10.2.24

ARMI: DALL'ITALIA A ISRAELE PER IL GENOCIDIO DEI PALESTINESI!

 





di Gianni Lannes

A proposito del genocidio del popolo palestinese ad opera di Israele: il governo di Giorgia Meloni ha autorizzato la fornitura di armamenti a Tel Aviv? Quale sarebbe la posizione dell'esecutivo italiano in merito alle esportazioni di armamenti a Tel Aviv, nonché la prosecuzione del commercio d'armi con Israele? Quando, e con quali modalità, il Parlamento italiano è stato informato della vendita di armi ad Israele? Se la trasparenza amministrativa è un obbligo di legge, ancor più vale il divieto normativo di non fornire strumenti di morte a uno Stato in guerra (legge 185/1990). Negli ultimi anni l’Italia ha fornito ad Israele aerei ed elicotteri per l’addestramento dei piloti dell’IAF che stanno bombardando la Striscia di Gaza, acquistando in cambio missili Spike e alcuni tra i più avanzati sistemi di sorveglianza del mondo. Ecco i legami tra il complesso militare italiano e quello israeliano.  

Il 15 novembre 2023 il Ministro della difesa Guido Crosetto ha sostenuto, via social, che le «vendite di armi ad Israele» sono state «sospese dopo il 7 ottobre» invitando chi chiedeva maggiori spiegazioni ad informarsi.

Dal sito di Altreconomia ora si apprende che l'Uama, l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento in seno al Ministero degli affari esteri, a metà gennaio 2024 ha opposto un diniego totale alla richiesta avanzata tramite due accessi civici generalizzati dalla stessa Altreconomia in merito sia al rilascio di nuove autorizzazioni all'esportazione sia alle esportazioni definitive di materiale d'armamento tra Italia a Israele dall'inizio dei bombardamenti israeliani a tappeto sulla Striscia di Gaza.

Nonostante dunque l'invito perentorio del ministro della difesa ad informarsi, il Governo italiano si rifiuta di fornire informazioni precise su vendita ed esportazione di armi a Israele dal 7 ottobre 2023 a chi ne faccia domanda.

Il medesimo rifiuto ha riguardato anche la richiesta della copia dell'eventuale decreto di sospensione o revoca delle autorizzazioni all'esportazione di materiale d'armamento ai sensi della legge numero 185 del 1990 (con successive modifiche e integrazioni) verso Israele - eventualmente - sottoscritto dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Tajani).

Nel provvedimento di diniego l'Uama, pur ritenendo formalmente «inaccessibili» le informazioni richieste in termini «assoluti», ha comunque addotto alcune motivazioni legate al rischio di un «pregiudizio concreto alla tutela dell'interesse pubblico alla difesa e le questioni militari», di «nocumento al sistema di difesa nazionale», la «tutela dell'interesse pubblico alle relazioni internazionali» e della necessaria «confidenzialità» del «dialogo tra gli Stati» e, da ultimo, il non voler in alcun modo danneggiare gli «interessi economici» delle aziende esportatrici interessate. Insomma, il solito nulla in palese violazione della trasparenza amministrativa sancita dalla legge in vigore (almeno sulla carta).

A breve il Governo Meloni sarà tenuto, appunto ai sensi della legge numero 185 del 1990, a informare il Parlamento anche sulla vendita di armi anche a Israele nel 2023, sul materiale autorizzato ed esportato, aziende autorizzate, categorie dei materiali autorizzati all'esportazione o esportati, etc. per cui non si comprendono le ragioni del rifiuto di fornire oggi quegli stessi dati.

Secondo l'Uama, anche la semplice informazione circa la sussistenza o meno di decreti di sospensione in sé, indipendentemente dalla circostanza che siffatte tipologie di provvedimenti siano o meno state adottate, può arrecare potenziale, concreto pregiudizio alle relazioni internazionali. Se le ragioni addotte da Uama fossero veritiere, paradossalmente sarebbero proprio le affermazioni pubbliche del ministro della difesa Crosetto a ledere le relazioni internazionali e la necessaria confidenzialità tra gli Stati dal momento che il ministro, via Twitter, ha reso noto che le vendite di armi a Israele sono state sospese dopo il 7 ottobre 2023.

Le motivazioni esternate da Uama appaiono a rigor di logica pretestuose,soprattutto non chiariscono se ad essere sospese sono state soltanto le eventuali nuove licenze e non le forniture di armamenti autorizzate a Israele negli anni scorsi; se così fosse, significherebbe che l'Italia sta tuttora inviando sistemi militari allo Stato di Israele il quale, nella reazione agli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso, ha travalicato i limiti del diritto internazionale umanitario.

Inoltre, a metà dicembre 2023 il Governo, rispondendo in Commissione affari esteri e comunitari alla Camera ha affermato che «dallo scorso 7 ottobre non sono state rilasciate nuove autorizzazioni alla vendita di armamenti ad Israele», senza pronunciarsi rispetto a quelle già in essere e alle esportazioni definitive.

Allora, in relazione alla fornitura di armamenti allo Stato di Israele, dallo scorso 7 ottobre 2023 sono state sospese soltanto eventuali nuove autorizzazioni alla vendita di armamenti a Israele o anche quelle già in essere?

Post scriptum

L'autorità nazionale UAMA, ovvero l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento in seno al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha opposto un diniego totale alla richiesta di trasparenza avanzata tramite due accessi civici generalizzati da Altreconomia in merito sia al rilascio di nuove autorizzazioni all'esportazione sia alle esportazioni definitive di materiale d'armamento da Roma a Tel Aviv dall'inizio dei bombardamenti a tappeto sulla striscia di Gaza dopo il 7 ottobre 2023. Lo stesso rifiuto, si legge, ha riguardato anche la richiesta della copia dell'eventuale decreto di sospensione o revoca delle autorizzazioni all'esportazione di materiale d'armamento ai sensi della legge 185 del 1990 verso Israele firmato dal titolare della Farnesina, Antonio Tajani.

Nel provvedimento firmato dal vicedirettore Marcello Cavalcaselle, l'UAMA, pur formalmente considerando le informazioni richieste “inaccessibili” in termini “assoluti”, ha cercato di motivare il rifiuto attraverso tre ragioni “relative”: il timore di un “pregiudizio concreto alla tutela dell'interesse pubblico nella difesa e nelle questioni militari”, sostenendo persino il rischio di un “danno al sistema di difesa nazionale”; la considerazione della “protezione dell'interesse pubblico nelle relazioni internazionali” e la necessità di “confidenzialità” nel “dialogo tra gli Stati”; infine, il rifiuto di causare danni agli “interessi economici” delle aziende coinvolte nell'esportazione.

Riferimenti:

Gianni Lannes, Israele. Soluzione finale?, Luigi Pellegrini editore, Cosenza, 2024. 

 

https://www.pellegrinieditore.it/israele-olocausto-finale/

https://altreconomia.it/armi-italiane-a-israele-dopo-il-7-ottobre-il-governo-non-e-trasparente/

https://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2023/12/ancora-armi-dallitalia-israele.html#more 

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