invasione della Sicilia - foto Robert Capa |
di Gianni Lannes
Democrazia inquinata alle radici. Fa niente se i
professionisti dell’antimafia perderanno la loro attività ben remunerata di
sproloquio a reti unificate che perdura da decenni. La verità sul destino di
asservimento di un popolo e di un Paese è sempre sconvolgente, soprattutto
quando non è riportata dai libri di scuola ed è imposta da stranieri in armi. In
particolare quando si tratta della tua gente che sopravvive eterodiretta da
tanto, troppo, e non osa alzare la testa, ma dovrebbe a buon diritto.
Se avessimo a disposizione una macchina del tempo,
sarebbe doveroso tornare all’estate del 1943, ed approdare su una grande isola
italiana, per provare a chiarire qualche mistero odierno (alla voce connivenza
istituzionale e complicità) sull’occupazione straniera del nostro Paese.
Quali oscure operazioni di spionaggio si celavano
dietro lo sbarco anglo-americano in Sicilia del '43? Per invadere
la Sicilia, gli anglo-americani, scesero a patti con Cosa Nostra. Parentesi:
come ai tempi ingloriosi dello sbarco dei Mille, finanziato e protetto dalla
massoneria anglosassone in accordo con la mafia dell’epoca. In tempi più
recenti la conquista dell’isola fu sostenuta dalla collaborazione della mafia
con i servizi segreti nordamericani. Chi furono i protagonisti di questo
accordo sotto banco? Chi erano le spie sbarcate con le truppe del generale
Patton? E perché migliaia di soldati italiani si arresero già al primo giorno
dell’invasione, due mesi prima dell’8 settembre?
I retroscena vanno dall’accordo tra intelligence di Washington ed il boss mafioso Lucky Luciano per liberare il porto di New York dalle spie naziste e fornire notizie sulla Sicilia, al Piano Corvo, la pianificazione “politica” dello sbarco; dagli inquietanti ritratti dei mafiosi italo-americani e siciliani che popolavano la scena del crimine durante la seconda guerra mondiale, agli uomini del Naval intelligence e dell’OSS e le loro operazioni segrete in Trinacria; dall’insediamento del governo militare alleato alla riorganizzazione della mafia, alla delega dei poteri ai boss locali.
I retroscena vanno dall’accordo tra intelligence di Washington ed il boss mafioso Lucky Luciano per liberare il porto di New York dalle spie naziste e fornire notizie sulla Sicilia, al Piano Corvo, la pianificazione “politica” dello sbarco; dagli inquietanti ritratti dei mafiosi italo-americani e siciliani che popolavano la scena del crimine durante la seconda guerra mondiale, agli uomini del Naval intelligence e dell’OSS e le loro operazioni segrete in Trinacria; dall’insediamento del governo militare alleato alla riorganizzazione della mafia, alla delega dei poteri ai boss locali.
Grazie al gangster Lucky Luciano lo Zio Sam si assicurò il via libera all'operazione Avalanche, una delle tre con cui
invasero l'Italia, concedendo in cambio che la mafia ritornasse a governare
indisturbata il territorio siciliano, e da lì estendesse i suoi tentacoli al
resto d’Europa e del mondo.
I militari U.S.A. erano giunti in Sicilia il 10
luglio 1943, ma già sapevano che si trattava di un luogo speciale. C’è un rapporto del
capitano W.E. Scotten consegnato 70 anni fa al generale Usa Julius Holmes: un
documento intitolato Memorandum sul problema della mafia in
Sicilia. Il documento porta la data del 29 ottobre 1943 - sei pagine
custodite nei National Archives di Londra - c´è la prova di un accordo cercato
dagli agenti segreti statunitensi e britannici con la mafia siciliana. Uno dei
primi, uno dei tanti.
È un documento in cui si ritrovano le tracce di un
negoziato fra gli apparati di sicurezza e le "famiglie", sicuramente
la genesi di un patto che porterà in Italia - anno dopo anno e strage dopo
strage - all´abitudine "trattativista", al dialogo occulto fra poteri
politici e poteri criminali.
Dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) fino all’eliminazione di Enrico Mattei nel 1962, alla strage di Capaci e via D’Amelio nel 1992; dalle spie inglesi agli uomini dei servizi di sicurezza italiani, un intrigo che affonda le sue radici nei mesi che seguirono l´Operazione Husky, nome in codice dell´invasione alleata dell´isola.
Dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) fino all’eliminazione di Enrico Mattei nel 1962, alla strage di Capaci e via D’Amelio nel 1992; dalle spie inglesi agli uomini dei servizi di sicurezza italiani, un intrigo che affonda le sue radici nei mesi che seguirono l´Operazione Husky, nome in codice dell´invasione alleata dell´isola.
È la storia che si tramuta in cronaca sotto i nostri
occhi distratti. Vicende remote che si intrecciano con l´attualità più
inquietante, le carte del passato che in qualche modo spiegano un presente nebuloso:
lunghe e indisturbate latitanze di capi mafiosi (Riina, Provenzano, eccetera),
covi immancabilmente protetti, complicità fra alti funzionari dello Stato,
intercessioni di ministri, ufficiali dei carabinieri e assassini, massacri di
Cosa Nostra e depistaggi, bombe di mafia e di Stato.
rapporto Scotten |
Il capitano W. E. Scotten sapeva già tutto in
quell´autunno di 70 anni fa, quando - terminata la sua missione in Sicilia -
cominciò a scrivere il rapporto da consegnare al generale Holmes che da Palermo
dirigeva le grandi manovre belliche sul fronte mediterraneo. Il dossier porta
la data del 29 ottobre 1943 (cartella del Foreign Office 371/37327, numero di
protocollo R11483) ed è stato archiviato a Kew Gardens alla fine della guerra.
Il documento pubblicato per la prima volta
dallo storico Rosario Mangiameli - nel 1980 - in "Annali della facoltà di
Scienze politiche" dell´Università di Catania, oggi merita di essere
riletto e interpretato per tutto ciò che sta affiorando in Italia sulle
collusioni di Cosa Nostra. Oggetto del rapporto: «Memorandum sul problema della
mafia in Sicilia».
E’ al paragrafo 13, la parte del dossier che
conteneva le «possibili soluzioni per affrontare il problema mafia». E dove,
per la prima volta, compariva quella parola: negoziato che riecheggia nell'attualità.
Dopo un´analisi della realtà criminale siciliana, il
capitano Scotten suggeriva al generale Holmes come il Governo militare alleato
avrebbe dovuto muoversi. E valutava tre ipotesi: «a) un´azione diretta,
stringente e immediata per controllare la mafia; b) una tregua negoziata con i
capimafia; c) l´abbandono di ogni tentativo di controllare la mafia in tutta
l´isola e il [nostro] ritiro in piccole enclaves strategiche, attorno alle
quali costituire cordoni protettivi e al cui interno esercitare un governo
militare assoluto».
L´ufficiale della Military Intelligence riferiva poi ai suoi superiori, nel dettaglio, la praticabilità delle tre soluzioni prospettate.
L´ufficiale della Military Intelligence riferiva poi ai suoi superiori, nel dettaglio, la praticabilità delle tre soluzioni prospettate.
Il primo punto è riportato al paragrafo numero 14:
«La prima soluzione - il controllo della mafia, ndr - richiede un´azione
fulminea e decisiva nell´arco di giorni o al massimo di settimane (...) e
l´arresto simultaneo e concertato di cinque o seicento capifamiglia - senza
curarsi della personalità e delle loro connessioni politiche - affinché siano
deportati, senza alcuna traccia di processo, per tutta la durata della guerra
(...)». Il secondo punto è al paragrafo numero 15.
Ed è tutto dedicato alla trattativa con i boss di
Cosa Nostra. Scrive Scotten: «La seconda soluzione sembra apparentemente quella
il cui successo è meno garantito. Ma la sua buona riuscita dipende dall´estrema
segretezza di fronte ai siciliani e al personale stesso del Governo Militare
Alleato».
Così aggiunge l’ufficiale: «Dipende anche dalla
personalità del negoziatore e dalla sua abilità nel conquistare la fiducia di
questi capimafia da contattare sui seguenti punti: 1) l´unico interesse degli
Alleati nel governare la Sicilia consiste nella continuazione dello sforzo
bellico; 2) gli Alleati non desiderano interferire negli affari interni della
Sicilia e desiderano restituirne il governo al popolo siciliano al momento
opportuno; 3) gli Alleati acconsentono a non interferire con la mafia, a patto
che questa accetti di desistere da tutte le attività riguardanti il movimento e
il commercio di generi alimentari o di altri beni di prima necessità, oppure di
prodotti che servono alla prosecuzione della guerra (...) e a patto che la
mafia concordi nell´astenersi dall´interferire con il personale e le operazioni
del Governo Militare Alleato».
Che cosa, americani e inglesi, avrebbero potuto
offrire in cambio? Scotten non ha dubbi: «Questo significa l´accettazione a un
certo grado, da parte degli Alleati, del principio dell´omertà, un codice che
la mafia comprende e rispetta interamente». In sostanza suggerisce ai superiori
un armistizio con i boss: loro non «interferiscono» con gli affari del Governo
militare, gli Alleati chiudono gli occhi su tutto il resto.
La terza soluzione ipotizzata dal capitano -
ritirarsi in alcune zone della Sicilia e lasciare alla mafia il controllo del
territorio - è giudicata dallo stesso ufficiale «debole» e «così da essere
interpretata dal nemico [la Germania nazista], dal resto d´Italia e dagli altri
Paesi occupati». Una via non praticabile per Scotten: «Ciò significherebbe
consegnare la Sicilia per lungo tempo ai poteri criminali».
Come poi sono andate le cose in Sicilia è noto anche
ai sassi. Gli Alleati non hanno abbandonato l´isola e non hanno mai deportato
un solo mafioso. Al contrario. Molti capimafia sono stati i primi sindaci nei
paesi della Sicilia liberata, altri boss hanno trafficato con i grandi capi del
Governo militare alleato, gli aristocratici e i latifondisti legati a Cosa
Nostra sono diventati i «rispettabili» personaggi che hanno governato l´isola
subito dopo il fascismo.
Il testo del capitano Scotten rivela molto di quella
torbida stagione. Sul ritorno dei boss: «I contatti da me sostenuti con la
popolazione siciliana, concordano pienamente sul seguente fatto: la mafia è
rinata. Tale fenomeno non è sfuggito alla sezione Intelligence del Governo
militare e all´inviato speciale del Dipartimento di Stato Usa Alfred Nester, ex
console americano a Palermo (...) Il terrore della mafia sta rapidamente
tornando e, secondo i miei informatori, la mafia si sta ora dotando di armi ed
equipaggiamenti moderni, il problema si moltiplicherà creando difficoltà alla
Polizia».
Sulla capacità corruttiva di Cosa Nostra: «La
popolazione siciliana non crede che i carabinieri o gli altri corpi di polizia
siano in grado di affrontare la mafia. Li ritiene corrotti, deboli e, in molti
casi, in combutta con la stessa mafia. Carabinieri e polizia ricevono
individualmente una parte dei guadagni dei vari racket, ma anche intere
porzioni di questi introiti».
Sulle infiltrazioni nel Governo militare alleato:
«Molti siciliani si lamentano del fatto, ed è la cosa più inquietante, che
molti nostri interpreti di origine siciliana provengono direttamente da
ambienti mafiosi statunitensi. La popolazione afferma che i nostri funzionari
sono ingannati da interpreti e consiglieri corrotti, al punto che vi è il pericolo
che essi diventino uno strumento inconsapevole in mano alla mafia».
Alla fine del suo rapporto, il capitano della
Military Intelligence descrive il clima che si respira nell´isola negli ultimi
mesi del 1943: «Agli occhi dei siciliani, non solo il Governo Militare Alleato
non è in grado di affrontare la mafia, ma è arrivato addirittura al punto da
essere manipolato.
Ecco perché al giorno d´oggi molti siciliani mettono
a raffronto il Governo Militare Alleato e il Fascismo... Sotto il Fascismo la
mafia non era stata interamente debellata, ma veniva almeno tenuta sotto
controllo. Oggi invece cresce con una velocità allarmante e ha raggiunto
addirittura una posizione di rilievo nel Governo militare alleato».
Ipoteca
sulla democrazia - Potrà mai l'Italia sconfiggere il
sistema mafioso che la rende succube di un'oligarchia di brutali assassini? Potranno
essere riscattate le morti di persone che hanno sacrificato la loro vita per
ognuno di noi con l'ideale di ripulire lo strutture dello Stato dalle sue
ulcerazioni mafiose? La risposta almeno per adesso è negativa. Il motivo: il trattato
di pace fra alleati e Italia fimato a Parigi nel 1947 (ratificato nel 1952) nel suo articolo 16 sostanziava questa
risposta:
«Italy shall not prosecute or molest Italian
nationals, including members of the armed forces, solely on the ground that
during the period from 10 June 1940 to the coming into force of the present
Treaty, they expressed sympathy with or took action in support of the cause of
the Allied and Associated Powers (L'Italia non incriminerà né altrimenti
perseguiterà alcun cittadino italiano, compresi gli appartenenti alle forze
armate, per il solo fatto di avere, durante il periodo di tempo corrente dal 10
giugno 1940 all'entrata in vigore del presente Trattato, espressa simpatia od
avere agito in favore della causa delle Potenze Alleate ed Associate)».
Con questo articolo i padroni Alleati proibivano al
nuovo Stato italiano di perseguire penalmente quanti, dal 1940 fino all'entrata
in vigore di questo trattato di pace, avessero prestato collaborazione alla
riuscita dello sbarco in Italia e alle successive azioni militari e politiche
sul territorio. E questo persiste praticamente fino a giorni nostri e spiega
perchè nell'Italia “repubblicana” non ci sono mai stati da parte della classe
politica insediata degli efficienti piani di chirurgica eliminazione del cancro
mafioso. Capitolo a parte, le clausole segrete dell’armistizio corto di
Cassibile.
Molti dei nuovi mafiosi furono collaboratori
essenziali per gli yankees che cercavano delle strategie vincenti per invadere
l'Italia. Di seguito i nomi più rilevanti: Lucky
Luciano appositamente liberato dal carcere in America e portato in Italia; Calogero
Vizzini, che fu il primo importante sostenitore mafioso della DC; Vito
Guarrasi, che nel 1943 si trovava ad Algeri con il generale Castellano a
trattare per l'armistizio; Vito Genovesi
che ben presto diventerà “capo dei capi” di Cosa Nostra e che era stato
interprete di fiducia del potente colonnello americano Poletti; Max Mugnani,
che da trafficante di droga si vedrà investito della carica di depositario dei
magazzini farmaceutici americani in Sicilia; Giuseppe Genco Russo, che addirittura ottenne la croce di cavaliere
della Repubblica come vittima del fascismo, dopo essere rientrato dal confino
dove era stato spedito dal prefetto Mori.
La mafia si risvegliò soltanto nel 1943 in
coincidenza con l'arrivo degli americani. Molti mafiosi poterono così rientrare
dal confino vantando addirittura improbabili meriti antifascisti. Don Calogero
Vizzini, capo supremo della nuova mafia, fu visto percorrere l'isola a bordo di
una carro armato americano: indicava agli alleati gli uomini giusti da mettere
alla guida dei comuni e delle province. Lo Zio Sam apprezzò particolarmente
Calogero Vizzini non solo per il potere che vantava, ma anche per la sua vena
antifascista e anticomunista.
Nel 1945 uno dei leader della Democrazia Cristiana
in Sicilia, Bernardo Mattarella, padre di quel Piersanti che verrà ucciso dalla
mafia nei primi anni '80, scrisse addirittura un articolo su “Il popolo”,
giornale cattolico, in cui dava il benvenuto all'ingresso di don Calogero nelle
file della DC.
Negli allegati alla relazione della Commissione
Antimafia si legge: «… Già verso la fine del 1944 Calogero Vizzini orientò le
sue scelte politiche verso la Democrazia Cristiana. Questo partito, nelle sue
sfere provinciali e regionali, ben comprese il grande apporto che alle fortune
politiche dei dirigenti e del partito stesso poteva arrecare l'orientamento di
Calogero Vizzini e perciò della mafia in generale, e non esitò ad accogliere i
mafiosi nelle sue file. [...] A Villalba, praticamente, l'intera mafia entrò
nella DC; a Vallelunga Lillo Malta passa alla DC con tutto il suo seguito: i
Madonia, i Sinatra ecc.; anche il gruppo Cammarata passò alla DC. A Mussomeli
Genco Russo e tutto il suo seguito si iscrissero alla DC assumendo la direzione
della sezione».
Ergo: le mafie sono organiche allo Stato tricolore,
anche se non riconosciute, ovviamente, con un decreto formale. Se l’Italia
fosse una democrazia, uno Stato di diritto, se il popolo mostrasse la spina dorsale ed po’
d’orgoglio, questi prepotenti in divisa d’Oltreoceano che hanno inoculato il virus mafioso nel dna del Belpaese e protetto i clan, sarebbero stati già
cacciati via dal un bel pezzo a pedate.
bellisimo articolo come tutti gli altri tuoi articoli,volevo aggiungere che purtroppo la situazione è ancora più drammatica e grave,in quanto la mafia,come le altre organizzazioni criminali internazionali,è stata creata è gestita negli ambiti massonici-ebraici,vera regia che si nasconde dietro il fantoccio USA,essi sono i loro servetti usati per i lavori sporchi,e come capro espiatorio se le loro operazioni vanno male.Fu proprio Mazzini(massone di alto grado e promotore gia allora,dell'europa truffa di cui oggi vediamo i nefasti accadimenti),che creo e designo gli ordinamenti mafiosi in Italia,a quell'epoca serviva una forza sotterranea da infiltrare nelle fila del Regno delle Due Siclie e attuare sabotaggi contro l'esercito borbonico,in vista della futura invasione del sud e sottomissione dei territori meridionali,poi spacciata per unita della nazione,progetto voluto dalla framassoneria anglo-americana che allora come oggi è la vera regia dietro l'occupazione italiana.In effetti l'acronimo M.A.F.I.A sta a indicare mazzini-autorizza-furti-incendi-attentati,la solita tecnica delle stragi per destabilizzare e indebolire il territorio da occupare.Poi la mafia fu usata come controllo del territorio e sempre per conto di queste forze occulte che ne gestiscono anche i governi stessi.Quindi era naturale che anche durante l'invasione anglo-americana spacciata per liberazione dal nazi-fascismo, finanziato dagli stessi banchieri-ebrei che tramite afflusso di risorse finanziarie al partito nazzista lo misero al potere in Germania,usasessero ancora i loro servetti per i loro scopi nefasti.E i vari dispacci e lettere dei servizi segreti USA e collaborazioni,sono ancora fumo negli occhi,per coprire un ben più grave rapporto non solo di collaborazione,ma di appartenenza e asservimento agli stessi ordini occulti di espressione massonica-ebraica-luciferina che sono la vera regia dietro le quinte,e che certo non possono usare mezzi diretti per diramare gli ordini a cui tutti possono accedere, ma si servono di scamotage vari affinche le finalita vere siano percepite solo dagli alti vertici e non da tutti.
RispondiEliminaEccellente ricostruzione del momento storico (1943) e di risvolti già noti con irreversibili conseguenze per il Popolo Siciliano e lo Stato Italiano. Ma non voglio pensare che la Storia dell'Italia sia determinata solo da compiacenza vs Cosa Nostra. Non possiamo dimenticare che a combattere il Nazismo ed i deliri razziali di Hitler, che giustificava gli orrori del 3° Reich con le Teorie Ariane, sono stati i figli di un milione e mezzo di Siciliani emigrati negli USA per assenza di futuro e risorse in Europa agli inizi del XX sec. E non possiamo dimenticare che nei Lager, dopo gli Ebrei, ci sarebbero finiti Irlandesi, Greci, Corsi, gli Italiani del Sud, i Sardi. E altre "razze" considerate "inferiori"come i Siciliani.
RispondiEliminaQuesto è ciò che si chiama GIORNALISMO (in maiuscolo) . Grazie come sempre è più di sempre, adorato Gianni Lannes!
RispondiEliminaGrazie a te Agnesina, per la sensibile attenzione!
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