13.10.22

L'AQUILA CADUTA!

 

I nomi delle 309 vittime!

 

di Gianni Lannes

Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando la terra tremò violentemente e l’Aquila, con uno dei centri storici più grandi e pregiati d’Italia, fu colpita a morte. Il terribile sisma seminò distruzione e dolore causando la morte di 309 persone. Furono oltre 1.500 i feriti e 80mila gli sfollati. 

Morti violentemente a causa del terremoto, soprattutto giovani come nella casa dello studente, ma non solo, mentre le istituzioni avevano rassicurato tutti, intimando di restare a casa, ma sgombravano in gran segreto la sede in prefettura della Protezione Civile. 

Ora la colpa e' anche delle vittime: cosi' ha incredibilmente sentenziato il 12 ottobre 2022 il giudice monocratico Monica Croci del tribunale civile dell'Aquila. «Concorso di colpa delle vittime, restarono in casa». La pronuncia del Tribunale si riferisce a una palazzina distrutta completamente dal sisma del 6 aprile 2009: «I giovani incauti nel restare a dormire». L’aspetto penale era stato archiviato. 

Le famiglie esterrefatte. Insomma, un magistrato ha sentenziato che si è verificato un “concorso di colpa”. In particolare la sentenza riporta che «è fondata l'eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che tenuto conto dell'affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell'edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi nella misura del 30 per cento. Ne deriva che la responsabilità per ciascun Ministero è del 15 per cento e per il residuo 40 centro in capo agli eredi del costruttore Luigi Del Beato».

Dopo la tragedia gli eredi delle vittime avendo dalla loro parte perizie che attestavano irregolarità in fase di realizzazione dell'immobile e una "grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull'osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista", hanno citato in giudizio (per milioni di euro di danni) ministero dell'Interno e ministero delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile per i mancati controlli durante la costruzione, il Comune dell'Aquila per responsabilità analoghe e gli eredi del costruttore per le responsabilità in fase di costruzione. I ministeri hanno chiamato in causa il condominio imputandogli una responsabilità oggettiva, cioè senza colpa, ma derivante solo dal fatto di essere proprietario della costruzione.

In particolare il tribunale, ha riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti pari al 30 per cento, perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire dopo la seconda scossa, ha condannato i Ministeri e le eredi del costruttore, mentre ha respinto le domande nei confronti del Comune e nei confronti del condominio. L'inchiesta penale era stata archiviata quasi nell'immediatezza dell'avvio della maxi inchiesta sui crolli (220 quelli definiti) da parte dei pm Alfredo Rossini (ex Procuratore capo) Fabio Picuti e Roberta D'Avolio in quanto i presunti responsabili all'epoca identificati quali indagati, erano deceduti nel corso degli anni.

Nella vicenda civilistica, le famiglie delle vittime sono state difese dall'avvocato Luciano Angelone di Sulmona, i Ministeri dall'Avvocatura dello Stato, il Comune dall'avvocato Domenico De Nardis, le eredi dall'avvocato Francesco Camerini, il condominio dall'avvocato Luciano dell'Orso.

Dopo questa discutibile sentenza non sono mancate reazioni dai toni forti da parte delle famiglie delle vittime. Vincenzo Vittorini dell'associazione “309 martiri dell'Aquila” ha affermato che la sentenza «lascia esterrefatti perché è assurdo imputare una concausa alle vittime rimaste in casa quando una sentenza passata in giudicato ha acclarato che ci fu una tranquillizzazione della popolazione, con la condanna dell'allora vice capo Dipartimento della Protezione civile. È assurdo, scandaloso – ha sottolineato Vittorini che nel sisma dell'Aquila ha perso moglie e figlia - «che le vicende giudiziarie su quanto accaduto prima del terremoto non hanno portato né verità né giustizia e questo offende tutti.Si tratta di ragazzi che avevano scelto L'Aquila come sede per il loro futuro e questa è una beffa atroce».

Una sentenza destinata a far discutere e che mette nero su bianco in un'agghiacciante inversione dei fatti, addirittura una “colpa” attribuita alle vittime sotto le macerie del crollo seguito al terremoto dell'Aquila del 2009. Le 24 persone decedute sotto uno stabile in centro, un palazzo di via Campo di Fossa, in quel maledetto 6 aprile non uscirono di casa dopo due scosse molto forti che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi. E questo costituisce una "condotta incauta" che porta al "concorso di colpa" delle vittime. Il verdetto è stato emesso in sede civile dal giudice del tribunale dell'Aquila che ha accolto la richiesta di risarcimento dell'Avvocatura di Stato verso i proprietari degli appartamenti del palazzo.

La madre di Ilaria Rambaldi, che perse la vita nel crollo di via Campo di Fossa, ha espresso tutto il suo sconcerto per la sentenza: «Mi viene solo da dire vomitevole. Mia figlia era stata rassicurata come tutti gli altri che erano lì». Maria Grazia Piccinini, avvocato, è anche presidente dell'associazione '”laria Rambaldi Onlus. «Le persone che sono morte stavano lì perché sicure che non sarebbe successo nulla", rincara. "Erano rassicurate, 'piu' fa scosse più scarica energia... tranquilli ...'. Tant'è vero che dopo seconda scossa, quella dell'una di notte, quando è rientrata Valeria, che stava in casa con Ilaria, le due ragazze si sono guardate in faccia e hanno detto 'vabbé' anche per oggi abbiamo dato', convinte che non sarebbe accaduto più nulla"».

A L'Aquila sono subito spuntati cartelli bianchi con scritto: «Anche io voglio il 30% di responsabilità», «La condotta incauta è delle istituzioni! Vergognatevi» e drappi neroverdi nel Parco della Memoria, luogo simbolo della tragedia del 6 aprile 2009, in ricordo delle vittime del sisma.

Così, molti cittadini hanno aderito a una mobilitazione spontanea che ha fatto seguito al prede3tto pronunciamento sentenza in sede civile del Tribunale. «Una sentenza - hanno spiegato i promotori - che vuole paradossalmente le vittime corresponsabili del loro destino per un 30 per cento». Sconcerto tra i manifestanti, 150 circa che hanno gridato «Vergogna». «Siamo davvero increduli per quello che abbiamo letto sui giornali stamattina - ha detto la professoressa dell'Università dell'Aquila Giusi Pitari presente alla mobilitazione - Anche io ero a casa quella notte e ho avuto la fortuna di raccontarlo. Anche io voglio quel 30 per cento di colpe. Questa sentenza crea un precedente terribile in una città che ha sofferto, anche alla luce della vicenda della commissione Grandi Rischi».

Ricordando quella notte terribile, l’ingegnere Sergio Basti, che all’epoca del terremoto era direttore centrale per l’emergenza dei Vigili del fuoco al Viminale, disse: «Mia moglie mi chiese cosa fosse quella nebbia. Le risposi: sono le polveri dei crolli, l’Aquila non c’è più. Appena scesi nel cortile di casa, a ridosso del centro storico dell’Aquila, mi girai e in un attimo capii». Sergio Basti faceva la spola tra l’Aquila dove risiedeva con la famiglia, e Roma dove lavorava in un posto di comando nelle emergenze nazionali e internazionali. Avrebbe dovuto svegliarsi alle 6 di quel drammatico lunedì per partire alla volta della capitale, e invece in pochi istanti si ritrovò a vestire i panni di soccorritore. «Subito dopo il sisma telefonai al Ministero per informare di quanto era appena successo. Conoscendo il territorio mi resi conto immediatamente delle dimensioni del fenomeno».

A quel punto l’ingegner Basti iniziò una prima ricognizione del centro storico dell’Aquila, e le scene che gli si presentarono davanti, camminando tra le macerie dei palazzi crollati, erano da girone infernale: persone disperate che urlavano, altre in preda alla disperazione e al panico. Gente ferita, in pigiama, che si aggirava per le strade insanguinata. Passò poi alle frazioni, alle periferie, ai Comuni limitrofi. L’ingegner Basti mobilitò nell’immediato i Vigili del Fuoco di tutta l’Italia centrale, ma considerata l’estensione della catastrofe, la mobilitazione riguardò tutto il Paese. «E così in 48 ore arrivarono all’Aquila 1.500 mezzi e 2.500 uomini dei Vigili del Fuoco – ricordò Basti -. Scavammo a mani nude per giorni nella disperata ricerca di persone vive da salvare. Le vittime furono in totale 309, ma riuscimmo a estrarre 104 persone dalle macerie».


Riferimenti:

https://www.ansa.it/abruzzo/notizie/2022/10/12/terremoto-laquila-sentenza-choc-colpa-anche-delle-vittime-_f3e763ad-a5a3-48da-9d80-b204a1d56e38.html

https://www.ansa.it/abruzzo/notizie/2022/10/12/sisma-laquilamobilitazione-dopo-sentenza-vogliamo-30-colpe_9e611cf2-6410-4ade-a1a5-c50755d47264.html


Gianni Lannes, TERRA MUTA, Lpe, Cosenza, 2013. 

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=l%27aquila 

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