rottami del DC 9 precipitato il 23 dicembre 1978 - foto Massimo Cometa (30 giugno 1988) |
di Gianni
Lannes
Il 23 dicembre
del 1978, poco meno di due anni prima la strage bellica di Ustica (81 morti
senza giustizia), un altro aereo civile (un DC 9 Alitalia), volo AZ 4128, precipitò nelle acque del mare di
Sicilia, prima di atterrare all’aeroporto di Punta Raisi, intitolato a
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ma i nomi di questi due magistrati assassinati dallo Stato per conto terzi (con relative scorte di Polizia) e manovalanza di Cosa Nostra - su cui oggi si spreca la retorica a reti unificate di quelli che li hanno traditi da vivi - quando si atterra si intravedono a fatica sulla facciata aeroportuale.
Ma i nomi di questi due magistrati assassinati dallo Stato per conto terzi (con relative scorte di Polizia) e manovalanza di Cosa Nostra - su cui oggi si spreca la retorica a reti unificate di quelli che li hanno traditi da vivi - quando si atterra si intravedono a fatica sulla facciata aeroportuale.
fusoliera del DC 9 fotografata il 30 giugno 1988 presso uno sfasciacarrozze - foto Massimo Cometa |
La tragedia di questo velivolo è stata completamente rimossa dalla coscienza sociale. Se si torna in un lampo con la memoria a quell’altro aereo civile (volo IH 870 da Bologna a Palermo) che 18 mesi dopo sarebbe stato abbattuto dall’aviazione israeliana sopra lo stesso cielo, e alla complessa vicenda di ciò che realmente avvenne quella sera del 27 giugno di 33 anni fa, si sprofonda in un baratro. La questione è comprensibile in un assurdo: si sono ritenuti i due diversi dolori inavvicinabili; forse non è proprio così.
Non si può giocare
con quello che è accaduto, ma drammaticamente, il primo incidente
anticipò il crimine (di Stati) successivo, lo prefigurò; e tutt’è due pagarono e tutt’ora
pagano, l’identica micidiale rimozione dalla memoria collettiva.
E poi, c’è un
altro elemento, non un dettaglio di poco conto, che distingueva il primo. Vale a
dire che se 108 esseri umani morirono ingoiati dalle gelide acque marine, ben 21, “miracolosamente”,
riuscirono a salvarsi.
Roberto Alajmo
ha raccontato questa storia di quell’aereo in un bel libro pubblicato nel 2001,
ed ormai introvabile - Notizie del disastro
(Garzanti) - un volume passato purtroppo inosservato, come se la rimozione di
quei tragici fatti, si fosse abbattuta malignamente anche questa meritoria
opera divulgativa.
Dov’erano le persone
coinvolte nell’incidente il giorno prima di prendere quell’aereo, cosa facevano,
cosa pensavano; le infinite ragioni per cui tanti avrebbero potuto non
imbarcarsi, e quelle per cui altri non poterono fare diversamente. Insomma, una
vicenda reale: un libro sulla vita e sulla verità.
I rottami dell'aereo "Isola di Stromboli" furono rinvenuti e fotografati da Massimo Cometa presso uno sfasciacarrozze a pochi chilometri da Palermo il 30 giugno 1988. Qual è stata la causa dell'incidente? Imperizia dei piloti, illusioni ottiche, oppure le solite interferenze militari alleate?
I rottami dell'aereo "Isola di Stromboli" furono rinvenuti e fotografati da Massimo Cometa presso uno sfasciacarrozze a pochi chilometri da Palermo il 30 giugno 1988. Qual è stata la causa dell'incidente? Imperizia dei piloti, illusioni ottiche, oppure le solite interferenze militari alleate?
Una maledizione
o soltanto una tragica coincidenza? Nel 2005, sempre a Palermo, in prossimità
di Punta Raisi precipitò (per cause tecniche: un indicatore di carburante taroccato) un altro aereo civile: un Atr 72, decollato da Bari e
diretto in Tunisia: ma questa è un’altra storia che ha spezzato innumerevoli
giovani vite.
Quel che è certo: unico caso al mondo, tutto il traffico aereo civile e militare in Italia è sotto il controllo, anzi la sorveglianza del Nato Air Defence Ground Environment (NADGE).
Quel che è certo: unico caso al mondo, tutto il traffico aereo civile e militare in Italia è sotto il controllo, anzi la sorveglianza del Nato Air Defence Ground Environment (NADGE).
C'è un sopravissuto all'attentato di Falcone che non viene mai coinvolto nelle commemorazioni, anzi quando lo vedono evitano anche il saluto. Piangono (giustamente) dei morti ma di Lui nulla. Racconta di essere stato (stato, sigh) isolato e ad un certo punto ha dovuto incatenarsi non so dove per ottenere ciò che gli spettava. Ha dovuto incatenarsi come quelli che vogliono vengano pagate le fatture dei lavori eseguiti per le istituzioni(p.s. esempio non casuale). Sorvolo sul dettaglio che uno deve sboccare per ottenere meno del giusto, racconto il fatto per dire come l'obiettivo della commemorazione non sia quello di ricordare (per quanto possa valere), quanto quella di trasferire pian piano il fatto nel dimenticatoio. Arrivano le nuove generazioni, diminuisce la partecipazione per non dire dell'attenzione. Spiegano che la strategia (strategia, sigh)sia finalizzata a non urtare i sentimenti degli italiani. Semplicemente parlare con un vivo renderebbe vivo il ricordo, ma il fine è dimenticare quindi si parte da dimenticare Lui.
RispondiEliminaP.S.:mi scuso con la persona citata, purtroppo in questo momento non ricordo il suo nome. E questo dimostra (per me)che il meccanismo funziona col trascorrere del tempo.