25.2.24

ADDIO NEVE!

Gran Sasso d'Italia (25 febbraio 2024) - foto Gilan

 

Italia (24 febbraio 2024) - foto Gilan


di Gianni Lannes

Sempre meno neve in montagna e sempre più cemento armato, mentre avanza il degrado ambientale pilotato. Accade in Italia, dove la finta valorizzazione coincide con la mera speculazione. Quale salvaguardia della Natura se a dettare le regole sono i soliti affaristi senza scrupoli? Ci sono pure covidioti che si affannano per allentare i già rari vincoli ambientali.

L'incontro tenutosi a settembre 2023 a Bruxelles tra funzionari della Commissione europea e Luigi Faccia, consigliere comunale di maggioranza al comune de L'Aquila, ha riguardato la proposta di riperimetrazione di aree del Gran Sasso incluse in Siti di importanza comunitaria (Sic) e Zone di protezione speciale (Zps). Quella della riperimetrazione di aree protette del Gran Sasso è un'ipotesi nefasta promossa da chi sostiene, come le attuali amministrazioni del comune de L'Aquila e della regione Abruzzo, che i vincoli della Rete europea Natura 2000 comprimono lo sviluppo turistico del comprensorio del Gran Sasso.

Il massiccio del Gran Sasso è interessato da aree protette a livello comunitario perché ospita una biodiversità ricchissima in termini di specie animali e vegetali, nonché di habitat; gli attuali confini della rete Natura 2000 sul Gran Sasso sono stati istituiti proprio per tutelare le popolazioni delle specie di maggiore interesse conservazionistico, alcune delle quali endemiche dell'Abruzzo o comunque della catena appenninica e le aree interessate dagli habitat di maggior pregio e risultano necessari per mantenere i rapporti ecosistemici tra le varie componenti naturali e assicurare la protezione prevista per legge a specie e habitat tutelati dalla comunità europea.

La tipologia di turismo di massa che sembra celarsi dietro le intenzioni di chi propone la riperimetrazione delle aree protette del Gran Sasso, concentrato nei mesi invernali e legato principalmente alla pratica dello sci da pista e alle connesse attività ricettive, diviene sempre meno sostenibile sia economicamente che ambientalmente, nel contesto di un riscaldamento globale sempre più rapido e che, secondo le previsioni della comunità scientifica, ridurrà drasticamente nei prossimi decenni i periodi di accumulo di neve in Appennino. Le difficoltà economiche incontrate in questi anni dalle società che gestiscono gli impianti di risalita del comprensorio del Gran Sasso dimostrano come tale modello turistico non possa essere quello da privilegiare.

La comunità scientifica internazionale evidenzia come le aree protette attuali non siano sufficienti ad arrestare il drammatico declino della biodiversità e delle relative funzioni ecologiche, di cui noi tutti beneficiamo (suolo fertile, depurazione di acqua e aria, riciclo dei nutrienti e altro). Progetti internazionali come l’«Half-Earth Program», che mira ad avere almeno il 50 per cento della superficie terrestre convertito in aree protette entro i prossimi decenni, o il «post-2020 Global Biodiversity Framework», che mira a una più efficiente integrazione della tutela della biodiversità nei piani di sviluppo dei singoli Stati, dimostrano come la strada da percorrere sia opposta a quella prospettata dall'amministrazione aquilana e regionale abruzzese. Gli attuali livelli di tutela ambientale vanno incrementati e non ridotti, attraverso programmi basati su solide evidenze scientifiche, liberi da interessi personalistici e dalla esclusiva logica del profitto, prestando nel contempo attenzione alle esigenze socio-economiche dei territori. La normativa europea chiede di aumentare l'estensione del territorio tutelato e l'Abruzzo è una delle poche regioni che ha una superficie protetta ai livelli auspicati dall'Europa, 30 per cento, quindi una riduzione della stessa risulterebbe incomprensibile.

Tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere vi è quello di «serbatoi d'acqua» (water towers).

le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive tipica del clima italiano. Il contributo della fusione di neve e ghiaccio al deflusso totale dei fiumi varia dal 5 per cento nelle regioni meridionali al 50-60 per cento nel bacino padano;

la riduzione della quantità di neve e dell'estensione dei ghiacciai, causate dalla crisi climatica indotta dalle attività belliche United States of Amertica, compromettono questo fondamentale ruolo «tampone», incrementando le crisi idriche estive. È nei mesi estivi che si verifica il picco della domanda di acqua per uso civile, sensibile all'enorme fluttuazione di presenze nelle destinazioni turistiche, irriguo ed industriale, innescando conflitti d'uso multiscala (locale, regionale e nazionale) e intersettoriali (primario, secondario e terziario). La cronaca delle ultime settimane indica una situazione di forte riduzione degli stock idrici nivali. Gli ultimi dati (15 febbraio 2023) confermano il persistere di un deficit a risorsa idrica nivale a livello nazionale (-45 per cento), con picchi nella zona alpina (-53 per cento) e in particolare nel bacino del Po (-61 per cento) (CIMA Foundation). Le premesse sono per un'estate ancora più critica di quella già molto difficile del 2022 e del 2023: l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Oms, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili. Anche il 2023 si è caratterizzato per gli effetti estremi dei cambiamenti climatici, in particolar modo per la carenza di pioggia e neve che ha colpito il nostro Paese; in Italia, secondo i dati ISAC-CNR, il 2022 è stato l'anno più siccitoso dal 1800 con forti ripercussioni negative anche sulle falde acquifere, mai così in sofferenza come oggi. La portata d'acqua di laghi, fiumi e canali è stata significativamente inferiore alla media, mentre i livelli delle falde risulterebbero essere inferiori ai minimi storici. La scorsa estate, in Veneto, la forte siccità presente nel lago di Garda e nel fiume Adige, ha ad esempio determinato una situazione complessa e di difficile gestione nell'irrigazione di campi e culture. Nei piccoli corsi d'acqua si è assistito a una moria di fauna ittica, con rischi igienico-sanitari, a causa anche della presenza di grandi quantità di carcasse di pesci e altri animali. A tutto questo si aggiungono limitazioni nei consumi d'acqua per i privati cittadini e molte aziende. Fino a metà febbraio 2023, come è stato riferito dall'ARPA del Veneto, sono caduti mediamente sul territorio regionale 0,5 millimetri di precipitazione, quando il valore medio (1994-2022) è di 60 millimetri; il problema della siccità non accenna ad attenuarsi nemmeno per il fiume Po, sulla cui portata pesano l'assenza delle piogge e le temperature troppo elevate per questa stagione, ma a preoccupare è anche l'avanzata del cuneo salino nel delta, per le possibili ripercussioni anche sull'ambiente.

La carenza di acqua e neve, purtroppo, rischia di affliggere il Nord Italia anche nel 2024. Si temono forti impatti sull'agroindustria, la produzione di energia, il turismo e sulla sopravvivenza della flora e della fauna. La crisi siccitosa che attanaglia il Nord Italia non risparmia nemmeno l'area delle Dolomiti: la carenza d'acqua provoca grandi difficoltà, in particolare nella provincia di Belluno, dove ARPA Veneto nel suo "Rapporto sulla risorsa idrica in Veneto", aggiornato al 31 gennaio 2023, parla di situazione grave nel Bellunese, a causa di precipitazioni al di sotto della media storica e della scarsa presenza di neve. È un quadro preoccupante, in una provincia servita da un acquedotto che perde circa il 70 per cento dell'acqua captata dalle sorgenti. Il rifacimento della pista da bob di Cortina "Eugenio Monti", per l'edizione dei giochi olimpici e paralimpici invernali 2026, dal costo stimato di circa 120 milioni di euro lordi, comporterà la deforestazione di un'area stimata di 20 mila metri quadrati con l'abbattimento di 500 larici monumentali, conseguente impoverimento del suolo e un rischio di permeabilità del terreno; inoltre, in un primo momento, per il funzionamento della futura pista da bob si prevedeva il prelievo di acqua dal Boite, un corso d'acqua di carattere torrentizio affluente destro del fiume Piave, ma, viste le complicazioni dovute alla sua limitata portata idrica, spesso ghiacciata, si è conseguentemente deciso di ricorrere al prelievo di oltre 3.000 metri cubi di acqua dall'acquedotto comunale per la formazione del ghiaccio necessario alla pista Eugenio Monti, in un territorio già sofferente dal punto di vista idrico; l'acquedotto in questione risulta spesso in condizioni critiche nei periodi di grande affluenza turistica, e, in ragione dell'imponente picco di arrivi durante l'edizione italiana dei giochi olimpici e paralimpici invernali del 2026, sono prevedibili effetti negativi sul sistema idrico locale.

Nel comprensorio Alpe di Mera-Scopello (VC) la società Monterosa2000 ha siglato un accordo, finanziato dalla regione Piemonte per 2,5 milioni di euro, per la realizzazione di un nuovo impianto di innevamento artificiale che andrà a prelevare l'acqua direttamente dal fiume Sesia, attraverso un sistema di prelievo costruito vicino allo storico ponte di Pila che porterà l'acqua nella stazione di pompaggio, dove è stato installato anche un nuovo compressore per l'aria e da qui lungo la pista Pianaccia fino al bacino di stoccaggio. Secondo TechnoAlpin, società altoatesina del settore che ha fornito l'impianto e le lance sparaneve, il container mobile, provvisto di tre pompe sommerse, è in grado di prelevare una quantità di 400 cubi di acqua all'ora dal fiume Sesia (corrispondenti a 400 mila litri d'acqua all'ora). Il comprensorio, costituito da 30 chilometri di piste, nel 2005 è stato rilanciato grazie a tre nuove seggiovie e all'impianto di neve programmata (in quota). Tale impianto è tra quelli sottoposti ad «accanimento terapeutico», ovvero impianti che per ragioni di carattere strutturale (sfavorevole esposizione delle piste, quota troppo bassa ecc.) e per ragioni di carattere storico (problemi legati agli investimenti, infrastrutture desuete, mancanza di risorse e altro) non riescono più a far fronte, se non con costanti investimenti in perdita, alle mutate condizioni climatiche. A dispetto di ciò, il progetto della società Monterosa2000 va a servire una pista, la Mera-Scopello, che parte da poco più di mille metri e arriva ai 700 metri di quota del paese, un'altitudine che, stante il cambiamento climatico, risente di temperature maggiori e precipitazioni nevose più rare. A inizio febbraio 2023, secondo i dati elaborati da Arpa Piemonte e condivisi con la regione, il fiume Sesia presentava l'80 per cento di acqua in meno e il mese di gennaio 2023 è stato il quinto più secco degli ultimi 65 anni, con la perdita di oltre mille milioni di metri cubi di acqua provenienti dalla neve. In quel periodo si è dovuto ricorrere alle autobotti per rifornire di acqua i comuni dell'Alta Valsesia e alcune frazioni di Valduggia e Quarona. L'approvvigionamento di acqua per uso agricolo era a rischio e difatti, in estate, l'agricoltura è andata in crisi, specialmente le risaie del Vercellese. Ad agosto 2023 il Consorzio Est Sesia ha dichiarato lo stato d'emergenza per siccità. Come affermato dai glaciologi, le Alpi, nel 2022, hanno perso circa cinque chilometri cubi di ghiaccio che equivalgono a cinque miliardi di metri cubi di acqua e la preoccupazione, tra gli agricoltori, è che quando non ci saranno più i ghiacciai, l'irrigazione estiva dipenderà solo dalle precipitazioni. L'Italia ha una capacità di stoccaggio dell'acqua piovana di circa l'11 per cento, la Francia il doppio e la Spagna il 34 per cento.

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