di Gianni Lannes
Ben due milioni di alberi saranno abbattuti - come da progetto - per realizzare in Italia il gigantesco gasdotto “Linea Adriatica” della Snam: 430 chilometri che devasteranno parchi naturali in aree a rischio frane e zone altamente sismiche. Comitati di persone sensibili hanno organizzato proteste pacifiche e civili dall'Abruzzo alla Romagna. L'autorizzazione a costruire rilasciata dal governo Meloni è scaduta; anche la Valutazione di Impatto Ambientale risalente al marzo 2011 è di fatto decaduta. Infatti il Consiglio di Stato ha stabilito che per tutti i progetti, compresi quelli presentati prima del 2008 - come nel caso Snam - la Via ha una durata di 5 anni. A Sulmona la Snam ha realizzato addirittura un cantiere abusivo. In loco l'area della centrale fuorilegge è un noto corridoio faunistico del raro Orso bruno marsicano, nonché un sito di notevole interesse archeologico, corredata dalla presenza di necropoli e testimonianze storiche risalenti all'epoca precristiana. A tutt'oggi le gravi denunce documentate alla magistratura e gli esposti al ministero dell'Ambiente non hanno sortito alcun effetto positivo o interessamento. Si tratta di un'altra opera inutile e costosa: la “Linea Adriatica” e la centrale di compressione del gas in Abruzzo costano adesso ben 2 miliardi e 500 milioni di euro, a carico dei bilanci familiari degli italiani e nello stesso tempo inutili perché i consumi di gas sono crollati nettamente sia in Italia che nel vecchio continente. Eppure il Belpaese è candidato ufficialmente a diventare l'Hub dell'Europa.
Il progetto "Rete adriatica" prevede la costruzione di un metanodotto di acciaio, diviso in 5 lotti funzionali: Massafra-Biccari (194 chilometri), Biccari-Campochiaro (70 chilometri), Sulmona-Foligno (167 chilometri), Foligno-Sestino (114 chilometri), Sestino-Minerbio (142 chilometri). Attorno al tracciato è prevista la realizzazione di una servitù di 40 metri e di strade per consentire l'accesso dei mezzi ai cantieri. Questo gasdotto trasporterà metano dal sud al nord del Paese, con una capacità di 28 milioni di metri cubi al giorno. Si tratta di un progetto strettamente legato al TAP ("Trans Adriatic pipeline"), la condotta utilizzata per far giungere in Italia il gas naturale del mar Caspio, in Azerbaijan, dopo avere percorso 3.500 chilometri e attraversato sei Paesi. Contestualmente, nell'ambito del progetto "Rete adriatica", è prevista la realizzazione di una centrale di compressione e spinta a Sulmona (L'Aquila), a poche centinaia di metri dal centro abitato, che occuperà una superficie di 12 ettari e sarà costituita da 3 turbine, ognuna delle quali avrà una potenza termica di 30 megawatt. La centrale di Sulmona, sebbene presentata come un progetto separato, è funzionale al gasdotto, perché necessaria per far continuare il viaggio del gas proveniente da Massafra (Taranto) verso i siti di stoccaggio di Minerbio (Bologna).
Il territorio di Sulmona rischia di subire un grave impatto da quest'opera, e per questo molte comunità locali hanno messo in piedi un fronte comune contro la sua realizzazione; l'area interessata, una vasta area di terreni privati acquistata da SNAM, denominata "Case Pente", si trova alle pendici del monte Morrone, a ridosso del parco nazionale della Majella. In questa montagna che ospita un importante acquifero che disseta mezza regione, inoltre, è previsto un trafotro ferroviario per l'alta velocità da Pescara a Roma.
Nell'area di “Case Pente” è presente un sito archeologico, che si colloca direttamente presso l'infrastruttura SNAM, ed è descritto nel volume "Forma Italiae. Superaequum Corfinium Sulmo", pubblicato nel 1984 dall'archeologo belga Frank Van Wonterghem. Lla Soprintendenza avrebbe chiesto di rivedere il progetto, a seguito dell'individuazione attraverso indagini radar di un edificio che si presume di epoca italica. A sdua volta la SNAM, a cavallo tra il 2018 e il 2019, avrebbe svolto indagini sull'area attraverso il georadar con una società specializzata e, una volta aver rimesso il rapporto alla Soprintendenza, avrebbe ignorato il tutto per avere le autorizzazioni necessarie per avviare i lavori. La Soprintendenza, in una lettera del 28 febbraio 2019, ha allertato la società della presenza nel sottosuolo di preesistenze di carattere archeologico, tra cui l'estesa articolazione delle strutture murarie, propria di un grande edificio, che potrebbero già indicare la necessità di delocalizzare l'intervento previsto nell'area; nella medesima nota la Soprintendenza ha invitato la società ad effettuare ulteriori indagini ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo numero 50 del 2016, ma ad oggi nulla è stato fatto.
Il 3 dicembre 2020 si è svolta la conferenza dei servizi per la concessione dell'autorizzazione integrata ambientale, durante la quale il rappresentante della Regione ha votato a favore del progetto, mentre solo il Comune di Sulmona, rappresentato dall'assessore per l'ambiente, ha espresso voto contrario; ad aprile 2021 il Ministero della transizione ecologica ha rilasciato l'AIA per la centrale di compressione, che varie associazioni e comitati locali hanno impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
Il progetto presenta diverse criticità sotto il profilo della tutela del paesaggio e dei beni culturali, ignorati dalla società multinazionale; la Soprintendenza competente, come detto, avrebbe auspicato una delocalizzazione dell'infrastruttura, proprio in ragione degli aspetti descritti. Il 28 aprile 2024 alcuni cittadini ambientalisti locali, costituitisi in forma di comitato, si sono introdotti nell'area di proprietà di SNAM per svolgere un sit in di protesta per la mancata ottemperanza alle prescrizioni disposte sia nell'iter autorizzativo, sia in relazione alle le più recenti scoperte di reperti archeologici. Successivamente alla manifestazione, in data 30 aprile 2024, i vertici della Procura di Sulmona e del commissariato di Polizia si sono recati sul posto per un sopralluogo che è consistito in un'attenta esplorazione dell'area destinata alla realizzazione della centrale di compressione del gas naturale e del passaggio del metanodotto Sulmona-Foligno.
Nella sola provincia di Forlì-Cesena è prevista la realizzazione di un tratto di 46 chilometri e 200 metri, oltre 19 dei quali riguarderanno il solo territorio comunale di Cesena. La rete, che si collega con l'area ravennate, dovrebbe procedere poi anche nella vallata del Savio, verso Mercato Saraceno e oltre; risulta che la Snam ha avviato le procedure di esproprio verso diversi proprietari cesenati;
l'opera costerà ben 2 miliardi e 500 milioni di euro. Il Governo ha già autorizzato due dei tre tratti della linea adriatica e si appresta ad autorizzare il terzo.
In una nota diffusa a livello nazionale, e con un appello al Governo 15 associazioni ambientaliste, «chiedono la cancellazione non solo della linea adriatica, ma anche di tutte le altre infrastrutture energetiche in programma nel settore dei combustibili fossili».
La cosiddetta “Linea Adriatica”, altrimenti conosciuta come «metanodotto dei terremoti», è lunga 430 chilometri da Sulmona a Minerbio, attraversa sei Regioni e si snoda lungo le aree più fragili dell'Italia; sono le stesse aree già colpite recentemente dai disastrosi terremoti dell'Aquila nel 2009 e dell'Umbria e delle Marche nel 2016 e 2017.
La forte scossa di terremoto di magnitudo 4,8, verificatasi nell'Appennino tosco-emiliano, è l'ennesima riprova che il mega gasdotto linea adriatica della Snam è incompatibile con territori altamente sismici quali sono quelli dell'Appennino. La realizzazione del metanodotto attraversa infatti territori ad alta sismicità. Le comunità e le amministrazioni locali non sono state coinvolte, e come ha dichiarato l'assessora all'urbanistica e rigenerazione urbana del comune di Cesena, Cristina Mazzoni, «non siamo coinvolti. Alcune autorizzazioni scadute».
Come ricorda in un suo comunicato anche il comitato «No tubo Romagna», la Snam «ha riesumato frettolosamente, forte di una proroga ottenuta in extremis dal Governo (D.L. 1° marzo 2022 n. 17) un progetto vecchio ed obsoleto di quasi vent'anni senza parlare preventivamente con nessuna amministrazione interessata che alle concitate domande dei cittadini, contattati ad personam da Snam, per la costituzione di servitù sulle loro proprietà non sapevano offrire alcuna risposta. L'ultima delibera che riguarda il parere di competenza agli atti del Comune di Cesena risale al 2012 e richiama strumenti ed atti urbanistici non più in vigore».
Le perplessità avanzate dai vari comitati e associazioni, riguardano tra l'altro la poca trasparenza nelle operazioni di realizzazione dell'opera, che comprendono anche una serie di espropri di terreni necessari alla posa delle condutture, oltre ovviamente ai rischi sismici e all'impatto negativo sull'ambiente.
Il “Coordinamento Ravennate per il clima Furori dal Fossile” ha indirizzato una missiva aperta alle istituzioni: “Dopo l'alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Tutta l'opera oltre a devastare un territorio già fragle, causerà emissioni climalteranti fuggitive, andando ad aggravare il riscaldasmento globale. Non vogliamo cambiamenti di percorso, tutta l'opera va fermata”. Insomma, arrestata.
Che fare? Bisogna abbandonare l'idea dell'Italia come hub del gas europeo, fermando gli investimenti nelle fonti fossili e nelle relative infrastrutture, che sono in netto contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione e di lotta al climate change. La realizzazione di questo nuovo metanodotto non è per nulla coerente con gli impegni presi alla Cop26 e in sede UE finalizzati a terminare gli investimenti pubblici internazionali nei combustibili fossili entro la fine del 2023.
Riferimenti:
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=gasdotto
https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Morrone
Gianni Lannes, l'Italia trema, Edizioni Mondo Nuovo, Pescara, 2023
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