di Gianni Lannes
Per i generaloni dell’arma azzurra, succubi dello zio Sam nonché colleghi di quei criminali in alta uniforme che hanno depistato impunemente la strage di Ustica,
questo caccia multiruolo, versato in modo particolare per il bombardamento nucleare è «un sistema d’arma di combattimento di nuova
generazione economicamente sostenibile e supportabile in tutto il mondo».
Nel
portale online dell’Aeronautica è scritto: «Il Joint Strike Fighter
(JSF) è un velivolo multi-ruolo con uno spiccato orientamento per l’attacco
aria-suolo, Stealth, cioè a bassa osservabilità radar e quindi ad elevata
sopravvivenza, in grado di utilizzare un’ampia gamma di armamento e capace di
operare da piste semi-preparate o deteriorate, pensato e progettato per quei contesti
operativi che caratterizzano le moderne operazioni militari di quest’era
successiva alla Guerra Fredda. Nello specifico, il JSF può soddisfare un ampio
spettro di missioni, a conferma della notevole versatilità della macchina,
assolvendo compiti di operazioni di proiezione in profondità del “potere
aereo”, di soppressione dei sistemi d’arma missilistici avversari e di concorso
al conseguimento della superiorità aerea».
Il programma d’acquisto italiano per 131 aerei da
guerra in ossequio ai voleri del padrone nordamericano, prevede attualmente una
previsione minima di spesa pari a ben 15 miliardi di euro, equivalenti ad una
manovra finanziaria. Altre nazioni hanno già rinunciato. Le temute penali sul
ritiro italiano non esistono. Lo ha confermato, tra l’altro, l’ex capo di Stato
Maggiore della Difesa, il generale Vincenzo Camporini, che sa perfettamente
quanto sia reale la subordinazione delle forze armate italiane, a partire dai
vertici dell’Aeronautica tricolore accucciati ai piedi degli “alleati”, e di
tutta la casta dei politicanti parassiti al gendarme a stelle e strisce.
Ogni velivolo costa attualmente 200 milioni di euro,
ma il prezzo è destinato a lievitare paurosamente. Di che si tratta? Di un
autentico bidone, tant’è che lo stesso responsabile del programma Joint Strike
Fighter, tale David Venlet, ha ammesso pubblicamente che «qualcosa non va nel programma, disegnato in modo da permettere la
produzione massiccia prima ancora di terminato i test».
Infatti, secondo i responsabili tecnici U.S.A. «il programma F35 continua a mostrare
problemi tipici delle prime fasi di sperimentazione». Le reiterate
richieste di ritocchi e modifiche fanno intuire che il Jsf non sarà pronto per
le operazioni belliche prima del 2019, ossia otto anni dopo il termine previsto.
A quel punto la macchina volante potrà considerarsi obsoleta, ma i costi a quel
punto saranno schizzati alle stelle.
Chi paga? Disarmante: l’ignaro contribuente italiota che non non fiata,
come sempre da svenare all'inverosimile. Nel Belpaese i Governi eterodiretti dalle multinazionali terroristiche
Bilderberg Group & Trilateral Commission (alle quali è affiliato il primo
ministro Enrico Letta), in ossequio
ai voleri di organizzazioni speculative quali Goldman Sachs & Moody’s, azzerano
lo Stato sociale e nessuno osa fiatare e proporre una ribellione contro
questo stato dittatoriale.
In altri termini, il jet multiruolo che doveva
assicurare la superiorità aerea, atterrare sul ponte di una nave scendendo in
verticale, e di nascosto dai radar nemici, costa enormemente, ma non è ancora
in grado di mantenere le promesse.
Il 28 marzo
2012 L'Aula della Camera ha concluso l'esame di alcune mozioni riguardanti la
partecipazione italiana al programma multinazionale di progettazione, sviluppo
e produzione del velivolo militare Joint strike fighter (JSF) F – 35.
In seguito sotto il Governo Monti, su tale
partecipazione ed in particolare con riferimento all'ipotesi originaria di
acquisto, da parte dell'Italia, di 131 cacciabombardieri Joint strike fighter,
il Ministro della difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, nell'illustrazione
del più generale disegno di revisione dello strumento militare davanti alle
Commissioni Difesa della Camera e del Senato (seduta del 15 febbraio 2012), ha
reso noto che vi sarà un ridimensionamento del programma in quanto «l'esame
fatto a livello tecnico e operativo porta a ritenere come perseguibile, da un
punto di vista operativo e di sostenibilità, un obiettivo programmatico
dell'ordine di 90 velivoli (con una riduzione di circa 40 velivoli, pari a un
terzo del programma)».
In tempi di crisi speculativa, disoccupazione galoppante da record del mondo, quando non si spende nulla di significativo per la cultura nel bilancio dello Stato né tantomeno per l'istruzione pubblica che anzi, si affossa deliberatamente, aumentano i dubbi
sulla reale necessità di macchine inutili come i caccia di quinta generazione,
che servono esclusivamente per fare la guerra, in violazione
dell’articolo 11 della Costituzione: superata tuttavia, dal Trattato di Lisbona. Ma questa è un’altra
brutta storia sconosciuta ai più.
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