associazioni Diplomatia e Canova Club risultano, infine, essere legate alla fondazione Italia-Cina, in quanto l'attuale presidente della fondazione è Mario Boselli, membro dell'advisory board del Canova Club Milano. Mentre Bianca Maria Farina, membro della fondazione Italia-Cina, è anche membro di Diplomatia, oltre a essere presidente di Poste italiane e presente nel think tank anglo-americano ASPEN.

Alla luce di quanto indicato, per caso e' ravvisabile un potenziale rischio di traffico di influenze favorito da queste singolari e strette relazioni fra gruppi di interesse privato, ministeri, partecipate e funzionari pubblici?

Sussistono forse potenziali conflitti di interessi, condizionamenti delle politiche nazionali e rischi di rivelazione segreti e atti d'ufficio a opera della fondazione Italia-Cina e delle associazioni e sfere d'influenza ad essa collegate?


Riferimenti:

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/P-9-2020-002369_IT.html

https://group30.org/images/uploads/publications/G30_Reviving_and_Restructuring_the_Corporate_Sector_Post_Covid.pdf

https://www.group30.org/

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=draghi 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=britannia 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=colao 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=cingolani 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=speranza 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=mattarella 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=derivati 


 

Mister Britannia: l'affossatore dell'Italia!

La vita di Mario Draghi da direttore generale del Tesoro è un passaggio decennale: dal 1991 al 2001. Draghi emerge come elemento di continuità nella politica economica italiana degli anni ’90, confermato da tutti i ministri, mentre il sistema politico cambia e viene archiviata la prima Repubblica. Mister Britannia cura il negoziato di Maastricht, con Carli, e quello dell’euro, con Ciampi. Ma quell’esperienza è fatta di tanti altri elementi: per esempio, il tema del commercio estero, attraverso l’intervento e il ridisegno di SACE, per il credito delle esportazioni, di cui Draghi è presidente. C’è la riorganizzazione del corpus legislativo in materia finanziaria (a partire dalla cosiddetta “legge Draghi”). C’è ovviamente il capitolo delle privatizzazioni, uno dei più controversi, che porta la frequente accusa a Draghi di essere il liquidatore dell’industria italiana. Le privatizzazioni realizzate dalla sua direzione generale del Tesoro sono imponenti, ancorché insufficienti a ridurre in modo significativo il debito pubblico. Da esse emergono operazioni con i grandi gruppi quotati a partecipazione pubblica (come Eni ed Enel), e vicende di dispersione della capacità tecnologica del Paese, di cui l’esempio più doloroso è quello di Telecom Italia, oggi Tim.



Il discorso pronunciato da Draghi nel 1992 sul panfilo Britannia il 2 giugno 1992


Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata Britannica e gli Invisibili Britannici per la loro superba ospitalità. Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico. Durante gli ultimi quindici mesi, molto è stato detto sulla privatizzazione dell’economia italiana. Alcuni progressi sono stati fatti, nel promuovere la vendita di alcune banche possedute dallo Stato ad altre istituzioni cripto-pubbliche, e per questo la maggior parte del merito va a Guido Carli, ministro del Tesoro. Ma, per quanto riguarda le vendite reali delle maggiori aziende pubbliche al settore privato, è stato fatto poco.

Non deve sorprendere, perché un’ampia privatizzazione è una grande – direi straordinaria – decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico, riscrive confini tra pubblico e privato che non sono stati messi in discussione per quasi cinquant’anni, induce un ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui i sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante. In altre parole, la decisione sulla privatizzazione è un’importante decisione politica che va oltre le decisioni sui singoli enti da privatizzare. Pertanto, può essere presa solo da un esecutivo che ha ricevuto un mandato preciso e stabile.


Altri oratori parleranno dello stato dell’arte in quest’area: dove siamo ora da un punto di vista normativo, e quali possono essere i prossimi passaggi. Una breve panoramica della visione del Tesoro sui principali effetti delle privatizzazioni può aiutare a comunicare la nostra strategia nei prossimi mesi. Primo: privatizzazioni e bilancio. La privatizzazione è stata originariamente introdotta come un modo per ridurre il deficit di bilancio. Più tardi abbiamo compreso, e l’abbiamo scritto nel nostro ultimo rapporto quadrimestrale, che la privatizzazione non può essere vista come sostituto del consolidamento fiscale, esattamente come una vendita di asset per un’impresa privata non può essere vista come un modo per ridurre le perdite annuali. Gli incassi delle privatizzazioni dovrebbero andare alla riduzione del debito, non alla riduzione del deficit.


Quando un governo vende un asset profittevole, perde tutti i dividendi futuri, ma può ridurre il suo debito complessivo e il servizio del debito. Quindi, la privatizzazione cambia il profilo temporale degli attivi e dei passivi, ma non può essere presentata come una riduzione del deficit, solo come il suo finanziamento. (Questo fatto, nella visione del Tesoro, ha alcune implicazioni che vedremo in un secondo momento). Le conseguenze politiche di questa visione sono due. Dal punto di vista della finanza pubblica, il consolidamento fiscale da mettere a bilancio per l’anno 1993 e i successivi non dovrebbe includere direttamente nessun ricavo dalle privatizzazioni. Nel contempo, dovremmo avviare un piano di riduzione del debito con gli incassi dalle privatizzazioni. Ciò implicherà più enfasi del Tesoro sulle implicazioni economiche complessive delle privatizzazioni e sull’obiettivo ultimo di ricostruire gli incentivi per il settore privato.


Secondo: privatizzazioni e mercati finanziari. La privatizzazione implica un cambiamento nella composizione della ricchezza finanziaria privata dal debito pubblico alle azioni. L’effetto di riduzione del debito pubblico può implicare una discesa dei tassi di interesse. Ma l’impatto sui mercati finanziari può essere molto più importante, quando vediamo che la quantità di ricchezza privata in forma di azioni è piccola in relazione alla ricchezza privata totale e che con le privatizzazioni può aumentare in modo significativo. In altre parole, i mercati finanziari italiani sono piccoli perché sono istituzionalmente piccoli, ma anche perché – forse in modo connesso – gli investitori italiani vogliono che siano piccoli. Le privatizzazioni porteranno molte nuove azioni in questi mercati. L’implicazione politica è che dovremmo vedere le privatizzazioni come un’opportunità per approvare leggi e generare cambiamenti istituzionali per potenziare l’efficienza e le dimensioni dei nostri mercati finanziari.

Tre: privatizzazioni e crescita. (In molti casi) vediamo le privatizzazioni come uno strumento per aumentare la crescita. Nella maggior parte dei casi la privatizzazione porterà a un aumento della produttività, con una gestione migliore o più indipendente, e a una struttura più competitiva del mercato. La privatizzazione quindi potrebbe parzialmente compensare i possibili – ma non certi – effetti di breve termine di contrazione fiscale necessaria per un bilancio più equilibrato. In alcuni casi, per trarre beneficio dai vantaggi di un aumento della concorrenza derivante dalla privatizzazione, potrebbe essere necessaria un’ampia deregolamentazione. Questo processo, se da una parte diminuisce le inefficienze e le rendite delle imprese pubbliche, dall’altra parte indebolisce la capacità del governo di perseguire alcuni obiettivi non di mercato, come la riduzione della disoccupazione e la promozione dello sviluppo regionale. Tuttavia, consideriamo questo processo – privatizzazione accompagnata da deregolamentazione – inevitabile perché innescato dall’aumento dell’integrazione europea. L’Italia può promuoverlo da sé, oppure essere obbligata dalla legislazione europea. Noi preferiamo la prima strada.

Le implicazioni di policy sono che: a) un grande rilievo verrà dato all’analisi della struttura industriale che emergerà dopo le privatizzazioni, e soprattutto a capire se assicurino prezzi più bassi e una migliore qualità dei servizi prodotti; b) nei casi rilevanti la deregolamentazione dovrà accompagnare la decisione di privatizzare, e un’attenzione speciale sarà data ai requisiti delle norme comunitarie; c) dovranno essere trovati mezzi alternativi per perseguire obiettivi non di mercato, quando saranno considerati essenziali. Quarto: privatizzazioni e depoliticizzazione. Un ultimo aspetto attraente della privatizzazione è che è percepita come uno strumento per limitare l’interferenza politica nella gestione quotidiana delle aziende pubbliche. Questo è certamente vero e sbarazzarsi di questo fenomeno è un obiettivo lodevole. Tuttavia, dobbiamo essere certi che dopo le privatizzazioni non affronteremo lo stesso problema, col proprietario privato che interferisce nella gestione ordinaria dell’impresa. Qui l’implicazione politica immediata è l’esigenza di accompagnare la privatizzazione con una legislazione in grado di proteggere gli azionisti di minoranza e di tracciare linee chiare di separazione tra gli azionisti di controllo e il management, tra decisioni societarie ordinarie e straordinarie.


A cosa dobbiamo fare attenzione, per valutare la forza del mandato politico di un governo che voglia veramente privatizzare? Primo, occorre una chiara decisione politica su quello che deve essere considerato un settore strategico. Non importa quanto questo concetto possa essere sfuggente, è comunque il prerequisito per muoversi senza incertezze. Secondo, visto che non c’è una Thatcher alle viste in Italia, dobbiamo considerare un insieme di disposizioni sui possibili effetti delle privatizzazioni sulla disoccupazione (se essa dovesse aumentare come effetto della ricerca dell’efficienza), sulla possibile concentrazione di mercato, e sulla discriminazione dei prezzi (quest’ultima in particolare per la privatizzazione delle utility). Terzo, occorre superare i problemi normativi. Un esempio importante: le banche, che secondo la legislazione antitrust (l. 287/91) non possono essere acquisite da imprese industriali, ma solo da altre banche, da istituzioni finanziarie non bancarie (Sim, fondi pensione, fondi comuni di investimento, imprese finanziarie), da compagnie assicurative e da individui che non siano imprenditori professionisti. In pratica, siccome in Italia non ci sono virtualmente grandi banche private, gli unici possibili acquirenti tra gli investitori domestici sono le assicurazioni o i singoli individui. Una limitazione molto stringente.


In ordine logico, non necessariamente temporale, tutti questi passaggi dovrebbero avvenire prima del collocamento. In quel momento, affronteremo la sfida più importante: considerando che una vasta parte delle azioni sarà offerta, almeno inizialmente, agli investitori domestici, come facciamo spazio per questi asset nei loro portafogli? Qui giunge in tutta la sua importanza la necessità che le privatizzazioni siano a complemento di un piano credibile di riduzione del deficit, soprattutto per ridurre la creazione di debito pubblico. Solo se abbiamo successo nel compito di ridurre “continuamente e sostanziosamente” il nostro rapporto tra debito e Pil, come richiesto dal Trattato di Maastricht, troveremo spazio nei portafogli degli investitori. Allo stesso tempo, l’assorbimento di queste nuove azioni può essere accelerato dall’aumento dell’efficienza del nostro mercato azionario e dall’allargamento dello spettro degli intermediari finanziari. Qui il pensiero va subito alla creazione di fondi pensione ma, di nuovo, i fondi pensione sono alimentati dal risparmio privato che da ultimo deve essere accompagnato dal sistema di sicurezza sociale nazionale verso i fondi pensione. Ma un ammanco dei contributi di sicurezza sociale allo schema nazionale implicherebbe di per sé un deficit più elevato. Questo ci porta a una conclusione di policy sui fondi pensione: possono essere creati su una base veramente ampia solo se il sistema nazionale di sicurezza sociale è riformato nella direzione di un sistema meglio finanziato o più equilibrato rispetto a quello odierno.


Questa presentazione non era fatta per rispondere alla domanda su quanto possa essere veloce il processo di privatizzazioni – non è il momento giusto per affrontare il tema. L’obiettivo era fornirvi una lista delle cose da considerare per valutare la solidità del processo. La conclusione generale è che la privatizzazione è una delle poche riforme nella vita di un paese che ha assolutamente bisogno del contesto macroeconomico giusto per avere successo. Lasciatemi sottolineare ancora che non dobbiamo fare prima le principali riforme e poi le privatizzazioni. Dovremmo realizzarle insieme. Di certo, non possiamo avere le privatizzazioni senza una politica fiscale credibile, che – ne siamo certi – sarà parte di ogni futuro programma di governo, perché l’aderenza al Trattato di Maastricht sarà parte di ogni programma di governo.


Lasciatemi concludere spiegando, nella visione del Tesoro, la principale ragione tecnica – possono esserci altre ragioni, legate alla visione personale dell’oratore, che vi risparmio – per cui questo processo decollerà. La ragione è questa: i mercati vedono le privatizzazioni in Italia come la cartina di tornasole della dipendenza del nostro governo dai mercati stessi, dal loro buon funzionamento come principale strada per riportare la crescita. Poiché le privatizzazioni sono così cruciali nello sforzo riformatore del Paese, i mercati le vedono come il test di credibilità del nostro sforzo di consolidamento fiscale. E i mercati sono pronti a ricompensare l’Italia, come hanno fatto in altre occasioni, per l’azione in questa direzione. I benefici indiretti delle privatizzazioni, in termini di accresciuta credibilità delle nostre politiche, sono secondo noi così significativi da giocare un ruolo fondamentale nel ridurre in modo considerevole il costo dell’aggiustamento fiscale che ci attende nei prossimi cinque anni.

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