9.2.24

CAMPIONI DI VITA NELLO SPORT

 

foto Gilan

 

di Gianni Lannes

Gioia, allegria e solidarietà: niente calci di punizione. Una volta li ho visti giocare ed allenarsi sotto la pioggia incessante e il freddo sferzante. Non ho contenuto l'emozione. I più grandi toccano i dodici anni, mentre i più piccini, vantano da dieci a undici primavere. Sono campioni dalla purezza d'animo senza eguali, da cui apprendere lezioni di vita quando non te l'aspetti, com'è accaduto qualche giorno fa, in Abruzzo, a Scafa, in provincia di Pescara. Nel pomeriggio di lunedì 5 febbraio, la squadra esordienti della Real Torrese di Torre de' Passeri, ha affrontato lo Scafa fuori casa. In particolare uno dei giocatori in trasferta, è stato preso di mira con pesanti insulti per tutta la partita e anche dopo, da altri giocatori in campo e fuori, mentre il loro mister ha fatto finta di niente. Invece di reagire con la violenza, i ragazzi della Torrese hanno mantenuto i nervi saldi, mostrando a tutti, in particolare agli adulti, il valore della pacifica non violenza. Tutti pe runo e uno per tutti. Hanno perso una partita di pallone, ma hanno vinto la gara della vita. Insomma, campioni dell'esistenza. Per loro, più che competizione, è pura passione. Un miracolo nella stagione del disamore dove tutto ha un prezzo. Il presidente della compagine presa di mira ha scritto una lettera ai responsabili della Lega Calcio di Pescara, raccontando in sintesi i fatti con sobrietà, ovvero l'accaduto. La saggezza dell'infanzia è un antidoto efficace alla violenza.


 



Attenzione ecco una scuola di vita italiana che sottrae concretamente l’infanzia e l’adolescenza alla marginalità, valorizzando l'empatia dei talenti umani. Loro, i piccoli calciatori corrono, imprecano, si allenano e si divertono un mondo sotto la guida dell'allenatore. Ci mettono l’anima per essere educati alla responsabilità. non tifosi ma sportivi partecipi in spirito d'amicizia e lealtà.

Un buon allenatore deve conoscere bene non solo i suoi ragazzi uno per uno, ma anche le dinamiche del gruppo, cercando di comprendere quando imporre la serietà e quando invece è il momento di scherzare con loro. Deve avere polso, richiamare, ma anche incoraggiare la solidarietà. Non ci sono bambini incapaci a questa età: tutti devono poter giocare perché conta più questo del risultato. Se nessuno si sente tagliato fuori, partecipa meglio alla vita del gruppo. La crescita di tutta la squadra, di tutto il gruppo conta più dei punti in classifica, mostra ai bambini come la solidarietà, l'aiuto reciproco, il volersi bene, valga molto di più. In un clima sereno e divertente i bambini, assai motivati dal contesto positivo, impareranno a rinunciare a qualcosa di sé stessi: chi all'arroganza, chi alla timidezza, chi all'egocentrismo.


Racconta una mamma da Milano: «Qui al nord non è più così, ho amici con figli che fanno calcio, ma gli insegnano già la competizione, li schedano se sono leader o meno; i genitori li seguono ossessivamente, vivono la vita dei loro figli. Sono catapultati subito in quel sistema che li risucchia e li giudica fin da piccoli e li fa crescere insicuri, proprio perché vivono solo le aspettative dei grandi e non il gusto del gioco fine a sé stesso. Genitori e allenatori che problematizzano i caratteri dei bambini». Giocare, correre dietro un pallone, vivere e confrontarsi liberamente con i propri coetanei sono non solo attività preferite dai bambini, ma anche finalità ed obiettivi sui quali dovrebbe reggersi qualsiasi scuola calcio, emarginando ed escludendo ogni forma di competizione violenta ed agonismo esasperato, deleteri per un felice e sano sviluppo del bambino, l’adulto di domani. La leva calcistica del '68 di Francesco De Gregori dipinge un bambino gracile, ma determinato, al quale si può consigliare: «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore/Non è mica da questi particolari/Che si giudica un giocatore/Un giocatore lo vedi dal coraggio/Dall'altruismo e dalla fantasia».

Vincere? Meglio partecipare. Allora, più pedagogia e meno economia: i bambini sono presente e futuro della vita. Il vero calcio non è quello strapagato di fuoriclasse vuoti a perdere osannati dalla pubblicità regresso, ma la passione e il talento innato di bambine e ragazzi intessuto gratuitamente nel mosaico dell'esistenza. Vale a dire: gesti, emozioni, suggestioni, impegno, coraggio, sofferenza e poesia nei campi di periferia. Non solo svago, cura e difesa della salute ma anche cura del movimento e del corpo; non solo mezzo per raggiungere risultati nelle competizioni ma anche opportunità di vivere insieme agli altri. Né può essere dimenticata la funzione educativa del gioco all’interno delle strutture scolastiche ed associative in genere: le scuole o le associazioni difatti dovrebbero educare fisicamente i giovani a far nascere lo sportivo del domani, uno sportivo che non confonda la competizione con l’aggressività, il tifo con la violenza, la cultura del corpo con l’esibizione fine a se stessa. Educare allo sport significa anche e soprattutto educare al vivere civile: troppo spesso leggiamo di incidenti durante manifestazioni sportive, troppo spesso l’agonismo esasperato e l’individualismo esibizionista prendono il posto di quello che è il vero gusto della competizione ed il piacere di una pratica individuale e collettiva.

Il calcio come educazione è possibile: il calcio come metafora dell'educazione. L'attività sportiva costituisce in sé, nella pratica, nel susseguirsi di allenamenti e partite, nel proporsi di sconfitte e vittorie, una palestra che può rafforzare i messaggi educativi, ma lo stesso ambiente nel quale lo sport si svolge può essere un alleato prezioso per il genitore. Il gioco del calcio, dunque, quale ingrediente ben dosato in un'accurata educazione dei figli, intendendo con tale termine, lo sforzo che i genitori devono fare per sviluppare la personalità del figlio guidandolo ad essere persona matura e completa nella pienezza delle qualità umane indispensabili. Tra esse si ricordano lealtà, onestà, fedeltà, giustizia, generosità, solidarietà, poiché si diventa “capaci” di tali qualità attraverso la ripetizione di atti virtuosi, ogni occasione per esercitare le virtù non fa che rafforzare l'abitudine a comportarsi correttamente nelle varie situazioni. Ogni bimbo viene al mondo pieno di promesse, talenti e prodigi. Ogni bambino, verrà influenzato dagli ambienti che lo circondano - alcuni buoni, altri meno - affidandosi al cuore e all'anima per trovare la sua strada nel mondo e diventare un essere umano.





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