11.2.24

STRAGE DI BOLOGNA: «DISEGNO POLITICO»

 

 

di Gianni Lannes

Bentornati nell'Italietta smemorata, assiduamente festivaliera, saccheggiata e telecomandata dall'estero. Ecco cosa si legge sul Corriere della Sera a firma di Aldo Cazzullo (5 febbraio 2024): 

Anna Maria, figlia di Francesco Cossiga: «Era bipolare, di Moro diceva: “L’ho ucciso io”. Un giorno in salotto trovai Mambro e Fioravanti, lui disse: sono innocenti». Suo padre come la pensava? «Babbo era sionista. Con Israele sino alla morte. Anch’io ero abbastanza filoisraeliana. Mio fratello invece era filopalestinese»... Incontrava le persone più disparate. «Aveva sempre la casa piena di gente. Una volta trovai in salotto Francesca Mambro e Giusva Fioravanti che prendevano il tè. Rimasi basita. Ma lui mi disse: “Figlia mia, per la strage di Bologna sono innocenti”. Un’altra volta trovai Adriana Faranda, la brigatista. Quella volta spiegò: “Figlia mia, lo Stato deve fare pace con i terroristi sconfitti”»”. 

Per la cronaca documentata, ormai divenuta storia: fin dalle prime battute Francesco Cossiga in veste di primo ministro aveva dichiarato pubblicamente che "la strage di Bologna era stata provocata dallo scoppio di una caldaia alla stazione".

Per i giudici non ci sono dubbi. I Nar hanno realizzato la strage di Bologna del 2 agosto 1980 nell'ambito di un disegno politico “strettamente eversivo” che mirava alle “strutture dello Stato democratico” per una “radicale distruzione della società”. Sono durissime le parole con cui la Corte d'Appello di Bologna motiva la condanna all'ergastolo di Gilberto Cavallini, che, secondo la giustizia italiana, unitamente a Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Paolo Bellini ha organizzato e messo in pratica uno dei più sanguinosi massacri della storia europea dalla fine della seconda guerra mondiale, con almeno 85 morti e oltre 200 feriti. I giudici, in 350 ben 350 pagine, chiamano in caisda anche la P2 (a cui era iscritto anche Silvio Berlusconi: tessera 1816) e pezzi dello Stato (telecomandato da Londra, Washington e Tel Aviv) come parti attive nell'organizzazione della strage. “Può ritenmersdi che il Gelli – ha annotato la Corte – tramite i servizi da lui dipendfenti e che a lui rispondevano, fiannziò e attuò la strage, servendfosi come esecutori di esponent della destra eversiva, trovando terreno fertile in quei ragazzini che in quella fase avevano il covergente interesse, nella loro prospettiva ideologizzata, a disintegrare in radice le basi dello stato democratico”. I depistaggi, infine, vennero “posti in essere da appartenenti ai servizi (sia Sisde sia Sismi) tutti facenti parte della P2 o ad essa comunque collegati (Grassini, Santobito, Umberto D'Amato, Pazienza, Musumeci, Cioppa, Pompò, Belmonte), i quali tutti rispoindevano direttamente o indirettamenet a Gelli”.

Su questa base, come pure richiesto dalla procura generale, la strage comune del primo grado è stata riqualificata in strage politica. Se in u primo tempo quella di Bologna era stata incredibilmente definita “strage comune” è perché si dava credito alla nozione di “spontaneismo armato” riferita ai Nar. Gli interessi convergenti con Gelli e i servizi cosiddetti deviati, però, hanno convinto i giudici a riconoscere “la ricorrenza della matrice politica della strage”, anche se le responsabilità materiali restano controverse, alla stregua dei veri mandanti internazionali. Per la Corte d'Appello, infatti, “non è stato possibile appurare se anche Cavallini sia sia recato a Bologna”, ma in ogni caso quanto accertato “è già pienamente sufficiente, sul piano soggettivo, a configurare un apporto concorsuale” con chi piazzò la bomba e la fece esplodere alla stazione. I giudici hanno anche spiegato: “L'incontro dei quattro coimputati la sera del 31 luglio e le successive condotte unitariamente tenute sono riprova di una meticolosa preparazione di un evento che li accomunava”. E visto che “Cavallini rivestiva un ruolo apicale” nei Nar, “il gruppo non avrebbe mai aderito senza il suo pieno consenso e la sua diretta partecipazione”.

Si evidenzia poi il passaggio sull'alibi (“radicalmente falso”) fornito da Cavallini: “Il 2 agosto 1980 era un giorno indimenticabile, soprattutto a breve distanza dall'evento, soprattutto per chi riteneva potesse essere direttamente e personalmente implicato nelle indagini di lì a venire”, come i Nar. “Non è dunque pensabile che ben quattro persone – proseguono i giudici – non ricordassero con esattezza dove si trovavano”. E ancora: “Le scansioni di quella giornata erano destinate a rimanere impresse nella mente pressoché di chiunque l'avesse vissuta, a maggior ragione per i Nar che “erano ben consapevoli che fin da subito l'attenzione degli inquirenti si sarebbe indirizzata verso il mondo dell'eversione nera”. E però “nulla di tutto ciò accadde” perché Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini “inizialmente resero dichiarazioni del tutto difformi su come avessero trascorso la giornata, in particolare la mattina, per poi allinearle man mano che venivano a conoscenza di quelle rese dagli altri e, infine, giungendo a una versione quasi completamente comune”.

Non è tutto. Gli assassini conclamati Mambro e Fioravanti, nonostante ben 17 ergastoli accumulati sul groppone sono liberi, mentre il processo d'Appello a Paolo Bellini, dopo appena 24 anni è arrivato alla sua seconda udienza e avanza abbastanza lentamente: si è ancora all'esame delle richieste di rinnovazione dei consulenti tecnici. Il primo grado, dopo 76 udienze, era terminato con la condanna all'ergastolo di Bellini nell'aprile dell'anno 2022.

Riferimenti:

Gianni Lannes, Ustica e Bologna. Due stragi senza verità, Edizioni Mondo Nuovo, Pescara, 2'23.

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=Ustica%2Bbologna

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/search?q=fioravanti%2Bmambro 


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